Meditazioni Natale 2017

7 gennaio 2018 – Battesimo del Signore

(anno B)

Liturgia della Parola: 1lettura: Is 55,1-11 – Salmo responsoriale: Is 12 – 2lettura: 1Gv 5,1-9 – Vangelo: Mc 1,7-11.

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Parola del Signore

 

Meditazione

In questo giorno in cui ricordiamo il battesimo di Gesù al fiume Giordano siamo chiamati a fare memoria anche del nostro battesimo. Gesù ha ricevuto il battesimo d’acqua di Giovanni. Chiunque lo riceveva manifestava pubblicamente la volontà di convertirsi. Gesù non aveva bisogno di conversione, perché è senza peccato. Ma, siccome è venuto a salvarci condividendo la nostra condizione umana, si è presentato al battesimo di Giovanni insieme agli altri uomini come se fosse bisognoso di conversione. Subito dopo il battesimo Dio interviene a rivelare l’identità nascosta di Gesù. Lo Spirito Santo discende su di lui, come aveva predetto il profeta Isaia, e la voce del Padre con le parole che dice, prese da passi dell’Antico Testamento, riconosce che Gesù è il Cristo ed è il servo sofferente dei canti del profeta Isaia, venuto ad espiare i peccati del mondo. Gesù può battezzare in Spirito Santo, come dice Giovanni, perché, in quanto Figlio di Dio possiede lo Spirito Santo. Ma lo donerà agli uomini solo dopo aver compiuto come servo sofferente l’espiazione dei peccati. Noi cristiani, che abbiamo creduto in Gesù, siamo stati battezzati in Spirito Santo. All’apparenza il battesimo di Gesù non sembra per nulla differente da quello di Giovanni, in quanto entrambi vengono amministrati con l’acqua. Ma nel caso del battesimo di Gesù l’acqua è solo il veicolo sensibile dello Spirito Santo invisibile. Capiamo meglio questo con un esempio. L’acqua nel battesimo è per lo Spirito Santo come i fili di rame per la corrente elettrica. La corrente invisibile passa attraverso i cavi visibili. Allo stesso modo lo Spirito Santo invisibile passa attraverso l’acqua visibile. Come l’acqua ha lambito il nostro capo e il nostro corpo, in quel preciso momento lo Spirito Santo è disceso su di noi e ci ha resi figli di Dio, ammettendoci nella comunione trinitaria. Noi sappiamo, perché ce lo ha rivelato Gesù, che Dio è comunione di persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, il quale unisce il Padre al Figlio e viceversa. Mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato in dono, siamo entrati in relazione di vita e di amore con il Padre come figli e con Gesù come fratelli. La maggior parte di noi ha ricevuto il battesimo nei primi mesi di vita. I nostri genitori come hanno pensato che fosse una cosa buona metterci al mondo, così hanno pensato che fosse altrettanto bene condurci al battesimo perché diventassimo figli di Dio. La seconda lettura ci dice che per la rigenerazione del battesimo si richiede la fede in Gesù Cristo. Il giorno del nostro battesimo sono stati i nostri genitori a fare la professione di fede per noi. Quel giorno si sono impegnati anche ad educarci nella fede, in modo che la vita nuova ricevuta in dono crescesse di giorno in giorno. Ora che siamo adulti capaci di fare delle scelte, dobbiamo far nostro il battesimo ricevuto, impegnandoci a crescere e maturare nella fede.

Ma come può avvenire questa maturazione?

Nella prima lettura Dio ci esortava a dissetarci alla sorgente della sua parola. Infatti è la parola di Dio che suscita la fede, la fa crescere e la porta a maturazione. Dobbiamo ricorrere quotidianamente alla fonte della parola di Dio, bevendola, come ci dice san Efrem, a piccoli sorsi. La parola di Dio ci illumina, svelandoci i suoi pensieri a nostro riguardo. Ci trasforma insegnandoci ad amare Dio e il prossimo. Infatti come figli di Dio siamo chiamati ad amare Dio e il prossimo. L’amore a Dio e al prossimo sono inseparabili, nel senso che l’amore di Dio, quando è autentico, porta spontaneamente ad amare il prossimo, e l’amore del prossimo per essere autentico deve scaturire dall’amore di Dio. Abbiamo infatti diversi esempi di amore falso perché non scaturisce dall’amore di Dio. Questo cammino di riscoperta del battesimo e di maturazione nella vita cristiana si realizza all’interno della comunità cristiana. Infatti Dio che è comunione di persone ci chiama ad entrare in comunione con lui non da soli ma come chiesa, che è la famiglia dei figli di Dio. Seguendo il suggerimento del salmo responsoriale, ringraziamo il Signore che ha voluto renderci suoi figli e proclamiamo a tutti le sue opere.

