Meditazioni tempo di Quaresima 2023

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Domenica 26 marzo 2023 – V domenica di quaresima A

Liturgia della Parola: 1Lettura: Ez 37,12-14 — Salmo responsoriale: Sal 129 – 2Lettura: Rm 8,8-11 — Vangelo: Gv 11,1-45.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
Parola del Signore.

Omelia
In queste domeniche passate abbiamo ascoltato Gesù che prometteva alla samaritana l’acqua che disseta in eterno. E abbiamo compreso che quest’acqua che disseta in eterno è lui stesso in quanto ci fa conoscere e ci dona Dio. Poi Gesù si presentava come la luce del mondo e ha aperto gli occhi al cieco nato dandogli la luce della fede. Oggi Gesù si presenta come la risurrezione e la vita: Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno.  Per confermare questo Gesù poi risuscita Lazzaro dai morti, facendolo ritornare a questa vita sulla terra. Ma la vita che Gesù promette non è la vita fisica che noi viviamo sulla terra, ma la vita divina, come si capisce dalle sue parole: Anche se muore, vivrà. Muore fisicamente, ma continua a vivere della vita divina. Per intenderci meglio la vita fisica è quella regolata dal respiro e dal battito cardiaco. Il principio di questa vita è l’anima. Nella Bibbia si dice che Dio, quando creò l’uomo, plasmo con il fango la figura umana e poi alitò nelle sue narici, e l’uomo divenne un essere vivente. Dio gli ha infuso l’anima. Dio continua a fare questo per ogni uomo al momento del concepimento. Quando l’anima si separa dal corpo, c’è la morte fisica. La vita divina invece è la stessa vita di Dio. Nel vangelo di Giovanni leggiamo che Gesù apparendo la sera di pasqua ai discepoli, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo. Gesù ha comunicato ai discepoli la vita divina e lo ha fatto con ciascuno di noi nel momento del battesimo. Quando con la morte l’anima si separa dal corpo, il corpo ritorna in polvere, ma l’anima per la presenza in essa dello Spirito Santo continua a vivere, perché partecipa della stessa vita di Dio. Gesù affronta questo argomento in altre due occasioni, riportate da Giovanni nel suo vangelo. Gesù dice: Chi crede, ha la vita eterna, ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Gesù non ci promette solo la vita eterna per la nostra anima ma anche la risurrezione per il nostro corpo quando verrà nella gloria alla fine del mondo.

Risuscitando Lazzaro dai morti e facendolo ritornare a questa vita, Gesù compie un miracolo per avvalorare le sue parole e dimostrare che è la sorgente della vita. Nel vangelo in un’altra occasione si racconta che Gesù stava predicando in una casa ed era circondato da tanta gente. Alcuni portarono un paralitico su una barella e per avvicinarlo a Gesù pensarono di scoperchiare il tetto della casa e così lo calarono nel punto in cui era Gesù. Dice l’evangelista che Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: Figliolo, ti sono rimessi i peccati. Alcuni dei presenti mormoravano, perché dicevano: solo Dio può perdonare i peccati. Allora Gesù guarisce il paralitico, ordinandogli di alzarsi, di prendere la sua barella e di tornarsene a casa. Con il miracolo Gesù ha dimostrato che lui veramente ha il potere di perdonare i peccati. Nella risurrezione di Lazzaro Gesù dimostra che lui veramente è la fonte della vita e quindi dice la verità quando promette la vita eterna. Gesù fa ritornare Lazzaro a questa vita. Lazzaro poi sarebbe morto di nuovo, perché questa vita è destinata a finire. La vita eterna che Gesù ci dà non finirà mai. Con la risurrezione di Lazzaro Gesù è come se ci dicesse: Fidatevi di me quando vi prometto la vita eterna. Quando noi chiediamo a Gesù di prolungare la vita sulla terra a qualche persona a noi cara, e non veniamo esauditi, fidiamoci di Gesù, perché le ha dato una vita migliore.

