Pensieri dei Padri della Chiesa

Aprile 2020

Sulle Beatitudini
«Prosegue il Signore dicendo: «Beati i miti, perché erediteranno la terra» (Mt 5, 5). Ai miti e mansueti, agli umili e modesti, a quanti sono disposti a subire l’ingiustizia, viene promesso il possesso della terra. Né questa eredità deve stimarsi piccola o spregevole, quasi fosse separata dalla patria celeste, poiché dobbiamo intendere che questi, e non altri, entreranno nel regno dei cieli. Perciò la terra promessa ai miti, e che toccherà in eredità ai mansueti, rappresenta il loro corpo che, grazie ai meriti della loro umiltà, nella beata risurrezione verrà trasformato e rivestito di gloria immortale. Il loro corpo non sarà più assolutamente in contrasto con lo spirito, ma sarà perfettamente conforme e unito al volere dell’anima. Allora infatti l’uomo esteriore sarà possesso santo e pacifico dell’uomo interiore.

I miti allora possederanno la terra in pace duratura, senza che sia menomato alcuno dei propri diritti. «Quando questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità» (1 Cor 15, 54), allora il pericolo si cambierà in premio e ciò che fu di onere gravoso, sarà di onore»
(Leone Magno, Discorso 95,4-6).

Marzo 2020

Sulle Beatitudini
«Dopo la predicazione di una povertà oltremodo felice, il Signore aggiunge: «Beati gli afflitti, perché saranno consolati» (Mt 5, 4).
Carissimi, l’afflizione, alla quale qui viene promesso il conforto eterno, non ha nulla in comune con le tribolazioni di questo mondo. Né si tratta di quei lamenti che vengono emessi dagli uomini nel loro comune dolore. Questi lamenti non rendono beato nessuno.
Diversa è la natura dei gemiti dei santi, come pure diversa è la causa delle lacrime che meritano di essere chiamate beate.
Il dolore propriamente religioso è quello che piange o il peccato proprio o quello degli altri. Né si duole perché questo male è colpito dalla giustizia divina, ma, se si attrista, lo fa per quanto viene commesso dalla iniquità umana.
È il caso di piangere più colui che compie le opere del male, che chi ne è la vittima, perché la malizia fa sprofondare l’iniquo nell’abisso della pena, la sopportazione, invece, conduce il giusto alla gloria»
(Leone Magno, Discorso 95,2-3).

Febbraio 2020

Sulle Beatitudini
«Cristo dice: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5, 3). Potrebbe forse ritenersi incerto quali siano i poveri, ai quali si riferisce la Verità se, dicendo poveri, non avesse aggiunto null’altro per far capire il genere di poveri di cui parla. Si sarebbe allora potuto pensare essere sufficiente per il conseguimento del regno dei cieli quella indigenza, che molti patiscono con opprimente e dura ineluttabilità.
Ma quando dice: «Beati i poveri in spirito», mostra che il regno dei cieli va assegnato piuttosto a quanti hanno la commendatizia dell’umiltà interiore, anziché la semplice carenza di beni esteriori. Il valore dell’umiltà lo acquistano più facilmente i poveri che i ricchi. Infatti i poveri nella scarsità dei mezzi hanno per amica la mitezza. I ricchi nell’abbondanza hanno come loro familiare l’arroganza.
Non si deve negare, tuttavia, che in molti ricchi si trovi quella disposizione a usare della propria abbondanza non per orgogliosa ostentazione, ma per opere di bontà. Beata quella povertà che non cade nel laccio teso dall’amore dei beni temporali, né brama di aumentare le sostanze del mondo, ma desidera ardentemente l’arricchimento dei tesori celesti»
(Leone Magno, Discorso 95,2-3).

Gennaio 2020

Sul Padre nostro
«Quando diciamo: Liberaci dal male, ci rammentiamo di riflettere che non siamo ancora in possesso del bene nel quale non soffriremo alcun male. Queste ultime parole della preghiera del Signore hanno un significato così largo che un cristiano, in qualsiasi tribolazione si trovi, nel pronunciarle emette gemiti, versa lacrime, di qui comincia, qui si sofferma, qui termina la sua preghiera. Con queste parole era opportuno affidare alla nostra memoria le verità stesse… E se passi in rassegna tutte le parole delle preghiere contenute nella S. Scrittura, per quanto io penso, non ne troverai una che non sia contenuta e compendiata in questa preghiera insegnataci dal Signore. Pertanto nel pregare ci è permesso domandare le medesime cose con altri termini, ma non dev’essere permesso di domandare cose diverse» (Agostino, Lettera a Proba).