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6 gennaio 2018 – Solennità dell’Epifania del Signore

(anno B)

Liturgia della Parola: 1lettura: Is 60,1-6 – Salmo responsoriale: Sal 71 – 2lettura: Ef 3,2-3.5-6 – Vangelo: Mt 2,1-12.

Dal Vangelo secondo Matteo

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».

Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».

Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Parola del Signore

 

Meditazione

In questo giorno ricordiamo la visita dei Magi a Gesù bambino. Chi erano questi Magi? Gli studiosi hanno fatto diverse ipotesi sulla loro identità. Ma il vangelo dice soltanto che provenivano dall’oriente. Con questo vuole dire che erano dei pagani, in quanto non appartenevano al popolo d’Israele e ignoravano il vero Dio. Dal racconto emerge che, attraverso una stella che appare solo a loro, sono in modo misterioso sollecitati a cercare il bambino Gesù. Dopo aver affrontato un lungo viaggio e aver consultato le Scritture dei Giudei, riescono finalmente a trovare il luogo dove si trova il bambino: “ Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono”.

In questo racconto notiamo subito una stranezza. I Magi, pagani e lontani, si mettono alla ricerca del Cristo appena nato e lo trovano, i Giudei, che conoscono le profezie sul Cristo e si trovano vicini al luogo della sua nascita, appresa la notizia, lo ignorano. I Giudei con la loro indifferenza preannunciano il rifiuto di Gesù Cristo, i Magi con la loro ricerca preannunciano la conversione dei pagani a lui. I profeti avevano predetto la conversione dei popoli al Dio d’Israele e il regno universale del suo Cristo. Il Signore sarebbe venuto  a visitare il suo popolo come luce, e i popoli pagani, attratti da questa luce si sarebbero rivolti agli israeliti per camminare  nella luce del Signore.

L’apostolo ci informa che la conversione dei popoli pagani rientrava nel progetto di Dio, rimasto nascosto nei tempi passati. Sulla base di questo progetto di Dio, come mostra la sua realizzazione storica, “le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”. Quindi Dio, chiamando gli israeliti, non intendeva escludere gli altri popoli, ma voleva attraverso di loro preparare la chiamata di tutti le nazioni a formare il suo popolo.

Dio vuole che tutti gli uomini, a qualsiasi popolo appartengano, possano conoscerlo ed incontrarlo in Gesù Cristo. Dalla vicenda dei Magi conosciamo che Dio ha messo nel cuore degli uomini il desiderio di cercarlo ma si lascia trovare solo da quanti si impegnano in questa ricerca. Da qui la stranezza che si ripresenta anche ai giorni nostri.  Molti cristiani potevano incontrare Dio in Gesù ma non l’hanno fatto, e se ne sono allontanati, passando dalla luce nelle tenebre. Molti pagani, che erano nelle tenebre dell’ignoranza perché non conoscevano Dio e la sua parola, ma, evidentemente desideravano incontrarlo, lo trovano finalmente in Gesù Cristo e diventano cristiani. Questo è un monito per noi cristiani perché prendiamo sul serio la fede che abbiamo ricevuto in dono e ci impegniamo con entusiasmo ad andare incontro agli altri per condurli a Gesù Cristo.

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31 dicembre 2017 – Festa della Santa Famiglia

(anno B)

Liturgia della Parola

Liturgia della Parola: 1lettura: Gen 15,1-6; 21,1-3 – Salmo responsoriale: Sal 104 – 2lettura: Eb 11,8.11-12.17-19 – Vangelo: Lc 2,22-40.

Dal Vangelo secondo Luca

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

preparata da te davanti a tutti i popoli:

luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Parola del Signore.

 

Meditazione

Oggi è la festa della Santa Famiglia di Nazareth. Il brano del vangelo che abbiamo ascoltato a prima vista sembra dirci pochissimo di questa famiglia. Ma riflettendo con attenzione ci dice quello che ritiene la sua caratteristica fondamentale: la fede in Dio. Infatti il brano sottolineava ripetutamente che i genitori presentarono il bambino Gesù al tempio per adempiere la legge del Signore.

Ma come si presenta la fede di Maria e di Giuseppe?

La fede, come sappiamo, ha due aspetti, uno riguarda il contenuto, quello che noi crediamo, l’altro riguarda il nostro atteggiamento, come noi crediamo. La fede di Maria e di Giuseppe è indirizzata al Dio dei Padri, che ha parlato ad Abramo, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, ed ha sempre mantenuto la parola data. E’ il Dio che ha dato la legge a Mosè sul monte Sinai, e per adempiere questa legge Maria e Giuseppe si recano al tempio a presentare il loro bambino. E’ il Dio che li ha chiamati ad esser i genitori del Cristo, che viene a salvare gli uomini.

