Meditazioni Natale 2021

9 gennaio  2022 – Battesimo del Signore C

Liturgia della Parola: 1lettura: Is  40,1-5.9-11- Salmo responsoriale: Sal 103 – 2lettura: Tt 2,11-14; 3,4-7 – Vangelo: Lc 3,15-16.21-22

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».

Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Parola del Signore

Omelia
Giovanni il Battista con la sua predicazione ha ravvivato nel popolo d’Israele l’attesa del Cristo. Quest’attesa nasce con la promessa di Dio al re Davide e poi viene mantenuta viva dai profeti che annunciano le profezie sul futuro Cristo. Giovanni il Battista predica la venuta ormai imminente del Cristo e perciò con la parola e con l’esempio invita gli uomini a prepararsi ad accoglierlo convertendosi. Gli israeliti, colpiti dalla sua predicazione e dalla sua testimonianza, incominciavano a domandarsi in cuor loro se non fosse lui il Cristo. Giovanni allora, prevenendoli, spiega con chiarezza che il Cristo sta per venire: Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».

Agli inviati dei capi religiosi che gli chiedevano chi fosse Giovanni rispose, citando la prima lettura di oggi: Io sono voce di uno che grida nel deserto: rendete diritta la via al Signore, come disse il profeta Isaia.

Mescolato insieme alla gente, anche Gesù Cristo va da Giovanni per farsi battezzare. Lo fa non perché abbia bisogno di conversione ma per compiere la volontà di Dio, secondo cui il Figlio deve condividere la nostra condizione umana in tutto, eccetto il peccato. Per questo Gesù va a farsi battezzare, come poi accetterà la sofferenza e la morte di croce. Quando Gesù riceve il battesimo, avviene una manifestazione delle Persone divine, che rivelano la sua identità e la sua missione. Lo Spirito Santo discende su di lui come colomba, indicandolo come il germoglio di Davide, su cui, secondo il profeta Isaia (Is 11,1-2), si sarebbe posato lo Spirito Santo, la voce del Padre lo riconosce suo Figlio (Sal 2,7), alludendo con le parole di Is 42,1: in te ho posto il mio compiacimento alla sua missione di servo sofferente.

Il battesimo che Gesù riceve da Giovanni è solo acqua, ma con la sua presenza e con la manifestazione dello Spirito e del Padre lo trasforma nel suo battesimo. Il battesimo di Gesù è un sacramento, in cui c’è sempre l’elemento visibile dell’acqua, ma i veri protagonisti sono il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. Infatti siamo stati battezzati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Nel sacramento del battesimo che Gesù ha comandato ai discepoli di amministrare a tutti quelli che crederanno in lui si ricevono i frutti della sua pasqua, il perdono dei peccati e la rigenerazione alla vita di figli di Dio. Il battesimo non si limita a togliere il peccato originale e, nel caso degli adulti, anche gli altri peccati, ma rigenera alla vita nuova dei figli di Dio. Il battesimo ci unisce a Gesù Cristo come i tralci alla vite, mentre su di noi discende lo Spirito Santo, e il Padre, secondo San Cirillo di Gerusalemme, dice anche di ciascuno di noi quello che disse di Gesù: Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento.

Il giorno del battesimo i nostri genitori si sono impegnati a seguire Gesù che insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Poco prima del battesimo ci sono le promesse battesimali in cui i genitori e i padrini rinunciano a satana e a tutte le sue seduzioni, e si impegnano a credere nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo.

I nostri genitori si sono impegnati dunque a rinunciare a satana e alle sue seduzioni, detto con altre parole a rinnegare l’empietà e i desideri mondani. Il demonio è il padre dell’empietà perché si è ribellato a Dio e alla sua legge. L’empietà si manifesta nell’uomo che non vuole riconoscersi creatura di Dio e rifiuta la legge morale da lui stabilita. Quando uno non vuole riconoscere il proprio peccato come tale, pretendendo di stabilire da sé ciò che è bene e ciò che è male, oltre al peccato che ha compiuto pecca di empietà, perché rifiuta la sua condizione di creatura che dipende da Dio. L’empietà è il peccato del demonio, che non vuole riconoscere il proprio peccato e perciò non si converte. Quando uno pecca ma riconosce il proprio peccato è come un malato che riconosce la propria malattia e, se vuole, convertendosi può essere guarito dal suo male. Quando un malato non vuole riconoscere la propria malattia non c’è speranza che guarisca. Così avviene per l’uomo empio, che non vuole riconoscere il proprio peccato come tale. Fino a quando ragiona così, non c’è speranza di conversione. I desideri mondani sono poi le esche con cui il demonio ci attira a sé per distrarci da Dio. I desideri mondani si rivolgono ai piaceri, al possesso delle cose e al successo, o in modo illecito o in modo esagerato, facendone degli idoli.

