Meditazioni Natale 2018

13 gennaio 2019 – Battesimo del Signore

Liturgia della Parola: 1lettura: Is 40,1-5.9-11 – Salmo responsoriale: Sal 103 – 2lettura: Tt 2,11-14; 3,4-7-  Vangelo: Lc 3,15-16.21-22.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Parola del Signore

Omelia

Giovanni proclama la venuta del Cristo che battezzerà gli uomini in Spirito Santo. La gente si domandava in cuor suo se non fosse Giovanni il Cristo, ma lui fa capire che il Cristo non è un semplice uomo come lui: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali». Se Giovanni servo del Signore non è degno di sciogliere il laccio dei sandali del Cristo, allora vuol dire che il Cristo è di natura divina. Infatti battezzerà in Spirito Santo, comunicherà agli uomini lo Spirito di Dio. Dopo questa proclamazione che sottolinea la grandezza del Cristo, arriva il Cristo e lui che battezzerà in Spirito Santo si presenta come uomo tra gli uomini a ricevere il battesimo d’acqua di Giovanni. Nessuno lo avrebbe mai riconosciuto senza una rivelazione divina. Giovanni dirà in un altro passo di aver riconosciuto che il Cristo era Gesù di Nazareth vedendo lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E interviene anche la voce del Padre a proclamare la sua identità e la sua missione: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

C’è un contrasto tra quello che si proclama e quello che si vede. Si proclama grandezza divina, si vede un uomo semplice e umile. Questo contrasto è presente in tutti i momenti decisivi della vita di Gesù, nella nascita, nel battesimo e nella morte ed è presente anche nei sacramenti attraverso i quali Gesù continua ad operare nel mondo. Dio dirà all’apostolo Paolo che la sua potenza si manifesta al meglio nella debolezza.

Per poter cogliere la realtà divina che si nasconde dietro l’apparenza c’è bisogno della fede che nasce dall’ascolto della parola di Dio. La fede permette all’uomo che parla nel Salmo di contemplare Dio creatore e provvidente nel mondo che lo circonda. La stessa fede ci permette di cogliere Dio che opera nei sacramenti, segni poveri e umili, ma che comunicano la sua salvezza. Allora quando ci accostiamo ai sacramenti non dobbiamo fermarci all’apparenza ma credere a quello che ci dice la parola di Dio.

Nella seconda lettura abbiamo una piccola catechesi sul sacramento del battesimo. Il battesimo ci comunica la salvezza di Dio che è un dono gratuito del suo amore: «Egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia». Nel battesimo Dio ci dona la salvezza che Gesù ha guadagnato morendo per noi sulla croce: «Egli ha dato sé stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga». Nel battesimo viene ripresentato l’avvenimento storico della salvezza, ovvero la morte e la risurrezione di Gesù. Con la morte Gesù ha espiato i peccati, con la risurrezione è diventato mediatore dello Spirito Santo. Così il battesimo è «un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro». Nel battesimo noi siamo stati rigenerati alla vita di figli di Dio, quindi dobbiamo vivere seguendo Gesù, il Figlio di Dio, il quale ci insegna a rinnegare l’empietà di chi non vuol riconoscere Dio, e i desideri mondani di chi vive nell’egoismo, e a vivere con sobrietà nel rapporto con noi stessi, con giustizia nel rapporto con il prossimo, con pietà nel rapporto con Dio. In una parola ci insegna a vivere pieni di zelo per le opere buone, amando come lui. Questo ci diventa possibile perché abbiamo in noi lo Spirito Santo. Se siamo docili alle sue ispirazioni e ai suoi impulsi, allora riusciremo a vivere da figli di Dio. Se invece gli facciamo resistenza, egli si mette da parte, perché non vuole imporci la sua volontà. Se il Signore è assente dalla nostra vita, perché rifiutiamo la sua guida, allora cadiamo in balia del demonio che ci domina con i nostri peccati. Il male che subiamo come conseguenza dei nostri peccati non è provocato da Dio, ma dalla sua assenza poiché abbiamo rifiutato la sua guida. Quindi il castigo è dovuto ai nostri peccati con cui ci distacchiamo da Dio. Il castigo ci fa sperimentare tutti i disagi dell’assenza di Dio, tristezza, inquietudine, fallimenti, frustrazioni, sofferenze, solitudine, in una parola la schiavitù del male. Ma Dio non ci abbandona, e viene a cercarci suscitando in noi la nostalgia della sua amicizia.