Alla rivelazione di Gesù, che proclama: Io sono la risurrezione e la vita, Marta risponde con una professione di fede: Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo. La professione di fede di Marta è perfetta nel contenuto, ma da come poco dopo si comporta, comprendiamo che non ha assimilato quello che crede e quindi non ne tira le conseguenze pratiche. Quando Gesù ordina di togliere la pietra dal sepolcro, Marta obietta: Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni. Parlando così dimostra di non credere che Gesù è la fonte della vita. Conoscendo Marta, non ci possiamo meravigliare. Nel Vangelo di Luca si racconta che Gesù era andato a far visita a Marta e Maria. Maria, sedutasi ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola, Marta era tutta presa dai molti servizi. Marta non presta la dovuta attenzione alla parola del Signore. Ecco perché fa la professione di fede con la bocca, ed è anche sincera, ma non ha assimilato con la riflessione quello che dice. Questo succede a molti di noi, quando pensiamo che la cosa più importante nel nostro rapporto con Gesù sia l’emotività. E’ necessaria soprattutto la meditazione della sua parola, come fa Maria che lo ascoltava sedutasi ai suoi piedi.

La risurrezione di Lazzaro è l’ultimo miracolo compiuto da Gesù. Il primo è quello a Cana di Galilea, quando trasformò l’acqua in vino. Nel miracolo di Lazzaro appare l’umanità di Gesù che piange per la morte dell’amico, e appare insieme anche la sua divinità che lo risuscita dai morti.

L’evangelista annota che alla vista della risurrezione di Lazzaro molti Giudei credettero in Gesù. Nel seguito però si dice che i nemici di Gesù, i capi religiosi, presero la decisione di metterlo a morte. Sono gli stessi che cercavano di negare il miracolo del cieco nato e non vogliono vedere che Gesù viene da Dio. Non comprendono che mettendo a morte Gesù gli daranno l’occasione di manifestare al meglio la sua gloria.

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Domenica 19 marzo 2023 – IV domenica di quaresima A

Liturgia della Parola: 1Lettura: 1Sam 16,1b.4.6-7.10-13 — Salmo responsoriale: Sal 22 – 2Lettura: Ef  5,8-14 — Vangelo: Gv 9,1-41.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».

Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».
Parola del Signore.

Omelia
Domenica scorsa abbiamo ascoltato Gesù che prometteva alla Samaritana l’acqua viva che zampilla per la vita eterna. E poi alla fine abbiamo compreso che quest’acqua viva è Gesù stesso, in quanto ci fa conoscere Dio e ci dona Dio. Oggi Gesù si presenta come la luce del mondo, e per questo apre gli occhi al cieco, donandogli la luce della fede. Gesù è luce del mondo anche perché dà la vista al cieco ma soprattutto perché gli dona la luce della fede, cioè la capacità di riconoscere in lui, Dio. Il vangelo si conclude con la professione di fede del cieco, che crede a quello che Gesù dice di se stesso:  «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Il cieco fino a quel momento non aveva visto Gesù. Infatti Gesù lo aveva guarito mettendo del fango sui suoi occhi e poi gli aveva detto di andare a lavarsi alla piscina di Siloe. Il cieco una volta tornato non trova Gesù che si è allontanato. Quando finalmente lo vede risponde alla sua richiesta con una professione di fede: Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. E quindi mostra di aver ricevuto da Gesù la luce della fede. Non solo ha visto Gesù nella sua figura umana ma ha compreso anche chi è, il Figlio di Dio.

Gli interrogatori che il cieco subisce da parte dei nemici di Gesù lo preparano a questa professione di fede. I nemici vorrebbero che il cieco negasse il miracolo e che dicesse che Gesù è un peccatore. Invece riflettendo con onestà prima risponde che Gesù è un profeta e poi dice che per aver fatto quel miracolo deve per forza venire da Dio:  Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla. Riflettendo su quanto è avvenuto e di cui ha fatto esperienza in prima persona il cieco si apre alla luce della fede.