Credere in Dio Padre e Figlio e Spirito Santo comporta in positivo delle conseguenze nell’agire del cristiano. L’apostolo dice che Gesù ci insegna a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà. La sobrietà verso noi stessi, vigilando perché il demonio non semini nei nostri cuori le sue suggestioni cattive; la giustizia verso il prossimo, non facendo del male a nessuno; la pietà verso Dio, riconoscendolo Signore della nostra vita. L’apostolo diceva anche che Gesù ci vuole zelanti nelle opere buone. Evitare il male è solo il punto di partenza, poi dobbiamo impegnarci con zelo, cioè con sollecitudine e prontezza a fare il bene.

Con il battesimo entriamo a far parte del popolo di Dio che è la chiesa, e aspettiamo con speranza la realizzazione delle promesse di Dio. Quello che Dio opera in noi per mezzo di Gesù Cristo è solo un anticipo di quello che ci darà. Tutto questo che ho raccolto dalla seconda lettura nel catechismo viene espresso in modo sintetico: Il battesimo ci libera dal peccato originale, ci rende figli di Dio, tempio dello Spirito Santo, membri della chiesa ed eredi del paradiso.

L’apostolo ci diceva un’altra cosa molto importante, tutto quello che Dio ha fatto per noi per mezzo di Gesù Cristo non è una ricompensa ai nostri meriti ma è un dono gratuito della sua misericordia. La misericordia è una caratteristica di Dio, il quale, come ci ricorda il salmo, si prende cura di tutte le sue creature. Per vivere da cristiani dunque dobbiamo far nostro l’impegno che i nostri genitori hanno preso per noi quando ci hanno portato al battesimo, e metterlo in pratica giorno per giorno, nelle scelte e nelle decisioni da prendere. In una parola dobbiamo amare come Gesù ci ha insegnato, anche quando amare costa sacrificio ed è una croce. Solo amando come Gesù, Dio Padre continuerà a compiacersi in noi. Chiediamo alla Vergine Maria che ci aiuti con la sua preghiera ad essere fedeli alle promesse del battesimo, imitando il Figlio suo Gesù, perché Dio porti a compimento l’opera che ha incominciato in noi e ci conduca alla vita eternamente felice del paradiso.

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6 gennaio  2022 – Epifania del Signore

Liturgia della Parola: 1lettura: Is  60,1-6- Salmo responsoriale: Sal 71 – 2lettura: Ef 3,2-3a.5-6 – Vangelo: Mt 2,1-12.

Dal vangelo secondo Matteo

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Parola del Signore

Omelia
La festa di oggi viene chiamata Epifania, perché il Figlio di Dio si manifesta nella natura umana ai Magi che vanno a fargli visita. Gli studiosi hanno fatto diverse ipotesi sull’identità dei Magi. Alcuni hanno pensato che fossero degli astrologi, provenienti dalla Mesopotamia, dove l’astrologia era praticata sin dall’antichità. Altri hanno ipotizzato che fossero dei sapienti, paragonabili ai filosofi della Grecia. Secondo la tradizione popolare sarebbero dei re. Al di là di queste ipotesi, la cosa certa è che sono dei pagani e non appartengono al popolo d’Israele. Anche riguardo alla stella sono state fatte diverse ipotesi, ma forse vuole significare che Dio si serve della creazione per mettere gli uomini sulle sue tracce. La prima rivelazione di Dio avviene nella creazione che ci parla di lui, come un’opera d’arte ci parla dell’artista che l’ha fatta. Dio spinge i Magi a cercarlo e li conduce al Figlio suo Gesù. Dio infatti si rivela pienamente in Gesù Cristo, che si è fatto uomo come noi. In questi giorni abbiamo ascoltato più volte il Prologo del vangelo di Giovanni in cui si dice che il Verbo ha portato la grazia e la verità, ha portato la piena rivelazione di Dio.  

Ma per arrivare a Gesù i Magi devono consultare i Giudei depositari dei libri contenenti la rivelazione storica di Dio. La stella li conduce fino a Gerusalemme e qui i Magi domandano: Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo. Dai Giudei apprendono che secondo la profezia il Cristo deve nascere a Betlemme di Giudea. Ripartono da Gerusalemme e la stella che li aveva guidati riappare e li conduce fino al luogo dove si trova il bambino Gesù. I Magi tributano a Gesù onori divini e regali, lo riconoscono come Dio e come re. Questo lo si comprende dai gesti che compiono:  si prostrarono e lo adorarono, e dai doni che gli offrono: oro, incenso e mirra. I Magi rappresentano la primizia dei popoli pagani che si sarebbero convertiti in massa a Gesù Cristo con la predicazione del vangelo.