Dicembre 2019

Sul Padre nostro
«Per completare una preghiera così succinta aggiunse che dobbiamo supplicare Dio non solo per il perdono dei peccati, ma anche per evitarli del tutto: Non ci trascinare nella tentazione (Mt 6, 13; Lc 11,4),
vale a dire: Non tollerare che vi veniamo trascinati, naturalmente da colui che intende tentarci.
Ovviamente resti ben lontano da noi il pensiero che sia il Signore a tentarci, come se non
fosse al corrente della fede di ciascuno o si desse da fare per buttar giù gli uomini. Incapacità di conoscere e cattiveria sono roba del Diavolo. Perché il Signore aveva ordinato ad Abramo di offrire in sacrificio il figlio non certo per tentarne la fede, bensì per apprezzarla nel momento della prova (cfr. Gen 22, 1-18); voleva fare di Abramo un esempio che servisse al suo comandamento, che avrebbe poco più tardi formulato, per cui nessuno dovrebbe tenere in conto i suoi familiari più di Dio (cfr. Deut 13, 7-12 e Lc 14, 26; Mt 10, 37).
Tentato egli stesso dal Diavolo, smascherò pubblicamente colui che è davvero l’artefice che dirige le fila dietro ogni tentazione. Il passo è confermato da quanto avvenne in seguito allorché disse: Pregate per non essere tentati (Mt 26, 41). E furono tentati fino ad abbandonare il Signore proprio perché si erano dati più al sonno che alla preghiera (cfr. Mt 26,36-46)»
(Tertulliano, De oratione).

Novembre 2019

Sul Padre nostro
«Dopo aver pregato per la nostra sussistenza, domandiamo il perdono dei peccati…Il Signore li chiama “debiti” secondo quanto è detto nel Vangelo: “…io ti ho condonato tutti i debiti perché mi hai pregato” (Mt. 18, 32). Il Signore, invitandoci a pregare per i nostri peccati, ci rammenta la nostra natura di peccatori… L’Apostolo Giovanni ci ammonisce: “se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, Egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa” (1Gv.1,8-9). Giovanni ci mostra due cose: la prima, che dobbiamo pregare per i nostri peccati e quindi chiedere il perdono; la seconda, che il Signore è pronto a perdonare i peccati, secondo la promessa… Ma il perdono del Signore è subordinato a quello che noi concediamo a coloro che ci sono debitori. Noi, quindi, non possiamo chiedere il perdono di Dio se poi, a nostra volta, non perdoniamo il nostro prossimo. Dice, infatti: “perché con il giudizio con cui giudicate, sarete giudicati e con la misura con la quale misurate, sarete misurati” (Mt. 7, 2). Il servo che, perdonato dal padrone, non volle perdonare a sua volta il compagno, venne gettato in prigione; ciò significa che colui che, perdonato, non perdona, perde irrimediabilmente la remissione dei debiti ottenuta dal Signore. Egli è rigorosissimo su questo punto: “Quando vi Mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi il vostro peccato” (Mc. 11,25)»
(S. Cipriano di Cartagine, Trattato sul Padre nostro).

Settembre 2019

Sul Padre nostro
«Proseguendo nella preghiera diciamo: “Sia fatta la tua volontà in cielo e in terra”, non tanto perché faccia Dio ciò che vuole, ma perché possiamo fare noi ciò che Dio vuole. Infatti chi è capace di impedire a Dio di fare ciò che vuole? Siamo noi invece che non facciamo ciò che Dio vuole, perché contro di noi si alza il diavolo ad impedirci di orientare il nostro cuore e le nostre azioni secondo il volere divino. Per questo preghiamo e chiediamo che si faccia in noi la volontà di Dio. E perché questa si faccia in noi abbiamo bisogno della volontà di Dio, cioè della sua potenza e protezione, poiché nessuno è forte per le proprie forze, ma lo diviene per la benevolenza e la misericordia di Dio. Infine anche il Signore, mostrando che pure in lui c’era la debolezza propria dell’uomo, disse: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice!” (Mt 26, 39). E offrendo l’esempio ai suoi discepoli perché non facessero la volontà loro, ma quella di Dio, aggiunse: “Però non come voglio io, ma come vuoi tu”». (S. Cipriano di Cartagine, Trattato sul Padre nostro).