Nel brano profetico della prima lettura la strada da preparare al Signore che viene a liberare il suo popolo è il cammino di conversione, che dobbiamo fare insieme a Dio. Lui ci dona il suo Spirito Santo e noi dobbiamo lasciarci guidare. In questo giorno in cui ricordiamo il battesimo del Signore, ricordiamo anche il nostro battesimo.

Dice san Cirillo di Gerusalemme, che il giorno del nostro battesimo, mentre scendeva su di noi lo Spirito Santo, Dio Padre ha detto di ciascuno di noi quello che ha detto di Gesù: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Chiediamo perdono a Dio Padre se non abbiamo sempre corrisposto al suo Santo Spirito e non abbiamo vissuto da figli seguendo Gesù Cristo. Impegniamoci a farlo da oggi in avanti, perché Dio possa sempre compiacersi di noi.

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6 gennaio 2019 – Epifania del Signore

Liturgia della Parola: 1lettura: Is 60,1-6 – Salmo responsoriale: Sal 71 – 2lettura: Ef 3,2-3.5-6 –  Vangelo: Mt 2,1-12.

Dal Vangelo secondo Matteo

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Parola del Signore

Omelia

In questo giorno ricordiamo la manifestazione di Gesù Bambino ai Magi, che provenivano dall’oriente. I Magi, poiché non appartenevano al popolo d’Israele, rappresentano le primizie dei pagani che si convertiranno in massa a Gesù.

Nel racconto evangelico ci sono elementi misteriosi su cui non vale la pena soffermarsi. Quello che dobbiamo sapere è che Dio, per viene note solo a lui, ha condotto questi pagani ad incontrare il Figlio suo Gesù. Ma prima di arrivare alla meta hanno avuto bisogno di consultare i giudei, che custodivano la rivelazione storica di Dio.

Nel racconto risalta la ricerca del bambino Gesù da parte dei protagonisti. Lo ricercano i Magi, e lo ricerca il re Erode, ma con scopi diversi. I Magi lo ricercano per adorarlo, per entrare in relazione di amicizia con lui, Erode, come evidenzierà il seguito del racconto, lo ricerca per farlo morire.

Gesù è appena nato e già gli uomini davanti a lui si dividono in amici e nemici. Tra costoro sta sullo sfondo la grande massa degli indifferenti, rappresentata dagli abitanti di Gerusalemme e dai capi religiosi, i quali, appresa la notizia della nascita del Messia, non se ne curano affatto. La loro indifferenza preannuncia il rifiuto di Gesù da parte del suo popolo. Gesù è venuto per tutti gli uomini, ma, come dice il quarto vangelo, gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce.

Questo succedeva a Gesù Cristo venuto sulla terra e succede ancora oggi a Gesù annunciato e testimoniato dalla sua chiesa. Davanti a Gesù che vive nella sua chiesa e nei suoi discepoli gli uomini ancora oggi si dividono in tre categorie, quelli che lo cercano per essere suoi amici, quelli che lo cercano per perseguitarlo, e gli indifferenti. Sono tantissimi nel mondo i nuovi Magi che cercano Gesù e lo trovano grazie alla predicazione della chiesa. E quando lo incontrano sperimentano la gioia della sua salvezza. Sono numerosi anche i nuovi Erodi, che si turbano della venuta di Gesù, e prendono a perseguitare i suoi discepoli per impedire che sia conosciuto. Ahimè, sono tanti anche gli indifferenti a lui! Come allora anche oggi gli indifferenti sono proprio in mezzo al popolo di Dio tra quelli che si dicono cristiani, ma non cercano più Gesù. L’indifferenza è preludio alla perdita della fede. Infatti gli israeliti del tempo che alla nascita di Gesù furono indifferenti in seguito rifiutarono la sua predicazione e lui stesso.