I profeti d’Israele avevano preannunciato questo fatto. Il profeta Isaia nella prima lettura parla della conversione dei popoli pagani al Dio d’Israele. Il profeta si rivolge a Gerusalemme, la capitale della nazione giudaica, come se fosse una persona:

Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce,
la gloria del Signore brilla sopra di te…

Il Signore Dio d’Israele è immaginato come un sole che illumina il suo popolo. Il Signore, secondo le parole del profeta, viene ad illuminare il suo popolo e alla venuta del Signore:

Cammineranno le genti alla tua luce.

I popoli pagani si volgeranno alla luce di Israele, al suo Dio, evidentemente convertendosi a lui.

Il salmista comanda ai re e ai popoli pagani di riconoscere la regalità universale del Messia del Signore:

I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba e di Seba offrano doni.
Tutti i re si prostrino a lui,
lo servano tutte le genti.

Queste profezie hanno incominciato a realizzarsi con la predicazione del vangelo. Da allora è iniziata la conversione dei popoli della terra al Dio d’Israele che si è rivelato in Gesù Cristo. Questa conversione è tutt’ora in atto. Non è percepibile in Occidente, dove è più visibile il movimento contrario, ma è ben visibile in Africa, in Asia e in altre parti del mondo, dove continuano ininterrottamente le conversioni a Gesù Cristo. Ma anche qui in Occidente, se per esempio si vanno a vedere i dati delle diocesi francesi sul catecumenato, cioè la preparazione degli adulti al battesimo, si scopre che molti musulmani o persone che fino a ieri non professavano alcuna religione, hanno conosciuto Gesù Cristo e si convertono a lui. 

L’apostolo Paolo nella seconda lettura parla del mistero di Dio, cioè del suo progetto di salvezza, rimasto nascosto fino alla venuta di Gesù. Dio da sempre aveva stabilito che gli uomini di tutti i popoli dovessero formare con Gesù un corpo solo, una sola famiglia, la chiesa: le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.

Nel racconto evangelico i Magi, pagani, sono alla ricerca del Messia che è nato, gli israeliti, che aspettavano il Messia, appresa la notizia si turbano e si mostrano indifferenti. Non fanno nulla per verificare se le parole dei Magi sono vere o meno. Il re Erode cercherà il bambino per ucciderlo, ma gli altri israeliti non fanno nulla, sono completamente indifferenti. Questo atteggiamento preannuncia il futuro rifiuto di Gesù da parte del suo popolo. Quindi succede che i pagani che erano nelle tenebre dell’ignoranza, accogliendo e credendo in Gesù, passano nella luce della verità, gli israeliti che erano nella luce, in quanto possedevano la rivelazione dell’AT, rifiutando Gesù Cristo, passano nelle tenebre del peccato.

Questo duplice movimento si compie anche oggi. Come dicevamo, molti che ignoravano Gesù Cristo, lo conoscono e si convertono a lui, ma ahimè! Molti cristiani, dopo aver conosciuto Gesù Cristo, si allontanano da lui e lo abbandonato. Le chiese dell’Europa stanno sperimentando una grande apostasia da parte di tanti cristiani che abbandono la fede.

Da quello che abbiamo ascoltato e meditato derivano alcune conseguenze pratiche. Innanzitutto dobbiamo rendere sempre più sicura la nostra fede in Gesù Cristo. Non c’è nulla di scontato e di definitivo su questa terra. L’abbandono della fede da parte di tanti fratelli non è avvenuto all’improvviso ma è stato frutto di un lento cammino di separazione da Gesù Cristo. Il primo passo in questa direzione è la diserzione della messa domenicale. Il secondo passo è poi l’omissione delle preghiere quotidiane. Una volta compiuti questi passi, basta poi una difficoltà, una tribolazione o la perdita di una persona cara a completare l’opera di rinnegamento. Per evitare di prendere questa strada bisogna curare il rapporto con Gesù, bisogna nutrire la fede in lui con la preghiera quotidiana e la messa domenicale. Come nutriamo il nostro corpo con i pasti quotidiani, così dobbiamo pregare ogni giorno per nutrire la fede. Nessuno si sogna di saltare un pasto perché ha mangiato il giorno prima, oppure perché mangerà domani. Invece nel cammino di fede molte volte saltiamo la messa domenicale o la preghiera quotidiana, adducendo giustificazioni di questo tipo: ho pregato già ieri, pregherò domani, andrò a messa la prossima domenica.