Agosto 2019

Sull’assunzione della Beata Vergine Maria
O santissima Madre di Dio, poiché il cielo e – per meglio dire – anche la terra furono adornati ancor di più per causa tua, come è possibile che con la tua partenza tu abbia lasciato gli uomini orfani della tua attenzione? Non avvenga mai che noi lo pensiamo! Infatti come, quando vivevi in questo mondo, tu non eri estranea alle celesti usanze così, dopo che ti sei trasferita, tu non ti sei distaccata in spirito dalla tua comunanza con gli uomini: poiché, da una parte – a causa del tuo seno aperto al peso di lui – tu sei stata rivelata come cielo divinamente contenente l’altissimo Dio e dall’altra parte, a causa dell’aperto servigio della tua carne, tu sei stata per lui terra spirituale. E perciò ben a proposito è possibile credere che, quando dimoravi in questo mondo tu eri in tutto congiunta a Dio, e poi, quando sei partita dalle cose umane, allora tu non hai abbandonato coloro che sono nel mondo.
(Germano di Costantinopoli, Omelia I per la Dormizione della Santa Madre di Dio).

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Luglio 2019

Rimuovere l’incertezza
1.Mi dice: “Rimuovi da te l’incertezza e non dubitare assolutamente di chiedere a Dio, dicendo in te stesso: come posso chiedere e ricevere dal Signore avendo io peccato molto contro di lui? 2. Non pensare così, ma con tutto il tuo cuore rivolgiti al Signore e pregalo con fermezza, e conoscerai la sua grande misericordia, perché non ti abbandonerà, ma compirà la preghiera della tua anima. 3. Dio non è come gli uomini che serbano rancore, ma egli non ricorda le offese ed ha compassione per la sua creatura. 4. Tu, intanto, purifica il tuo cuore da tutte le vanità di questo mondo e dai vizi che ti sono stati prima detti, e chiedi al Signore. Riceverai tutto e sarai esaudito in ogni tua richiesta, se chiederai con fermezza al Signore. 5. Se nel tuo cuore sei titubante, non otterrai nessuna tua richiesta. Coloro che dubitano in Dio, sono indecisi e assolutamente nulla ottengono delle loro richieste. 6. Coloro che sono perfetti nella fede tutto chiedono credendo nel Signore e ottengono, perché chiedono con fermezza, senza mostrarsi incerti. Ogni uomo incerto, se non si converte, difficilmente si salverà. 7. Purifica, dunque, il tuo cuore dall’incertezza, rivestiti della fede, che è forte, credi in Dio ed otterrai tutte le richieste che fai. Se avendo fatto al Signore qualche richiesta, ottieni più tardi, non dubitare perché non ottieni presto la richiesta della tua anima. Certamente, per qualche prova o per qualche colpa che tu ignori, ottieni più tardi la tua richiesta. 8. Tu, dunque, non ti stancare di fare al Signore la richiesta della tua anima, e l’otterrai. Se nel chiedere ti scoraggi e dubiti, accusa te stesso e non chi ti è munifico
(Erma, Il Pastore: IX Precetto).

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Giugno 2019

Il desiderio del martirio
«Nulla mi gioverebbero le lusinghe del mondo e tutti i regni di questo secolo. È bello per me morire in Gesù Cristo più che regnare sino ai confini della terra. Cerco quello che è morto per noi; voglio quello che è risorto per noi. Il mio rinascere è vicino. Perdonatevi fratelli. Non impedite che io viva, non vogliate che io muoia. Non abbandonate al mondo né seducete con la materia chi vuol essere di Dio. Lasciate che riceva la luce pura; là giunto sarò uomo. Lasciate che io sia imitatore della passione del mio Dio. Se qualcuno l’ha in sé, comprenda quanto desidero e mi compatisca conoscendo ciò che mi opprime».
(Ignazio d’Antiochia, Lettera ai Romani VI).

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Maggio 2019

Insieme alla beata Madre di Dio preghiamo assiduamente affinchè anche per noi avvenga secondo la sua parola, quella parola cioè per la quale egli stesso, esponendo il piano della sua incarnazione, dice: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”(Gv 3,16).

