Meditazioni della Settimana Santa 2018

30 marzo – Venerdì Santo

 (anno B)

Liturgia della Parola: 1lettura: Is 52,13-53,12 – Salmo responsoriale: Sal 30 – 2lettura: Eb 4,14-16; 5,7-9 – Vangelo: Gv 18,1-19,42.

Dal libro del profeta Isaìa

Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente.
Come molti si stupirono di lui
– tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –,
così si meraviglieranno di lui molte nazioni;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua posterità?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per la colpa del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha spogliato se stesso fino alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i colpevoli.

Parola di Dio

Omelia

Qualcuno ha detto che i quattro evangelisti nei loro scritti hanno fatto un ritratto di Gesù, cogliendo rispettivamente particolari diversi della sua personalità. Queste sfumature diverse si notano nel corpo del vangelo e anche nel racconto della passione. Giovanni, per esempio, nella passione mette in risalto la libertà con cui Gesù va incontro alla sofferenza e alla morte. Se Gesù non si fosse lasciato arrestare, i suoi nemici non avrebbero potuto far nulla. Infatti quando vanno per prenderlo, alla risposta di Gesù: “Sono io”, che rievoca il nome divino, “indietreggiarono e caddero a terra”. A Pilato che per spingerlo a parlare gli dice: “Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?”, Gesù risponde: “Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto”. Nella passione secondo Giovanni la figura di Gesù appare quella di un uomo che soffre senza perdere mai la compostezza e l’autorevolezza. Ci sono poi degli episodi riportati solo da lui, come la consegna della madre al discepolo e il colpo di lancia al costato, da cui sgorgò sangue ed acqua. Un altro particolare importante è il doppio senso dell’espressione con cui l’evangelista descrive la morte di Gesù: “Consegnò lo spirito”, che significa che Gesù è spirato, ma soprattutto che consegna lo Spirito Santo ai credenti.

Tutti e quattro i vangeli ci dicono poi che i discepoli si trovarono impreparati alla passione di Gesù, come poi saranno impreparati dinanzi alla sua risurrezione. Gesù, una volta risorto, apparendo ai suoi spiegherà loro come nella passione, morte e risurrezione, si erano realizzate le Scritture. Gesù quindi rimandò i discepoli alle Scritture per trovare la chiave di lettura degli eventi della sua pasqua. Non sappiamo a quali brani in particolare si sia richiamato Gesù, ma sappiamo bene, a partire dagli scritti del Nuovo Testamento, a quali si richiameranno i discepoli per leggere la sua pasqua. Tra questi brani quello più importante lo abbiamo ascoltato oggi nella prima lettura. Si tratta di Is 52,13-53,12, il cosiddetto quarto canto del servo del Signore. Nel libro di Isaia, ci sono altri tre brani oltre a questo ora citato, in cui si parla di un misterioso servo del Signore. I cristiani, istruiti da Gesù, lo hanno identificato con lui. L’ultimo canto in modo particolare non sembra una profezia ma una descrizione della sua pasqua. La cosa importante di questo brano è che ci spiega il significato della sofferenza di Gesù: “Egli è stato trafitto per le nostre colpe… per le sue piaghe noi siamo stati guariti”. Gesù ha preso su di se i nostri peccati e le conseguenze dei nostri peccati e li ha espiati con la sua sofferenza e la sua morte di croce. A questo passo si richiamerà Paolo, quando parlando di Gesù ai cristiani di Roma, dirà: “egli è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione”. Anche la seconda lettura si richiama a questo passo profetico, per dire che Dio ha accettato il sacrificio di Cristo, risuscitandolo dai morti, e costituendolo causa di salvezza eterna. Nel passo profetico Dio intervenendo a parlare direttamente, diceva: “Il giusto mio servo giustificherà molti”. Dio ha gradito il sacrificio di Cristo, perché è vissuto ed è morto, mettendosi nelle sue mani. Quindi Gesù con la sua vita e la sua morte non solo ci salva ma ci insegna come dobbiamo vivere e morire per essere salvati in modo definitivo. Dobbiamo metterci nelle mani di Dio, come ha fatto lui, in ogni momento della nostra vita. Del resto lui stesso, riferendosi a questo abbandono fiducioso, aveva detto: “Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”.

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29 marzo – Giovedì Santo

 (anno B)

Liturgia della Parola: 1lettura: Es 12,1-8.11-14 – Salmo responsoriale: Sal 115 – 2lettura: 1Cor 11,23-26 – Vangelo: Gv 13,1-15.

Dal Vangelo secondo Giovanni

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.

Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.

Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».

Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».

Parola del Signore

 

Omelia

Gesù, il Figlio di Dio, si è fatto uno di noi, perché attraverso la sua umanità potessimo conoscere e sperimentare l’amore di Dio per noi. Gesù ci rivela e ci dona l’amore di Dio in ogni momento della sua vita, ma soprattutto nella sua passione e morte di croce: “Gesù…avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Nella morte di croce Gesù ci ha amato fino all’estremo, perché ci ha donato tutto se stesso. E perché gli uomini di tutti i tempi potessero sperimentare ed essere trasformati dal suo amore, Gesù ha lasciato in dono alla sua chiesa il sacramento dell’eucaristia e il gesto simbolico della lavanda dei piedi. Il sacramento dell’eucaristia è stato istituito da Gesù nella notte in cui fu tradito, come memoriale della sua vita donata per amore: “Fate questo in memoria di me”. Con questo comando non solo ci chiede di celebrare la messa ma anche di amare come lui. Infatti quando partecipiamo alla messa, Gesù ci fa una trasfusione del suo amore.