La seconda conseguenza è che dobbiamo andare incontro agli uomini del nostro tempo annunciando loro Gesù Cristo. Dalla vicenda dei Magi sappiamo che Dio attira gli uomini al Figlio suo Gesù. Anche oggi Dio sta operando in tal senso. Non sappiamo quali siano gli uomini che si sono aperti a Dio e sono alla ricerca della verità. Per questo Gesù ci manda ad annunciare il vangelo a tutti gli uomini. Dobbiamo annunciarlo con la vita e con le parole. In noi ci deve essere il desiderio di Dio che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza del Figlio suo Gesù formando con lui la chiesa. Se c’è in noi questo desiderio, Dio poi creerà le occasioni in cui potremo parlare di Gesù a chi lo sta cercando come i Magi.

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1 gennaio 2022 Maria SS. Madre di Dio

Liturgia della Parola: 1lettura: Nm 6,22-27- Salmo responsoriale: Sal 66 – 2lettura: Gal  4,4-7 – Vangelo: Lc 2,16-21.

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.

I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Parola del Signore

Omelia
Questo brano del vangelo è stato proclamato il giorno di Natale alla messa dell’aurora. In quell’occasione ci siamo soffermati a considerare la testimonianza dei pastori a Gesù bambino, oggi ci soffermiamo a considerare l’atteggiamento della Madonna: Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.

Che cosa sono tutte queste cose di cui parla l’evangelista? L’esperienza dell’annunciazione, della visita ad Elisabetta e la visita dei pastori. Maria custodiva nel suo cuore queste esperienze e le parole che aveva udito da parte dell’angelo, di Elisabetta e ora dei pastori. L’angelo le aveva detto: Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine. Elisabetta le aveva detto: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? I pastori riferivano le parole dell’angelo e dicevano che il bambino avvolto in fasce era Cristo Signore.

Custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore. Origene, uno scrittore ecclesiastico del III secolo, dice che la Madonna meditando tutto quello che le era stato detto dall’angelo, da Elisabetta e dai pastori, trovava che le parole di tutti costoro erano concordi nell’affermare che il bambino nato da lei era Dio. Nella seconda lettura l’apostolo ha detto: quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna. Il Figlio Gesù Cristo è Dio come il Padre e perciò la Madonna che lo ha generato è madre di Dio.

Quando chiamiamo la Madonna madre di Dio non vogliamo dire che è madre di Dio dall’eternità. Dio è il principio di tutte le cose e Maria stessa è una creatura di Dio. Ma quando Dio è entrato nella nostra storia facendosi uomo, è nato da Maria. Maria dunque è la madre di Dio nella storia umana. Dice san Cirillo di Alessandria che il titolo madre di Dio dato a Maria sottolinea che Dio si è fatto veramente uomo.

Nella prima lettura abbiamo ascoltato la formula con cui i sacerdoti benedicevano gli israeliti. E nel salmo responsoriale gli israeliti riuniti nel tempio per rendere culto a Dio invocano su se stessi la sua benedizione: Dio abbia pietà di noi e ci benedica,/su di noi faccia splendere il suo volto. Il volto di Dio, vero sole del mondo, è fonte di benedizione cioè di vita su chiunque e su qualsiasi cosa si posi. E’ un volto che gli israeliti immaginano senza mai aver visto, perché Dio si è rivelato solo con la parola, si è fatto udire senza farsi vedere. Questo volto di Dio nascosto si è rivelato in Gesù Cristo, il quale ha detto: Chi ha visto me ha visto il Padre e Io sono la luce del mondo, chi segue me non camminerà nelle tenebre ma avrà la luce della vita. Guardando a Gesù Cristo con fede noi veniamo illuminati, riceviamo ogni benedizione spirituale, la pienezza della benedizione, promessa da Dio ad Abramo. Gli effetti della benedizione di Dio prima di Gesù erano solo assaggi della vera benedizione. Dio concedeva a quelli che benediceva salute, benessere, fecondità, lunga vita. Ora a quelli che guardano a Cristo e si lasciano illuminare da lui concede la pienezza della benedizione, la partecipazione alla sua stessa vita mediante lo Spirito Santo. A tutti i suoi figli infatti, dice l’apostolo nella seconda lettura, Dio dona lo Spirito Santo: E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Lo Spirito Santo viene a completare l’opera della salvezza compiuta da Gesù Cristo. Tutto ha avuto inizio con la Madonna, che obbedendo a Dio con fede è diventata madre del Figlio di Dio. 