Che cosa dobbiamo fare, dopo aver ascoltato questo passo del vangelo?

Non dobbiamo smettere di cercare il Signore Gesù e di curare la nostra amicizia con lui. Se faremo questo, non cadremo nell’indifferenza verso Gesù e verso quelli che lo cercano senza averlo ancora incontrato. Infatti, come abbiamo detto, sono tanti quelli che cercano Gesù, tanti quelli che Dio chiama ad incontrare il Figlio suo. Dobbiamo andare incontro a loro con la testimonianza della vita e l’annuncio del vangelo. Gesù è la luce annunciata dal profeta, di cui dobbiamo rivestirci, perché i lontani siano attirati a lui. Dobbiamo rivestirci della luce di Gesù, vivendo alla sua presenza, facendo nostri i suoi pensieri e i suoi atteggiamenti. Dobbiamo poi annunciare il vangelo come l’apostolo Paolo, perché quanti sono disponibili a Dio, sentano la sua chiamata a seguire il Figlio suo Gesù e condividano con noi la stessa eredità, formino lo stesso corpo e siano partecipi della stessa promessa.

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1 gennaio 2019 – Solennità di Maria SS. Madre di Dio

Liturgia della Parola: 1lettura: Nm 6,22-27 – Salmo responsoriale: Sal 66 – 2lettura: Gal 4,4-7 –  Vangelo: Lc 2,16-21.

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Parola del Signore

Omelia

Abbiamo ascoltato nella prima lettura che, su ordine di Dio, i sacerdoti benedicevano gli israeliti, chiedendo a Dio di far risplendere il suo volto sul popolo: «Il Signore faccia risplendere per te il suo volto/e ti faccia grazia./Il Signore rivolga a te il suo volto/e ti conceda pace». Nel Salmo sono gli israeliti che chiedono a Dio di far risplendere su di loro il suo volto: «Dio abbia pietà di noi e ci benedica,/su di noi faccia splendere il suo volto». Nell’AT era assolutamente proibito rappresentare il volto di Dio, perché nella teofania del Sinai Dio aveva fatto udire la sua voce, ma non aveva mostrato il suo volto. E quando Mosè aveva chiesto a Dio di mostrargli la sua gloria, gli era stato risposto che non poteva vedere il suo volto. Se leggiamo i Salmi troviamo tante volte da parte degli oranti l’invocazione a Dio di rivolgere loro il suo volto, pur sapendo che non avrebbero potuto vederlo. Il volto di Dio è fonte di benedizione cioè di vita, perché dovunque Dio volge il suo volto fiorisce la vita. Per questo il penitente del salmo 50, per ottenere l’effetto contrario, chiede a Dio di distogliere il volto dal suo peccato, perché altrimenti continuerà a sussistere e a provocargli rimorso.

Ebbene questo volto di Dio, che nell’epoca dell’Antico Testamento era invisibile agli uomini, a noi si è mostrato in forma umana in Gesù Cristo. E’ lui il volto di Dio che hanno invocato e desiderato vedere tutti i giusti e i profeti dell’AT. Attraverso Gesù Cristo ci è venuta la pienezza della benedizione, la pienezza della vita. Infatti la benedizione nell’AT veniva data agli uomini in misura parziale e per la vita sulla terra. La benedizione consisteva in una lunga vita, nella riuscita dei progetti, soprattutto nel dono dei figli. Nell’epoca del Nuovo Testamento attraverso Gesù Cristo ci viene donata la pienezza della benedizione, lo Spirito Santo, la stessa vita divina, sorgente di vita immortale. E tutto questo Dio lo ha compiuto per mezzo della Vergine Maria, madre di Gesù e quindi madre di Dio. Infatti Gesù è il Figlio di Dio, un solo Dio con il Padre e con lo Spirito Santo. Quando diciamo che la Madonna è madre di Dio vogliamo dire che Dio entrando nella nostra storia si è fatto veramente uomo ed è nato da donna come diceva l’apostolo nella seconda lettura. Non vogliamo dire che Dio nella sua eternità ha una madre, perché Dio è principio di tutte le cose e non c’è nulla che lo preceda, ma tutto ciò che esiste deriva da lui. Anche la Vergine Maria è una sua creatura. Ma quando Dio ha deciso di farsi uomo come noi, si è scelto una madre, la Vergine Maria, ed è nato da lei come nasce qualsiasi bambino che viene nel mondo. Dicendo che la Madonna è madre di Dio, diciamo che Dio si è fatto uomo veramente. Dalla Madonna Gesù, il Figlio di Dio, ha preso un corpo e un volto umano. Così finalmente Dio ci ha mostrato il suo volto nel volto umano di Gesù di Nazareth. Accogliendo Gesù, anche noi siamo diventati figli di Dio mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato in dono, per cui possiamo rivolgerci a Dio chiamandolo: “Padre”, e possiamo rivolgerci alla Vergine Maria, chiamandola: “Madre”, mamma nostra, madre dei peccatori. Infatti come è stata sempre vicina al Figlio Gesù nell’opera della salvezza, così continua ad essere presente nella chiesa accompagnando con amore materno tutti noi in questo pellegrinaggio terreno verso la patria del cielo.