Del resto non dobbiamo dubitare del fatto che egli ben presto si degnerà di esaudire noi che lo invochiamo dall’intimo del nostro cuore. Infatti per noi che ancora non lo conoscevamo, Gesù Cristo nostro Signore si è degnato di scendere in questa profonda valle di lacrime, lui che è Dio e vive e regna con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
(Beda il Venerabile, Omelia sull’Annunciazione 1).

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Aprile 2019

La Pasqua della nostra salvezza
«Egli venne dal cielo sulla terra in favore di colui che soffriva;rivestì  questo stesso nel seno della Vergine e apparve come uomo; prese su di sé le sofferenze di colui che soffriva mediante il suo corpo capace di soffrire, ma mediante il suo Spirito, non soggetto alla morte, uccise la morte che uccideva l’uomo . Egli, infatti, condotto come agnello e immolato come pecora, ci ha riscattati dal vassallaggio del mondo come dalla terra d’Egitto; ci ha sciolti dalla schiavitù del demonio come dalla mano del Faraone; ha contrassegnate le nostre animecon il sigillo del proprio Spirito e le membra del nostro corpocon il sigillo del proprio sangue. Egli è colui che ha ricoperto di vergogna la morte, che ha gettato nel lutto il diavolo, come Mosè il Faraone.Egli è colui che ha colpito l’iniquità,che ha privato l’ingiustizia di discendenza, come Mosè il Faraone. Egli è colui che ci ha fatti passare dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce,dalla morte alla vita,dalla tirannide al regno eterno, facendo di noi un sacerdozio nuovo, un popolo eletto in eterno. Egli è la Pasqua della nostra salvezza».
(Melitone di Sardi, Omelia sulla Pasqua 66-69).

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Marzo 2019

Lo Spirito Santo e la Chiesa
«Dopo un anno è ritornato il tempo della Quaresima e io mi sento in dovere di farvi delle esortazioni. Il Signore dice: Date e vi sarà dato; perdonate e vi sarà perdonato. Con mitezza e con fervore facciamo dunque queste due specie di elemosine: il dare e il perdonare, noi che preghiamo il Signore perché ci dia cose buone e ci perdoni quelle cattive. Date -dice il Signore – e vi sarà dato. Che cosa c’è di più vero e più giusto che chi ricusa di dare inganna sé stesso e non si ritrova niente in mano? Se giudichiamo sconsiderato l’agricoltore che presume di trovare la messe nel campo ove sa bene di non aver precedentemente seminato, quanto più sconsiderato è chi pensa di trovare un Dio ricco che dà con larghezza, quando egli non ha voluto ascoltare il povero che gli chiedeva qualcosa? Colui che non ha bisogno di nulla infatti volle essere nutrito nella persona dei poveri.

Perdonate e vi sarà perdonato, ossia non tenete conto (del male altrui) e neanche del vostro si terrà conto. Per quanto riguarda questa specie di elemosina nessuno è talmente povero che non possa farla. Per acquistare la vita eterna può farla anche chi in questa vita terrena non ha di che vivere. Coloro che fino a questi giorni avevano delle discordie non diano loro tregua fino a che non sono scomparse».
(Agostino d’Ippona, Discorso 206,1.2).

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Febbraio 2019

“Portate i pesi gli uni degli altri”(Gal 6,2)
«Chi non sopporta un piccolo difetto, non godrà neppure della massima perfezione, né adempirà la legge di Cristo, che è la carità. Ma se tu dicessi che nell’Antico Testamento non è detto: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”, risponderò che ha stabilito proprio questo. Poi alla sua venuta nella carne ha aggiunto qualcosa di più dicendo: “Vi dò un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato”. Il comando di amare si trova anche nell’Antico. Ma egli ha aggiunto: “Come io vi ho amato”. Per questo lo ha chiamato un comandamento nuovo. Una cosa infatti è amare il prossimo come sé stesso, un’altra trascurare le proprie cose per migliorare quelle del prossimo. Come lui non ha guardato alla propria sublimità ma all’utilità degli uomini, e umiliando sé stesso reputò degno assumere la forma di servo, per condurre i servi all’adozione di figli, così ha comandato che ciascuno di noi non guardi al proprio guadagno ma all’utilità del prossimo. Ma se qualcuno pensa di essere danneggiato da questo abbassamento, apprenda che questa condiscendenza lo condurrà allo stesso vertice dell’onore».
(Isidoro di Pelusio, Lettera a Martiniano presbitero 410.3).