Santa Maria, madre di Dio,
il Figlio di Dio ha preso da te la carne umana,
e ci ha mostrato il volto di Dio, che porta in se
i tuoi lineamenti di madre.
Ai piedi della croce sei diventata madre nostra,
madre dei figli di Dio,
ottienici da lui di fare sempre
quello che il Figlio dice,
e di lasciarci guidare dallo Spirito Santo,
perché Dio Padre si compiaccia di noi
e viviamo nella pace.

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25 dicembre  2021 – Natale del Signore, Messa del giorno

Liturgia della Parola: 1lettura: Is 52,7-10- Salmo responsoriale: Sal 97 – 2lettura: Eb  1,1-6 – Vangelo: Gv 1,1-18.

Dal vangelo secondo Giovanni
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità. 
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

Parola del Signore

Omelia
Oggi ricordiamo la nascita di Gesù Cristo a Betlemme di Giudea. Il vangelo appena ascoltato ci svela la vera identità di Gesù Cristo: è il Verbo di Dio, la Parola di Dio. Le nostre parole umane sono suoni e concetti, la parola di Dio è una persona, che era con Dio sin dall’eternità. Per mezzo del Verbo Dio ha creato tutte le cose: tutto è stato fatto per mezzo di lui/ e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. Il Verbo di Dio che esisteva sin dal principio e per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose che esistono, si è fatto carne, ha assunto la nostra natura umana in Gesù Cristo: E il Verbo si fece carne/ e venne ad abitare in mezzo a noi. Lo scopo dell’incarnazione del Verbo è duplice, viene a portarci la grazia della verità, cioè ci rivela Dio, e ci chiama ad entrare in comunione intima con Dio, rendendoci figli di Dio. L’incarnazione del Verbo avviene dopo che Dio aveva parlato molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti: Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti. Il Verbo di Dio prima di farsi uomo si è fatto parola umana. Questa prima rivelazione di Dio è contenuta nei libri dell’Antico Testamento. Si tratta di una rivelazione parziale che mira a preparare la rivelazione piena di Dio in Gesù Cristo. Il vangelo diceva: Dio, nessuno lo ha mai visto:/ il Figlio unigenito, che è Dio/ ed è nel seno del Padre,/
è lui che lo ha rivelato.

Se Dio nessuno lo ha mai visto, come si spiegano le religioni del mondo? Le religioni del mondo nascono come bisogno dell’uomo di stabilire un contatto con Dio e dare risposta alle domande fondamentali della sua esistenza. Guardando il mondo che ci circonda, gli uomini di tutti i tempi, hanno intuito l’esistenza del creatore. Ogni cosa che avviene ha una causa, quindi anche il mondo deve avere una causa. Poi ci sono le domande esistenziali presenti nel cuore di ogni uomo: Perché esisto, che senso ha la mia vita, perché c’è la sofferenza, perché i malvagi a volta sembrano prosperare e i buoni soccombere, perché c’è la morte, la morte è la fine di tutto oppure è solo un passaggio ad un’altra vita? Le religioni del mondo sono opera dell’uomo che cerca di stabilire un contatto con Dio e dare una risposta alle domande esistenziali. Sono religioni umane, e come tutte le cose umane possiedono aspetti positivi e aspetti negativi. Gli aspetti negativi dipendono dal fatto che l’uomo tende a proiettare in Dio i suoi limiti, e quindi ne viene fuori un’immagine di Dio falsata. Tuttavia l’aspetto principale delle religioni umane è la ricerca di Dio da parte dell’uomo. L’incarnazione del Verbo da una parte si pone come coronamento della rivelazione del Vecchio Testamento e dall’altra si pone come risposta alla ricerca di Dio da parte dell’uomo.

In Gesù Cristo fattosi Dio ci rivela pienamente il suo volto. Per conoscere Dio come è e non come lo immaginiamo, dobbiamo guardare a Gesù, a tutto quello che ha fatto e a tutto quello che ha detto, dalla mangiatoia di Betlemme alla croce sul Golgota. La caratteristica fondamentale che scorgiamo in Gesù e quindi in Dio è l’amore. Non un amore qualsiasi, ma un amore che si mette a servizio degli altri, che si dona fino al sacrificio estremo della vita nella morte di croce. Un amore che appare debole ma che sprigiona una potenza infinita, sconfiggendo il demonio, il peccato e la morte.