«Santa Maria, madre di Dio,/ prega per noi peccatori,/ adesso e nell’ora della nostra morte. Amen».

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30 dicembre 2018 – Festa della Santa Famiglia

Liturgia della Parola: 1lettura: 1Sam 1,20-22.24-28 – Salmo responsoriale: Sal 83 – 2lettura: 1Gv 3,1-2.21-24 –  Vangelo: Lc 2,41-52.

Dal Vangelo secondo Luca

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Parola del Signore

Omelia

La liturgia di questo giorno ci fa contemplare la santa Famiglia di Nazareth, Gesù, Giuseppe e Maria. Nella preghiera all’inizio della messa abbiamo chiesto a Dio la grazia che fioriscano nelle nostre famiglie le stesse virtù e lo stesso amore della Santa Famiglia.

Ma quali sono le virtù della santa Famiglia e com’è l’amore che si vive in essa?

Nel vangelo abbiamo ascoltato che Giuseppe e Maria si recavano tutti gli anni a Gerusalemme in occasione della Pasqua. Il pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme non era obbligatorio ma i genitori di Gesù lo facevano ogni anno. Gli israeliti credevano che nel tempio si poteva sperimentare l’intimità con Dio. Nel Salmo abbiamo ascoltato quello che pensava un pellegrino che stava per recarsi al tempio di Gerusalemme: «Quanto sono amabili le tue dimore,/Signore degli eserciti!L’anima mia anelae desidera gli atri del Signore./Beato chi abita nella tua casa». I genitori di Gesù, che si recano ogni anno al tempio di Gerusalemme, lo fanno col desiderio di stare in intimità con Dio e vivere nella sua amicizia. La virtù fondamentale della loro famiglia è dunque il timore di Dio, cioè quella di mettere Dio al primo posto. Come genitori Giuseppe e Maria hanno inculcato questa virtù anche al loro figlio, a tal punto che, mentre loro, finito il pellegrinaggio, prendono la via del ritorno, il fanciullo Gesù invece rimane nel tempio. Quando lo ritrovano dopo tre giorni, la madre gli chiede: «Figlio, perché ci hai fatto questo?», richiamandolo all’osservanza del quarto comandamento: «Onora il padre e la madre». Ma Gesù, educato nel timore di Dio, risponde richiamando il primo comandamento, secondo cui bisogna mettere Dio al primo posto: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio». Come a dire: io sono figlio vostro ma sono soprattutto figlio di Dio. Questo vale anche noi per ciascuno di noi, poiché col battesimo siamo diventati figli di Dio.

In questa famiglia dove Dio è messo al primo posto, il fanciullo Gesù è obbediente ai genitori e, man mano che cresce in età cresce insieme nell’amicizia con Dio: «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini». La sapienza è la conoscenza di Dio e la grazia è la sua benevolenza. E tutto questo dipende dal fatto che i suoi genitori mettono Dio al primo posto. Nella Santa Famiglia dunque regna l’amore di Dio.