La fede personale come risposta a Dio che si rivela comporta insieme obbedienza e fiducia alla sua parola. Nel brano evangelico si parla solo dell’obbedienza di Maria e di Giuseppe, ma nel racconto della loro chiamata, vediamo che entrambi si fidano di Dio, anche se non comprendono pienamente la sua volontà. Maria e Giuseppe si rapportano con Dio come i due capostipiti del loro popolo, Abramo e Sara di cui si parla nella prima e nella seconda lettura. Di Abramo si dice che credette al Signore, quando gli prometteva non solo un figlio ma una discendenza numerosa come le stelle del cielo. Di Sara che diventò madre, quando era naturalmente impossibile, perché “perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso”. Dio ha fatto sperimentare ad Abramo e Sara quello che era umanamente impossibile. La stessa cosa sperimentano Maria e Giuseppe, che hanno un figlio che non è frutto della loro unione ma è completamente dono di Dio. E tutto questo è stato possibile perché si sono fidati di Dio. Se nelle nostre famiglie vogliamo sperimentare la potenza di Dio, dobbiamo coltivare la stessa fede di Maria e di Giuseppe. Sappiamo che la vita di questa coppia con il loro bambino non è stata facile. Infatti, subito dopo la nascita del figlio, dovettero fuggire all’estero perché Erode voleva uccidere il bambino. Al loro rientro in patria, si stabiliscono a Nazareth, dove conducono una vita modesta, guadagnandosi da vivere con il lavoro delle proprie. Le loro difficoltà aumentano quando Gesù incomincia la missione pubblica e incontra l’ostilità dei capi del popolo, che alla fine lo faranno uccidere come un malfattore. Nel vangelo Simeone preannunciava appunto le ostilità contro Gesù alla madre, che avrebbe partecipato alle sofferenze del figlio: “Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima”. Una famiglia dunque normale per i disagi terreni, ma speciale per la sua fede in Dio. E per questo in essa regna la pace come si deduce dalla vita armoniosa del bambino che “cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui”. Il Salmista ci esortava a ricordare le meraviglie che Dio ha compiuto nella storia, dei cui benefici noi usufruiamo. Dobbiamo ricordare anche tutte le volte che Dio è intervenuto nella nostra storia personale e ci ha fatto sperimentare la sua vicinanza, per ravvivare così la nostra fede in lui. Il momento privilegiato per ravvivare questo ricordo è la messa domenicale, dove ricarichiamo la nostra fede e così affrontiamo con serenità la vita quotidiana anche nelle difficoltà, perché Dio è con noi.

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25 dicembre 2017 – Solennità del Natale – Messa della Notte

(anno B)

Liturgia della Parola

1lettura: Is 9,1-6 – Salmo responsoriale: Sal 95 – 2lettura: Tt 2,11-14 – Vangelo: Lc 2,1-14.

Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.  

Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.  

Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».

E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:

«Gloria a Dio nel più alto dei cieli

e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Parola del Signore

 

Meditazione

Come i profeti avevano predetto così il Cristo Signore è nato dalla stirpe di Davide a Betlemme di Giudea. E’ venuto a condividere la nostra condizione umana per rivelarci l’amore di Dio per noi. E siccome Dio, come un buon padre, privilegia i figli più deboli, ha voluto che il Figlio suo Gesù nascesse come un emarginato, perché gli ultimi della terra capissero l’occhio di riguardo che Dio ha nei loro confronti. Condividendo la nostra condizione umana, ci ha voluto mostrare quanto siamo importanti e preziosi agli occhi di Dio, il quale dopo averci creati non ci ha abbandonato quando noi ci siamo allontanati da lui e ci siamo fatti del male, ma ha mandato il Figlio a salvarci. Dobbiamo dunque essere contenti che non siamo soli in questo universo, non siamo frutto di un’evoluzione senza ragione. C’è un Dio che ci ha creati perché ci ama e continua ad amarci nonostante i nostri peccati. Ce lo ha dimostrato appunto mandando il Figlio suo a condividere la nostra condizione umana. Dio ha mandato il Figlio perché potessimo conoscerlo com’è e non come lo immaginiamo, e potessimo  liberarci dei dubbi che a volte sorgono sul suo conto. Pensiamo alle immagini aberranti che molti uomini nel corso della storia hanno avuto di Dio. Pensiamo ai dubbi che sorgono sul conto di Dio quando vediamo la sofferenza dei piccoli e dei giusti e la prosperità dei malvagi. Mandando il Figlio sulla terra Dio ci rivelato il suo vero volto e il suo modo di agire nei nostri riguardi. Dio è amore e vuole la nostra salvezza. Gesù Cristo infatti ci libera dalle tenebre del peccato e ci insegna ad amare come lui che ha condiviso la nostra vita e ha dato la sua vita per tutti noi. Quindi anche noi siamo chiamati ad amare donando e condividendo la nostra vita con gli altri. Ci insegna a vivere in modo da non ricadere nel peccato, rispettando noi stessi, il prossimo e Dio. Se abbiamo compreso tutto questo, se abbiamo sperimentato nella nostra vita l’amore di Dio, dobbiamo farlo conoscere a quelli che ancora sono nelle tenebre, a quelli che non sanno amare, a quelli che non sanno amarsi.