L’evangelista notava sicuramente con amarezza che il Verbo venne fra i suoi e i suoi non lo hanno accolto. Per suoi l’evangelista intendeva gli israeliti, che vivevano nell’attesa del Messia. Ma quando Gesù venne in mezzo al suo popolo, gli israeliti non lo hanno accolto. Sono rimasti scandalizzati dalla sua normalità e semplicità umane. Oggi l’evangelista direbbe le stesse parole a proposito di molti cristiani che, pur avendo ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana e seguito il catechismo durante l’infanzia, non accolgono più Gesù che viene nel mondo. In questo giorno del Natale del Signore, non pensano affatto a lui. E la schiera dei cristiani che abbandonano la fede e si allontanano da Gesù sembra crescere di giorno in giorno. A questa situazione triste fa da pendant l’altra faccia della medaglia, perché sono numerosi quelli che continuano ad accogliere Gesù, sia i molti credenti e sia quelli che incominciano a credere. Dice l’evangelista:  A quanti però lo hanno accolto/ ha dato potere di diventare figli di Dio:/ a quelli che credono nel suo nome,/ i quali, non da sangue/né da volere di carne/ né da volere di uomo,/ma da Dio sono stati generati.

L’evangelista allude al battesimo, in cui Dio ci rigenera come suoi figli, rendendoci partecipi della sua vita divina. Credendo in Gesù Cristo noi abbiamo ricevuto la grande dignità di figli di Dio e possiamo rivolgerci a lui con confidenza, chiamandolo: Padre. Nel prologo abbiamo ascoltato che Giovanni il Battista ha reso testimonianza a Gesù perché tutti credessero per mezzo di lui. Nella prima lettura si parla del messaggero di buone notizie, che alcuni Padri della chiesa identificano con chiunque annuncia il vangelo di Gesù Cristo. Il Salmo con i ripetuti inviti a noi credenti a lodare il Signore e alle genti pagane ad unirsi nella stessa lode, invita implicitamente noi credenti a far conoscere alle genti le meraviglie del Signore, perché conoscendolo e credendo in lui lo lodino insieme con noi, raccontando le sue opere di salvezza. Dunque dobbiamo rendere testimonianza, con le parole e con la vita, a Dio che ha mandato il suo Figlio Gesù Cristo e ci ha liberati dal potere delle tenebre, rendendoci suoi figli. Il più grande atto di amore al nostro prossimo è di fargli conoscere Gesù e di condurlo a lui.

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Domenica 26 dicembre 2021 – Festa della Santa Famiglia

Liturgia della Parola: 1lettura: 1Sam  1,20-22.24-28- Salmo responsoriale: Sal 83 – 2lettura: 1Gv 3,1-2.21-24 – Vangelo: Lc 2,41-52.

Dal vangelo secondo Luca

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.

Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.

Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Parola del Signore

Omelia
Oggi è la festa della Santa Famiglia. Nella preghiera iniziale della messa abbiamo chiesto a Dio che fioriscano nelle nostre famiglie le stesse virtù e lo stesso amore della Santa Famiglia. Ma quali sono le virtù, e qual è l’amore della Santa Famiglia? L’evangelista all’apparenza dice molto poco della Santa Famiglia. Dobbiamo pensare che l’evangelista scrive sotto l’ispirazione di Dio e perciò scrive tutto quello che Dio ha voluto che noi sapessimo sulla Santa Famiglia, in quanto lo riteneva importante per noi.

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Ogni anno andavano a Gerusalemme al tempio per la festa di pasqua, per obbedire alla legge del Signore. Giuseppe e Maria dunque sono persone timorate di Dio. Questo lo vediamo anche da come reagiscono individualmente quando sono interpellati da Dio. Maria rispose all’angelo: Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga per secondo la tua parola. Giuseppe destatosi dal sonno fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore. Giuseppe e Maria mettono Dio al primo posto nella loro vita, e sapendo questo conosciamo anche quali sono le virtù della Santa Famiglia. Quando una coppia di sposi mette Dio al primo posto, cioè cura con attenzione il rapporto con Dio, allora in quella coppia c’è amore, concordia, fedeltà, fiducia, comprensione, aiuto, perdono. Anche se sperimentano difficoltà e crisi, riescono a superarle, poiché non confidano in se stessi ma nel Signore. Il bambino Gesù crescendo in questa famiglia apprende dai genitori l’attaccamento a Dio. Abbiamo ascoltato nel vangelo che quando in uno di questi pellegrinaggi a Gerusalemme i genitori portano con sé il bambino Gesù, che ha ormai dodici anni, questi invece di ritornarsene a casa con i genitori rimane nel tempio tra i maestri ad ascoltarli ed interrogarli. I genitori prendono la via di casa, mentre il fanciullo Gesù rimane nel tempio. Più di una mamma mi dice: mio figlio non vuole venire a messa, io lo sto costringendo a venire, ma non c’è verso. Quando i figli vedono che i genitori non sono attaccati a Dio e li indirizzano a Dio in modo superficiale, vivono la presenza a messa in modo frustrante. Ancor più se il genitore lascia il figlio a messa ed esce per fare altre cose. Qual è il messaggio che gli trasmette facendo così? La messa non è importante e se ne può fare a meno. Quando vengono da me delle coppie per prepararsi al battesimo dei loro figli, parlo loro dell’impegno che assumono di educare i figli nella fede. E per trasmettere la fede devono viverla in prima persona.