Dobbiamo riconoscere con sincerità che molte famiglie, sedicenti cristiane, hanno messo al primo altre cose. Non hanno cacciato Dio ma lo pongono insieme ad altri interessi. Ma se Dio non viene messo al primo posto, vuol dire che non è riconosciuto come Dio. I fanciulli, sensibili alle inclinazioni dei genitori, percepiscono tutto questo e non hanno voglia di venire a messa la domenica. Non vedono l’ora di ricevere la cresima per allontanarsi del tutto dalla comunità. Dobbiamo renderci conto che tutti i mali delle famiglie dipendono dal fatto che non mettono Dio al primo posto. Da questo deriva che l’armonia nella coppia si logora sempre più, i figli non crescono nell’amicizia di Dio e sono inclini ad ogni cattiva strada. Tutto questo si ripercuote sulla comunità cristiana che è un insieme di famiglie. Molti sedicenti cristiani nella vita quotidiana si comportano come quelli che non credono. Di contro ci sono diverse famiglie cristiane che sono animate dal timore del Signore, Dio è al centro dei loro interessi, e si impegnano ad educare cristianamente i figli con l’esempio di una vita di fede. Queste famiglie sono un segno di speranza per la chiesa, perché da loro dipende il futuro della comunità cristiana.

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25 dicembre – Solennità di Natale – Messa del giorno

Liturgia della Parola: 1lettura: Is 52,7-10 – Salmo responsoriale: Sal 97 – 2lettura: Eb 1,1-6 –  Vangelo: Gv 1,1-18.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di luie senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

Parola del Signore.

Omelia

Oggi ricordiamo la nascita di Gesù Cristo a Betlemme di Giudea. Gesù per noi cristiani è il Figlio di Dio, un solo Dio con il Padre. Per comprendere la portata di questo avvenimento dobbiamo fare alcune considerazioni.

Gli uomini di tutti i tempi e di ogni luogo hanno sempre pensato che il mondo è stato fatto e sia retto da un dio o anche più divinità. Si sono poi poste domande sugli enigmi della vita umana, primo fra tutti la sofferenza e la morte. Sono nate così le religioni che cercano di stabilire un contatto con Dio e di rispondere alle domande esistenziali. Le religioni del mondo sono il tentativo degli uomini di entrare in relazione con Dio. Quindi in sé stesse le religioni sono positive, perché mantengono viva negli uomini la tensione verso Dio. Ma essendo opera dell’uomo possiedono dei limiti, soprattutto per quanto riguarda l’immagine di Dio. Alcune religioni hanno attribuito a Dio cose aberranti come la brama di sacrifici umani. Gli Aztechi del Messico, per esempio, prima dell’avvento del cristianesimo, offrivano al loro dio ogni giorno trenta giovani, a cui veniva strappato il cuore da vivi. Pure la religione greco-romana conosceva i sacrifici umani, anche se in casi meno frequenti. Le religioni hanno proiettato in Dio quelli che sono i limiti e i peccati degli uomini: invidia, vendetta, ira, passioni amorose.

Nel cristianesimo non sono gli uomini che cercano di entrare in contatto con Dio ma è Dio che si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Noi cristiani infatti non crediamo vagamente in Dio ma crediamo che Dio si è fatto uomo, che Gesù Cristo è Dio. Crediamo questo non da noi stessi ma perché Gesù ha detto di essere il Figlio di Dio e un solo Dio con il Padre. La venuta di Gesù si colloca al culmine di una lunga storia: «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio». Dio aveva parlato ad Abramo, Isacco e Giacobbe, a Mosè e al re Davide, e poi per bocca dei profeti, infine si rivela pienamente in Gesù Cristo suo Figlio. Gesù ci rivela la caratteristica fondamentale della personalità di Dio che è l’amore, un amore che non esclude nessuno, un amore che ama sempre anche quando costa. Difatti a Gesù è costato tantissimo venire sulla terra, condividere i nostri disagi e le nostre sofferenze, accettare e subire il male del mondo, senza rendere male per male ma vincendo il male con il suo amore.