Con il gesto della lavanda dei piedi Gesù ci spiega poi qual è l’atteggiamento di fondo di quest’amore. L’amore di Gesù si dona totalmente a noi, mettendosi al nostro servizio. Per poter capire qualcosa di questo servizio d’amore, dobbiamo pensare all’amore dei nostri genitori, che ci hanno servito dalla nascita fino a quando siamo diventati autosufficienti. E se ne avessimo avuto bisogno, avrebbero continuato a farlo senza scadenze. Nel servizio d’amore dei nostri genitori Dio ci offre un’immagine naturale del suo amore, che si rivela poi storicamente nella morte di croce di Gesù, di cui la lavanda dei piedi è segno. L’evangelista Giovanni ci lascia intendere che la lavanda dei piedi è potenza divina, non debolezza. Infatti dice: “Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse intorno alla vita”.  Ma Pietro, che ragiona secondo gli uomini, non comprende tutto ciò. Per questo rimprovera Gesù quando parla della sua passione, e ora non vuole farsi lavare i piedi da lui. Se vogliamo vivere in comunione con Gesù dobbiamo lasciarci lavare i piedi da lui, accogliendo il suo amore debole e crocifisso nella santa eucaristia, e dobbiamo lavare i piedi ai fratelli, cioè riversare sul prossimo l’amore che abbiamo ricevuto: “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri.” Come Gesù ci ha servito con il suo amore, allo stesso modo dobbiamo servire i fratelli, prendendoci cura di loro, facendoci carico della loro vita e soprattutto dei loro problemi. Se la nostra partecipazione all’eucaristia è sincera, trasformerà la nostra vita, portandoci inevitabilmente a fare qualcosa di bene per gli altri, nella famiglia, nella comunità parrocchiale e nella società.

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25 marzo – Domenica delle Palme

 (anno B)

Liturgia della Parola: 1lettura: Is 50,4-7 – Salmo responsoriale: Sal 21 – 2lettura: Fil 2,6-11 – Vangelo: Mc 14,1-15,47.

 

Omelia

stamente prima dai membri del sinedrio, che non cercano di appurare i fatti ma di trovare dei falsi testimoni per condannarlo. E non trovandoli, lo condannano perché Gesù ha confessato la verità, che essi non vogliono riconoscere. Gesù viene condannano ingiustamente dalla folla, che chiede la liberazione di un assassino e la sua crocifissione. Viene abbandonato alla ingiusta condanna con l’avallo di Pilato, che non osa difenderlo per non mettersi contro la folla e i capi dei sacerdoti. Gesù viene umiliato, sbeffeggiato, torturato, e condotto alla dura pena della crocifissione, dai soldati romani, abituati a far soffrire i condannati. Sulla croce viene deriso, dai passanti, dai capi e da coloro che subiscono la sua stessa condanna. Gesù sulla croce è solo, perché abbandonato dai suoi. Anche le donne, sue discepole, osservano a distanza. Arriva al fondo della sofferenza, quando sperimenta l’abbandono di Dio. Si tratta solo di una sensazione, perché Dio non abbandona quelli che confidano in lui, e tanto meno suo Figlio. Ma di una sensazione penosissima, che lo porta però a mettersi nelle mani del Padre. Infatti Gesù esprime questa sensazione di abbandono servendosi delle parole del salmo 22, dove l’orante nel seguito manifesta la fiducia che il Signore interverrà a salvarlo. Su Gesù si abbatte la cattiveria del mondo, a cui contribuiamo anche noi con i nostri sentimenti e le nostre azioni cattive, e quando omettiamo di compiere il bene. Gesù la subisce in silenzio, senza lasciarsi vincere da essa, ma vincendola con il suo amore e il suo abbandono in Dio, il quale risponderà risuscitando Gesù Cristo dai morti. La sofferenza e la morte di Gesù sono preziose agli occhi di Dio che le ha rese pertanto strumento di salvezza, perché Gesù le ha accettate con obbedienza. E’ l’obbedienza di Gesù che rende speciali la sua sofferenza e la sua morte. Gesù ha obbedito al Padre che gli ha chiesto di condividere la nostra condizione umana sino alla morte di croce, perché sapeva che da questa offerta sarebbe scaturita la nostra salvezza. Gesù ha fatto sua la volontà salvifica del Padre, dettata dall’amore nei nostri riguardi. Quindi l’obbedienza di Gesù al Padre manifesta l’amore di Dio, del Padre che ha tanto amato il mondo da donare suo Figlio, del Figlio che ci ha amato fino a morire per noi. Con la sua sofferenza e la sua morte Gesù non ci procura solo la salvezza ma ci insegna come dobbiamo vivere e morire in questo mondo, per partecipare alla sua risurrezione. Dobbiamo vivere e morire, obbedendo a Dio, cioè amando come Gesù ci ha insegnato, non lasciandoci vincere dal male, ma vincendo il male con l’amore. Quindi se abbiamo capito il senso della passione di Gesù, dobbiamo scegliere quotidianamente di somigliare a lui e non alle persone che lo hanno fatto soffrire. Quelli che hanno fatto del male a Gesù hanno ottenuto una vittoria apparente e momentanea, e così sarà di tutti quelli che li seguono. Invece Gesù ha vinto veramente e definitivamente, perché ha sconfitto il peccato e la morte, e così sarà anche per noi se lo seguiremo nella via dell’amore.