Nella prima lettura abbiamo un’altra coppia di sposi, timorati di Dio, sono i genitori del profeta Samuele. Nel brano liturgico viene omesso ma nel testo biblico si diceva poco prima che i genitori di Samuele, Elkanà e Anna, si recavano tutti gli anni a fare un pellegrinaggio al tempio del Signore che allora sorgeva a Silo. Anna non aveva figli e chiese a Dio il dono di un figlio, facendo il voto di consacrarlo a lui. Dio gli manda un figlio, che chiama Samuele, e divenuto grandicello, lo porta al tempio per consacrarlo al Signore. Samuele riceverà in seguito la chiamata di Dio che lo costituirà profeta per il suo popolo, ma è stato preparato a conoscere Dio e a corrispondere alla sua chiamata dall’educazione ricevuta dai genitori, che erano timorati di Dio.

La mamma di Gesù, come abbiamo ascoltato, gli rivolge un rimprovero: Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo. La mamma con le sue parole vuole ricordare a Gesù il quarto comandamento: Onora il padre e la madre. E’ l’unico comandamento a cui è legata una promessa: perché tu sia felice e si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore tuo Dio ti dà. Questo comandamento comporta un insieme di cose nei riguardi dei genitori. Innanzitutto rispetto, obbedienza, aiuto, soprattutto nella vecchiaia. Gesù non è un fanciullo ribelle, difatti poco dopo si dice che stava sottomesso ai suoi genitori. Ma in questo caso risponde alla mamma, ricordandole che prima dei genitori viene Dio: Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? Sono stati Maria e Giuseppe stessi che hanno insegnato al bambino Gesù a mettere Dio al primo posto. Sono loro che gli hanno insegnato l’attaccamento al tempio di Gerusalemme, il luogo dove Dio aveva posto la sua dimora.

Dio che ci ha chiamati a questo mondo facendoci nascere in una famiglia, ci chiama poi a diventare suoi figli nella grande famiglia della chiesa: Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Pa­dre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Dice San Cipriano: Nessuno può avere Dio per Padre se non ha la chiesa per madre. E’ nella chiesa che noi conosciamo Gesù Cristo, e credendo in lui e ricevendo il battesimo diventiamo figli di Dio. Noi sperimentiamo la dimensione familiare della chiesa nella parrocchia. Per questo la chiesa sparsa su tutta la terra è suddivisa in parrocchie. Quindi come curiamo i rapporti nella famiglia umana, così dobbiamo curarli nella famiglia parrocchiale. E questo potremo farlo nel migliore dei modi, curando il rapporto con Dio. Se siamo in comunione con Dio, viviamo una vita in armonia. Del bambino Gesù si dice che cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini

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25 dicembre  2021 – Natale del Signore

Liturgia della Parola: 1lettura: Is 9,1-6- Salmo responsoriale: Sal 95 – 2lettura: Tt  2,11-14 – Vangelo: Lc 2,1-14.

Dal vangelo secondo Luca

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 

Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.

Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».

E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
Parola del Signore

Omelia
Nel racconto della nascita di Gesù che abbiamo appena ascoltato emergono tre insegnamenti fondamentali: Dio guida la storia umana, Dio si rivela agli umili e li chiama a collaborare con lui, Dio inviando Gesù sulla terra dona agli uomini la sua pace. 