Che cosa dobbiamo fare davanti a Dio che si rivela in Gesù Cristo?

Dobbiamo credere in Gesù e lasciarci amare da lui, sperimentare l’amore di Dio. Il cristianesimo non è un’etica come pensano alcuni cristiani. Questi fratelli affermano che compiono il bene da se stessi e non hanno bisogno di venire in chiesa. Chi ragiona così è come se dicesse che può ottenere la salvezza con le proprie forze, e quindi implicitamente dice che è stato inutile che Gesù nascesse e poi morisse sulla croce. Il cristianesimo è innanzitutto credere in Gesù e lasciarsi amare da lui per imparare ad amare come lui. L’amore che Gesù ci insegna è quello vero, donato gratuitamente senza interesse. Senza quest’amore non è possibile amare il prossimo quando diventa un peso, non è possibile amare cercando la felicità del prossimo, non è possibile amare veramente. Allora comprendiamo perché succede che in una coppia quando lui diventa un peso la moglie lo molla e la stessa cosa quando lei diventa un peso lui la molla. Comprendiamo perché i figli scaricano i genitori anziani e malati diventati un peso. In queste situazioni viene fuori il limite dell’amore umano che per continuare ad amare ha bisogno dell’amore di Dio che Gesù Cristo è venuto a donarci. Solo amando come Gesù ci ha insegnato, spendendo la nostra vita per gli altri, potremo essere felici. Come è possibile che io sia felice, spendendomi per gli altri e non trattenendo nulla per me stesso? Questo è il paradosso della vita cristiana. Il mondo dice che per essere felici bisogna pensare a sé stessi, bisogna essere egoisti, Gesù dice che per essere felici bisogna pensare agli altri. Provare per credere.

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25 dicembre – Solennità di Natale – Messa dell’aurora

Liturgia della Parola: 1lettura: Is 62,11-12 – Salmo responsoriale: Sal 96 – 2lettura: Tt 3,4-7 –  Vangelo: Lc 2,15-20.

Dal Vangelo secondo Luca

Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

Parola del Signore

Omelia

L’evangelista sapeva bene che nel suo tempo i pastori era discriminati al punto che una loro testimonianza in un tribunale non aveva alcun peso. E tuttavia dovendo registrare i fatti come sono accaduti, ha annotato che i primi testimoni della nascita di Gesù sono stati dei pastori. Se avesse inventato i fatti, non avrebbe certamente messo dei pastori come testimoni, perché sapeva bene che non avevano alcuna credibilità.

Quando Dio interviene nella storia, spesso contesta le convenzioni umane e soprattutto le discriminazioni. Leggendo la Bibbia, vediamo per esempio che Dio quando chiama qualcuno per affidargli una missione importante non è mai il figlio primogenito, che veniva privilegiato dalle convenzioni del tempo. Nel racconto dell’annuncio della nascita di Sansone, l’angelo appare due volte e sempre alla madre. La seconda volta la donna va a chiamare il marito, il quale una volta giunto dall’angelo gli chiede di riferire a lui quello che ha detto alla moglie. La donna come i pastori non godeva in quel tempo di alcuna credibilità. L’angelo risponde al marito che ha già detto tutto alla moglie e non deve aggiungere nulla. Nei racconti di vocazione vediamo che Dio chiama sempre gli uomini che sembrano meno adatti a compiere la missione che intende affidar loro. Mosè è un balbuziente e Dio lo chiama per essere il suo inviato presso il faraone. Davide è un pastore di pecore e Dio lo chiama per essere re d’Israele. Geremia è un giovane inesperto e timido e Dio lo manda ad annunciare la sua parola al popolo. Il modo di agire di Dio appare imprudente e destinato all’insuccesso. Chi crederà a quello che diranno i pastori? Se l’annuncio dei pastori è arrivato sino a noi, è perché sono stati strumenti di Dio. Nel loro limite risalta la potenza di Dio. Dio stesso, facendosi uomo, ha voluto nascere in una famiglia povera e come ultimo tra gli ultimi. Con il suo comportamento Dio ci vuole dire che le persone non valgono per quello che possiedono e per le qualità umane che hanno ma per quello che sono. Ognuno di noi infatti è prezioso agli occhi di Dio il quale si è fatto uomo proprio per farci conoscere il suo amore e per salvarci. Non siamo noi ad amare Dio ma è lui che ci ama a prescindere dalle nostre opere. Uscendo da questa assemblea e ritornandocene a casa, meditiamo sull’amore di Dio verso di noi e ringraziamolo. Testimoniamo con la nostra vita l’amore ricevuto da Dio, amando il prossimo, soprattutto gli ultimi e gli esclusi, che sono i prediletti di Dio.