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Gennaio 2019

Colui che regola il corso delle stelle succhia da un seno di donna
«Abbiamo, dunque, lo Spirito Santo se amiamo la Chiesa; e amiamo la Chiesa, se rimaniamo nella sua unità e nella sua carità. Il medesimo Apostolo, infatti, dopo aver parlato dei doni diversi che vengono distribuiti ai singoli uomini in ordine alle diverse funzioni delle singole membra, soggiunge: Una via ancora più eccellente voglio mostrarvi (1 Cor 12, 31), e comincia a parlare della carità. La pone al di sopra delle lingue degli uomini e degli angeli, al di sopra dei miracoli della fede, al di sopra della scienza e della profezia, al di sopra anche di quella grande opera di misericordia per cui uno distribuisce ai poveri quanto possiede; e finalmente la pone al di sopra dell’immolazione del proprio corpo: la pone, insomma, al di sopra di tutti questi doni eccellenti. Se avrai la carità, avrai tutto; senza la carità nulla ti gioverà, qualunque cosa tu abbia. E poiché la carità, di cui parliamo, dipende dallo Spirito Santo (è appunto l’argomento dello Spirito Santo che si sta trattando adesso nel Vangelo), ascolta ciò che dice l’Apostolo: La carità di Dio è stata riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato (Rm 5, 5)».
(Agostino d’Ippona, Commento a Giovanni 32.8).

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Dicembre 2018

Colui che regola il corso delle stelle succhia da un seno di donna
Il Signore Gesù volle essere uomo per noi. Non si pensi che sia stata poca la misericordia: la Sapienza stessa giace in terra! In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. .. Dove ti trovi invece per causa mia? In un piccolo alloggio, avvolto in panni, adagiato in una mangiatoia. E per chi tutto questo? Colui che regola il corso delle stelle succhia da un seno di donna: nutre gli angeli, parla nel seno del Padre, tace nel grembo della madre. Ma parlerà quando sarà arrivato in età conveniente, ci annunzierà con pienezza la buona novella. Per noi soffrirà, per noi morirà, risorgerà mostrandoci un saggio del premio che ci aspetta, salirà in cielo alla presenza dei discepoli, ritornerà dal cielo per il giudizio. Colui che era adagiato nella mangiatoia è divenuto debole ma non ha perduto la sua potenza: assunse ciò che non era ma rimase ciò che era. Ecco, abbiamo davanti il Cristo bambino: cresciamo insieme con lui.
(Agostino d’Ippona, Discorso 196.3)

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Novembre 2018

Siamo stati sepolti, infatti, insieme con lui
Esistono tre generi di morte. Una è la morte del peccato, della quale è stato scritto: “L’anima che pecca morirà”. Un’altra morte è quella mistica, quando uno muore per il peccato e vive per Dio, di cui ugualmente dice l’Apostolo: Siamo stati sepolti, infatti, insieme con lui, per mezzo del battesimo, nella sua morte. Una terza morte è quella per cui terminiamo il corso e il compito di questa vita, cioè quando avviene la separazione dell’anima dal corpo. Comprendiamo quindi che una sola morte è male, e cioè quando moriamo per colpa dei nostri peccati; un’altra morte, invece, è un bene, in quanto colui che muore di quella morte viene giustificato dal peccato; il terzo genere di morte è intermedio: infatti, sembra un bene ai giusti, ma alla maggior parte della gente appare spaventosa, perché, mentre libera tutti, rallegra solo pochi.
(Ambrogio di Milano, Il bene della morte).