L’evangelista Luca ama collegare alcuni avvenimenti della storia della salvezza con avvenimenti della storia profana: In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Quando nasce Gesù la Palestina era sotto il dominio romano. L’imperatore Augusto ordina un censimento per poter tassare meglio i sudditi dell’impero. A causa del decreto di Augusto Giuseppe e Maria per farsi censire devono spostarsi da Nazareth, in cui abitano, a Betlemme. Giuseppe infatti appartiene alla casa e alla famiglia di Davide. E proprio mentre si trovano a Betlemme la moglie partorisce il bambino Gesù: lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. A prima vista sembra che sia Augusto a guidare la storia, perché con il suo decreto costringe Giuseppe e Maria a recarsi a Betlemme. La parola di Dio pronunciata dai profeti secoli prima ci mostra che l’attore principale della storia umana è Dio. Infatti aveva predetto a Davide per bocca del profeta Natan che dalla sua discendenza sarebbe nato il Cristo, e così accade, e per bocca del profeta Michea aveva predetto che sarebbe nato a Betlemme, e così accade. La parola di Dio dunque ci apre gli occhi e ci fa cogliere l’azione invisibile di Dio nella storia umana. Dio, pur rispettando la libertà di tutti gli uomini, convoglia tutte le azioni umane, sia quelle compiute secondo la sua volontà e sia quelle fatte contro la sua volontà, verso la realizzazione del suo progetto di salvezza. Alla luce della parola di Dio Augusto ci appare come un inconsapevole strumento della sua volontà. Senza il suo decreto, non si sarebbe realizzata la parola di Dio, secondo cui il Cristo sarebbe nato a Betlemme.

Dio manda il suo angelo ad informare della nascita del Cristo Signore non l’imperatore Augusto, né il re Erode, che in seguito cercherà di farlo morire, ma degli umili pastori. In quel tempo i pastori erano disprezzati a tal punto che una loro testimonianza in un processo non aveva alcun valore. Questo ci deve far comprendere che se l’evangelista avesse falsato i fatti raccontati, non avrebbe scelto dei pastori come destinatari dell’annuncio dell’angelo e primi testimoni della nascita di Gesù Cristo. L’evangelista pertanto si è limitato a raccontare i fatti così come sono avvenuti. Ma prima dei pastori Dio aveva scelto come genitori del Figlio suo, non una coppia di sposi appartenente alla nobiltà, ma una coppia appartenente al ceto più basso. Lo si comprende anche dal fatto che al momento della presentazione al tempio del bambino Gesù i genitori offrono in sacrificio una coppia di giovani colombi, che era l’offerta riservata ai poveri, a quelli che non potevano permettersi sacrifici di animali più costosi. Dio, dunque, si serve dei potenti a loro insaputa, si rivela invece ai poveri e agli ultimi della società e li chiama a collaborare con lui. Lo dirà anche Gesù in seguito ringraziando il Padre: Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. I piccoli sono i poveri di spirito a cui è riservato il regno dei cieli: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. I piccoli, i poveri di spirito, di cui si parla spesso nell’Antico Testamento e soprattutto nei Salmi, sono gli uomini che cercano Dio e confidano in lui. La loro povertà riguarda innanzitutto il loro animo aperto a Dio e poi anche la povertà di mezzi e di beni terreni. Proprio questa condizione favorisce la ricerca e la fiducia in Dio. L’uomo che vive nella prosperità è portato a trascurare Dio e a dimenticarsi di lui. La predilezione di Dio per i poveri si manifesta pienamente nel fatto che il Figlio suo facendosi uomo è nato in una famiglia povera ed è vissuto come povero di spirito.

Dio ha mandato il Figlio Gesù sulla terra per donarci la sua pace: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli/e sulla terra pace agli uomini, che egli ama». La pace di Dio non è come quella che danno gli uomini, e non consiste solo nell’assenza della guerra. La pace di Dio è quella vera perché ci riconcilia con lui, con noi stessi e con il prossimo. Questa pace scaturisce dalla morte e risurrezione di Gesù e fluisce a noi mediante i sacramenti. Questa pace è la salvezza che Dio aveva promesso per bocca dei profeti e che ora noi sperimentiamo. Il peccato infatti ci separa da Dio, genera una divisione nella nostra coscienza e ci separa dal prossimo, perché non ci fa vivere in comunione sincera con il prossimo.

Nelle parole degli angeli infine troviamo la motivazione di fondo dell’agire di Dio. Perché Dio opera e guida la storia, perché sceglie gli ultimi, e soprattutto perché manda il Figlio a donarci la pace? Perché ci ama.

Da tutto quello che abbiamo detto dobbiamo tirare alcune conseguenze pratiche. Se Dio guida la storia e non i potenti di turno, se Dio si rivela ai poveri e agli ultimi, poveri di mezzi e soprattutto poveri di spirito, se il Figlio di Dio Gesù si presenta come povero di spirito e ci dona la pace, cioè la salvezza, allora da parte nostra dobbiamo corrispondere a Dio non confidando nei potenti, negli uomini che non possono salvare, non confidando nei mezzi umani, alla ricchezza anche se abbonda non attacchiamo il cuore, dobbiamo confidare solo in Dio, mettendolo al primo posto nella nostra vita. Mettere al primo posto Dio significa che ci poniamo sotto la guida di Gesù, che lo rivela, il quale ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.