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25 dicembre – Solennità di Natale – Messa della notte

Liturgia della Parola: 1lettura: Is 9,1-6 – Salmo responsoriale: Sal 95 – 2lettura: Tt 2,11-14 –  Vangelo: Lc 2,1-14.

Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:«Gloria a Dio nel più alto dei cielie sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Parola del Signore

Omelia

Gesù nasce a Betlemme di Giudea quando la Palestina era sotto il dominio dei romani. In quel tempo governava l’impero Cesare Ottaviano Augusto, il quale considerava sé stesso un dio venuto sulla terra a salvare gli uomini inaugurando un’era di pace. Il racconto della nascita di Gesù prende avvio con la menzione del decreto di Cesare Augusto che costringe Giuseppe e Maria a recarsi a Betlemme per essere censiti.

Leggendo con attenzione il racconto ci accorgiamo che Augusto, senza saperlo, è al servizio del progetto di Dio, il quale per bocca del profeta aveva preannunziato che il suo Cristo sarebbe nato a Betlemme. Quindi il vero signore della storia non è Augusto, che non conosce nemmeno il giorno della sua morte, ma Dio, il quale conosce in anticipo quello che accadrà e, rispettando le azioni libere di ogni uomo, fa sì che tutto concorra alla realizzazione del suo progetto di salvezza. Questo Dio nascosto, che cercano tutti i seguaci delle religioni del mondo, e che ha parlato ai Padri del popolo d’Israele ed ha parlato per mezzo dei profeti, ha voluto farsi uomo come noi. Ed è entrato nella storia seguendo tutte le fasi della nascita e crescita umane.

A Natale noi ricordiamo che Dio si è fatto uomo in Gesù Cristo. Il bambino nato a Betlemme di Giudea in una stalla, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia è il Figlio di Dio, un solo Dio con il Padre. E’ lui il salvatore e non Augusto, è lui che viene a portare la pace vera. E’ una cosa talmente inaudita ed incredibile che nessuno immaginerebbe senza una rivelazione dall’alto. Per questo Dio ha mandato il suo angelo ad informare gli uomini. L’angelo non va da Erode, il quale, dopo aver appreso la notizia, cercherà di uccidere il bambino. Non va da Augusto che sicuramente lo avrebbe deriso. L’angelo si reca da umili pastori che vegliano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. I pastori erano in quel tempo discriminati al punto che la loro testimonianza in un processo non aveva alcun valore. Se l’evangelista avesse inventato i fatti, conoscendo la poca credibilità di cui godevano i pastori, non li avrebbe scelti come testimoni.

Ma perché Dio si è fatto come noi? Qual è il motivo che lo ha spinto a venire a condividere la nostra vita sulla terra?

Perché ci ama e noi siamo preziosi ai suoi occhi. Gli angeli proclamano: «Pace in terra agli uomini che egli ama» Allora dobbiamo sperimentare l’amore di Dio che si è rivelato in Gesù Cristo nato a Betlemme. L’angelo dice ai pastori: «Vi annuncio una grande gioia». Il vangelo di Luca si conclude con l’annotazione che i discepoli di Gesù dopo la sua ascensione se ne ritornarono a casa con grande gioia. La vita di Gesù sulla terra incomincia con l’annuncio di una grande gioia e si conclude con la grande gioia dei suoi discepoli.  L’amore di Dio in Gesù Cristo dunque provoca in chi lo sperimenta una grande gioia, la gioia della salvezza.