Il Salmista ci martella, ripetendoci: “Annunciate…narrate…dite…” perché non teniamo per noi la gioia dell’amore di Dio ma la condividiamo con tutti.

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25 dicembre 2017 – Solennità del Natale – Messa del giorno

(anno B)

Liturgia della Parola: 1lettura: Is 52,7-10 – Salmo responsoriale: Sal 97 – 2lettura: Eb 1,1-6 – Vangelo: Gv 1,1-18.

 

Dal Vangelo secondo Giovanni

In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

Egli era, in principio, presso Dio:

tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

Dio, nessuno lo ha mai visto:

il Figlio unigenito, che è Dio

ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.

Parola del Signore.

 

Meditazione

Gesù Cristo, come ripete l’evangelista, è venuto a portare la grazia della verità, cioè la rivelazione di Dio. Dio si era rivelato già nella storia di Israele molte volte e in diversi modi, ma in maniera parziale e frammentaria. In Gesù Cristo Dio toglie completamente il velo che lo copriva e si mostra a noi così come è. Questo è possibile perché Gesù Cristo, il Figlio di Dio che è nel seno del Padre, si è fatto carne, ha assunto la nostra natura umana.

Nel mondo ci sono tante religioni che parlano di Dio. Le religioni rappresentano lo sforzo degli uomini di entrare in contatto con Dio per rispondere agli interrogativi fondamentali dell’esistenza umana. Le religioni di per se stesse sono positive, ma portano con se dei limiti perché sono costruzioni umane. I limiti si rivelano soprattutto nell’immagine di Dio, che a volte viene descritta in modo aberrante. Pensiamo alle religioni dell’antichità che praticavano i sacrifici umani. Ma anche oggi i terroristi islamici che uccidono nel nome di Allah, pensano di rendere culto a Dio uccidendo quelli che loro considerano infedeli. In Gesù Cristo invece è Dio che prende l’iniziativa di rivelarsi così come è. Gesù ci rivela che Dio è amore, un amore che si dona e viene a condividere la nostra condizione umana. Questo è il motivo fondamentale della gioia del Natale: Dio ci ama e ce lo dimostra concretamente in Gesù Cristo. Infatti Dio che ha creato il mondo con la sua parola, poteva salvarci con una sola parola, senza immergersi nella nostra condizione umana. Venendo sulla terra ha dovuto affrontare tutti i disagi della vita nel mondo, anche perché ha voluto nascere in una famiglia povera come un emarginato. Ha dovuto affrontare i pericoli e i mali dell’esistenza umana segnata dal peccato. E’ morto poi perché condannato ingiustamente ad una morte infame. Con la sua onnipotenza, se voleva, poteva risparmiarsi tutte queste esperienze dolorose. Ma se ci avesse salvati senza venire in mezzo a noi, non lo avremmo conosciuto, non avremmo conosciuto il suo amore che si dona e condivide. Se ci avesse salvati a distanza, non avremmo compreso come ci ama e come dobbiamo amare se vogliamo realizzarci nella vita. Infatti Gesù mentre ci rivela l’amore di Dio ci insegna come dobbiamo amare se vogliamo raggiungere la felicità. Non è l’egoismo che ci rende felici, ma l’amore, quello che Gesù Cristo ci ha insegnato, un amore che si dona, condivide, si fa carico degli altri. Spesso oggi si parla di amore, soprattutto tra i fidanzati e le giovani coppie di sposi. Ma vedendo come alcune di queste coppie affrontano le crisi, dobbiamo dedurre che l’amore di cui parlano somiglia molto all’egoismo. Fino a quando tutto va bene, parlano d’amore, quando tra di loro sorgono incomprensioni, e l’uno diventa un peso per l’altro, decidono subito di scaricarsi. Quindi il loro amore non si dona ma si serve dell’altro. L’amore che ci insegna Gesù si fa carico dell’altro proprio quando diventa un peso. E’ un amore che noi vediamo incarnato nell’amore dei genitori verso i figli. Gesù ci dice che dobbiamo estenderlo a tutto il prossimo, quindi nel rapporto marito e moglie, nei rapporti con i fratelli e i parenti, nei rapporti con gli amici. E’ una cosa difficile, che ci diventa possibile se noi accogliamo Gesù Cristo e divenendo figli di Dio sperimentiamo l’amore di Dio in noi. Vivendo dell’amore di Dio che viene riversato nei nostri cuori, diventiamo un po’ alla volta capaci di amare come Gesù, e sperimentiamo la gioia di vivere.

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