La fede è un dono di Gesù che ci apre gli occhi della mente per credere alla sua parola. Gesù non si limita a farci questo dono ma ci dona anche gli argomenti per credere. Questa è una cosa molto importante su cui non si insiste a sufficienza. Noi non prestiamo fede al primo che incontriamo, ma solo a chi abbiamo conosciuto essere una persona credibile. Gesù ci dà sufficienti motivi per credere in lui. Gli argomenti a favore della credibilità sono tanti. Innanzitutto le profezie dell’Antico Testamento che si sono realizzate in Gesù, e le profezie che lui ha fatto e che possiamo constatare che si realizzano nella chiesa. Poi ci sono i segni che da sempre accompagnano la vita della chiesa, come il perdono dei peccati, le espulsioni dei demoni, i miracoli, e l’assimilazione dei credenti a Gesù, cioè Gesù rende i credenti simili a lui, dà loro la capacità di fare quello che ha fatto lui, mettersi al servizio del prossimo, perdonare i nemici, dare la vita per i fratelli. La valutazione onesta di tutto ciò ci apre o ci rafforza nella fede.

Vediamo che i nemici di Gesù, farisei e giudei, sono prevenuti nei suoi riguardi e fanno di tutto per negare l’evidenza del miracolo e quindi che Gesù viene da Dio. Ostinandosi in questa chiusura perdono anche quel po’ di luce che avevano e sprofondano nella cecità spirituale. Il cieco e i nemici di Gesù fanno un cammino al contrario. Il cieco passa dalle tenebre alla luce, i nemici di Gesù passano dalla luce della ragione alla cecità spirituale, perché si chiudono alla luce. Quest’ultimo comportamento è un pericolo che incombe su ciascuno di noi.

Da qui la necessità di custodire gelosamente la luce della fede che Gesù ha acceso in noi nel battesimo, vivendo con la vita rivolta a lui. Facciamo questo quando curiamo il rapporto con Gesù, pregando, nutrendoci della sua parola, vivendo nella sua chiesa, attingendo alla grazia dei sacramenti. La luce della fede non solo ci fa riconoscere in Gesù l’inviato di Dio ma ci insegna a valutare la realtà come la valuta Dio. Ci insegna a guardare la realtà non come appare ma come è veramente. Per fare alcuni esempi: l’ostia consacrata sull’altare appare pane, ma la fede ci fa comprendere che è corpo di Cristo. La morte di una persona cara ci sembra la fine della vita, ma la fede ci fa comprendere che è soltanto il passaggio ad una vita nuova.

Con la fede noi ci poniamo sotto la guida di Gesù che diventa nostro pastore e non ci fa mancare nulla, come diceva il salmista e come Gesù stesso ci ha promesso: Cercate il regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta. Vivendo nella luce della fede, dobbiamo agire di conseguenza compiendo ciò che è gradito a Dio. L’apostolo nella seconda lettura ci esorta: Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.

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12 marzo 2023 – III domenica di quaresima A

Liturgia della Parola: 1Lettura: Es 17,3-7 — Salmo responsoriale: Sal 94 – 2Lettura: Rm 5,1-2.5-8— Vangelo: Gv 4,5-42.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.

Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna -, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».

Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.

Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
Parola del Signore.

Omelia
Dammi da bere. Gesù si presenta alla samaritana come un assetato ma poi nel corso del dialogo non parla più della sua sete e dice di possedere un’acqua che disseta per sempre, insinuando che è la donna la vera assetata: Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Allora dobbiamo comprendere che cos’è quest’acqua viva di cui parla Gesù. È un’acqua che non appartiene a questa creazione, perché Gesù dice: L’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna. In questa creazione non c’è nulla che assumendolo possa darci la vita eterna. Che cos’è dunque quest’acqua viva?