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Ottobre 2018

Vivendo la parola di Dio si conquistano i non credenti
Esortateli, fratelli, non solo a parole ma anche con le vostre opere; e anche noi li esortiamo a non rimandare ancora. Forse alcuni già ci pensano e dicono: ” Domani mi farò cristiano “. Se è bene domani è bene anche oggi. In realtà, per diventare cristiano non devi chiedere il giorno all’astrologo. Ogni giorno è stato fatto da Dio, e per te è buono quel giorno nel quale compi il bene. Se dunque è bene credere in Cristo, affinché sia purificato il tuo cuore mediante la fede, e guarire il tuo occhio che dovrà vedere una luce tanto fulgida, perché rimandare? Perché seguita a risuonare tra gli uomini il gracchiare del corvo? ” Crà, crà ” (domani, domani)1 grida il corvo che, fatto uscire dall’arca, non vi tornò, mentre invece vi tornò la colomba. Il corvo ti dice ” domani “, la colomba geme ogni giorno. Non sia dunque in te la voce di chi rimanda al domani ma il gemito di chi confessa [il Signore].
Fratelli, già ieri ve l’abbiamo detto e adesso ve lo ripetiamo, come del resto sempre vi scongiuriamo. Vivendo bene guadagnate coloro che ancora non hanno creduto, perché non succeda che anche voi abbiate creduto invano. Vi scongiuriamo: come è gradita al vostro orecchio la parola di Dio, così vi piaccia esprimerla nei vostri costumi. Non sia quindi soltanto nell’orecchio ma anche nel cuore, non soltanto nel cuore ma anche nella vita, affinché siate la famiglia di Dio, degna [di lui] e accetta ai suoi occhi in ogni sorta di opere buone. Fratelli, sono assolutamente convinto che, se voi vivrete in maniera degna di Dio, ben presto nessuno di quelli che ancora sono lontani dalla fede seguiterà a rimanere nell’incredulità”
(Agostino d’Ippona, Discorso 360/B).

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Settembre 2018

Sui momenti della lectio divina (continua dal numero precedente)
Vedi quanto mosto è scaturito da un piccolissimo grappolo, quale fuoco si è levato da una scintilla? Un così piccolo impasto, «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio», sull’incudine della meditazione si è esteso davvero molto!

L’anima, infiammata da questi bagliori, stimolata da questi desideri, rotto ormai il vasetto di alabastro (Mc 14,3; Gv 12,3) comincia a presentire, non ancora con il gusto ma come con l’odorato la soavità dell’unguento: e da ciò deduce quanto sarebbe dolce aver esperienza di questa purezza la cui sola meditazione le è fonte, essa lo vede, di sì grande gioia.

Ma che fare? Essa arde dal desiderio di possedere e tuttavia non trova in se stessa come giungere a possedere; e quanto più ci pensa tanto più ne ha sete. Rende più intensa la meditazione, rende più intensa anche la sofferenza, perché non prova quella dolcezza che la meditazione gli mostra racchiusa nella purezza di cuore e che però non gli dona. Non appartiene infatti né a chi legge né a chi medita il provare questa dolcezza, se non è stato dato dall’alto (Gv 19,11).

L’anima vede dunque che non può giungere con le sue forze alla dolcezza della conoscenza e dell’esperienza, oggetto del suo desiderio. Allora si umilia e si rifugia nell’orazione. Così essa parla: «Signore che non ti lasci vedere se non dai cuori puri, io mi applico attraverso la lettura e la meditazione a capire cosa sia e come si possa ottenere la vera purezza di cuore, sì da giungere attraverso di essa a conoscerti foss’anche in misura minima. Ho cercato il tuo volto, Signore, il tuo volto, Signore, ho cercato; ho meditato a lungo nel mio cuore, e nella meditazione è divampato un gran fuoco (Sal 27,8; Sal 77,7; Sal 39,4) e un immenso desiderio di conoscerti più a fondo. Tu spezzi per me il pane della sacra Scrittura e nello spezzare del pane ti fai conoscere a me (Lc 24,35). Avviene allora che quanto più ti conosco, tanto più desidero conoscerti, non soltanto nella scorza della lettera, ma nella percezione sensibile dell’esperienza. Non lo chiedo a causa dei miei meriti, Signore, ma per la tua misericordia».(Guigo il Certosino, Scala Claustralium).

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Luglio 2018

La nostra mente sia sempre con il Signore
«La nostra mente sia sempre con il Signore, non si allontani mai dal suo tempio, dalla sua parola. Sia sempre intenta alla lettura delle Scritture, alla meditazione, alla preghiera, affinché la sua parola, che è eterna, operi in noi. E come ogni giorno, andando in chiesa o dediti alla preghiera domestica, iniziamo da lui e finiamo in lui, così questo tempo dell’intera nostra vita e anche il corso della nostra giornata inizi da lui e in lui termini. Infatti come è salvezza essere iniziati alla fede in Dio fin dall’inizio della vita, così è anche necessaria la perseveranza. Inoltre si addice ad una buona mente la diligenza, affinché, dedicandosi alla parola di Dio, nulla faccia di cattivo e perciò si insinui la tristezza, e sempre consapevole della bontà delle sue azioni, conservi la letizia della buona coscienza»
(Ambrogio di Milano, Abramo, II, 5,22).