Dalle parole di Gesù comprendiamo che è il dono di Dio: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva.

Alcuni giorni prima Gesù, dialogando con un certo Nicodemo, aveva detto: Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito. Allora comprendiamo che l’acqua viva è Gesù stesso, in quanto viene a rivelare il volto del Padre. È Gesù l’acqua viva che disseta in eterno e diventa in chi la beve sorgente della vita eterna.

Mesi dopo durante la festa delle Capanne, l’ultimo giorno della festa, Gesù gridò: Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. L’evangelista annota che Gesù disse questo riferendosi allo Spirito Santo: Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui. Dunque l’acqua viva è Gesù, l’acqua viva è lo Spirito Santo, l’acqua viva è Dio che si dona a noi mediante Gesù Cristo e lo Spirito Santo. San Colombano fa notare che anche il Padre per bocca del profeta Geremia si presenta come acqua viva quando rimproverando gli israeliti dice: Hanno abbandonato me sorgente di acqua viva. Dunque le tre Persone divine sono sorgente di acqua viva che zampilla per la vita eterna.

Quando Gesù dice alla Samaritana: Dammi da bere, è certamente assetato, perché con la sua umanità è stanco del viaggio ed ha sete, ma, siccome è anche Dio, la sua sete non è di acqua ma di donarci se stesso. Gesù è assetato per noi, che non riusciamo a identificare la sete fondamentale della nostra vita e ci volgiamo per estinguerla alle fonti di acqua salata che ci propina il mondo. In ogni uomo c’è una sete di fondo che è sete di Dio, perché diceva San Agostino: “Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”.

Purtroppo la maggior parte della gente non comprende che l’insoddisfazione della loro vita può essere appagata solo da Dio. Se se ne rendessero conto, le chiese sarebbero sovraffollate e se ne dovrebbero costruire tantissime altre. Non ne siamo pienamente convinti neppure noi, che siamo qui dinanzi a Gesù, perché se ne fossimo convinti veramente, ci spenderemmo come l’apostolo Paolo a far conoscere Gesù Cristo al maggior numero di persone. Non riuscendo a identificare la sete di fondo della loro anima, molti pensano di appagarla volgendosi a quello che offre il mondo, piacere, successo, possesso, potere. La donna aveva cercato di appagare la sua sete di Dio moltiplicando i mariti, dandosi ai piaceri. Ma l’acqua del mondo non appaga perché è salata e invece di estinguere la sete l’accresce ancora di più.

Gesù dunque è assetato di estinguere la nostra sete di Dio, di donarci la salvezza. Accogliendo Gesù noi conosciamo la verità, riceviamo la libertà, l’amore, la vita. Conosciamo il senso e lo scopo della nostra vita. Riceviamo la vera libertà, perché siamo liberati dalla schiavitù del peccato. Riceviamo l’amore di Dio. Tutto l’amore umano a nostra disposizione non ci basta. Abbiamo bisogno di un amore più grame, l’amore di Dio appunto. E infine riceviamo la vita eterna.

Gesù esprime ancora una volta questa sete prima di morire sulla croce: Ho sete. Adesso sappiamo di cosa ha sete Gesù. In questo comportamento di Gesù ammiriamo l’umiltà di Dio, che non ci dice: avete bisogno di me, ce lo dirà poi chiaramente una volta che saremo diventati suoi amici, ma si presenta a noi come bisognoso, per donarci se stesso, di cui noi abbiamo assolutamente bisogno.

Per comprendere e convincerci di tutto questo dobbiamo fare come i Samaritani che chiedono a Gesù di fermarsi con loro. Abbiamo bisogno di fare esperienza di Gesù. E il mio desiderio è che ognuno di voi, dopo aver fatto esperienza di Gesù, mi dica come dicevano i samaritani alla donna: Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, non è più per la tu omelia che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo.

Gesù incomincia a parlare con la Samaritana chiedendole da bere: Dammi da bere. Si presenta come assetato, ma poi notiamo che nel seguito del dialogo non parla più della sua sete, bensì dell’acqua viva che egli possiede e insinua che l’assetato non è lui ma la donna:  Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno.

Dobbiamo dunque comprendere che cos’è l’acqua viva di cui parla Gesù che non appartiene a questa creazione, infatti è capace di dare la vita eterna: L’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna.

L’acqua viva, come dice Gesù, è il dono di Dio agli uomini. Nel dialogo con Nicodemo Gesù aveva detto: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito. Dunque l’acqua viva è Gesù stesso, il Figlio di Dio, che viene a rivelare il volto del Padre. Ma da Gesù apprendiamo in un’altra occasione che il dono di Dio è anche lo Spirito Santo. L’evangelista racconta che nell’ultimo giorno della festa delle Capanne Gesù gridò: “Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”. Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato. Allora comprendiamo che l’acqua viva che zampilla per la vita eterna è Dio stesso che si dona a noi in Gesù e nello Spirito Santo.

Per bere di quest’acqua viva di cui parla Gesù bisogna adorare Dio in Spirito e Verità. Bisogna accogliere con fede Gesù, che è la verità di Dio, la rivelazione di Dio. E poi chi crede in Gesù riceve lo Spirito Santo. L’adorazione in Spirito e Verità si realizza vivendo in comunione con Dio per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito Santo. Questa comunione con Dio appaga il desiderio di fondo della nostra esistenza. Fino a quando non ci dissetiamo di Dio, possiamo soddisfare tutti i desideri che nascono in noi, ci sarà sempre nel fondo della nostra anima un’insoddisfazione. San Agostino che aveva vissuto a lungo lontano da Dio, dopo la conversione gli dice: Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te.

Dissetandoci di Dio, troviamo appagamento, e siamo salvati, perché trovano risposta i nostri desideri esistenziali, di verità, di libertà, di amore, di vita. Gesù ci dona la verità non solo perché ci fa conoscere il volto di Dio ma anche perché ci fa conoscere il progetto di Dio su di noi, e quindi il senso e lo scopo della nostra vita. Gesù ci dona la libertà perché ci libera dalla radice di ogni altra  schiavitù, quella del demonio, del peccato e della morte. Gesù ci dona l’amore di Dio di cui abbiamo bisogno, perché ogni altro amore umano è limitato e imperfetto. Gesù ci dona la vita che non avrà mai fine, perché ci rende partecipi della vita di Dio.

Adesso comprendiamo perché Gesù si presenta come assetato e poi non parla più della sua sete ma di quella della Samaritana. Gesù è assetato per noi, che siamo assetati di Dio e spesso non ce ne rendiamo conto e cerchiamo di estinguere questa sete ricorrendo all’acqua salata che ci propina il mondo: piacere, successo, possesso e potere. La donna aveva cercato nel corso della sua vita di appagare la sete di Dio moltiplicando i mariti. Ne aveva avuti cinque e l’ultimo non è nemmeno suo marito. Si era data ai piaceri, pensando di trovare felicità. L’acqua del mondo disseta solo per un momento e lascia poi più assetati di prima.

Gesù dunque è assetato non per se stesso ma per noi e manifesta questa sete ancora una volta prima di morire sulla croce: Ho sete. Adesso sappiamo di cosa ha sete Gesù, di donarci se stesso, di donarci lo Spirito Santo, di donarci il Padre. Dio si presenta a noi come bisognoso per avere la possibilità di donarci se stesso, di cui noi abbiamo assolutamente bisogno.

Per comprendere questo che stiamo dicendo dobbiamo stare con Gesù, dobbiamo chiedergli di fermarsi con noi come fecero i Samaritani. Facendo l’esperienza di Gesù comprendiamo che questi è veramente il salvatore del mondo.

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5 marzo 2023 – II domenica di quaresima A

Liturgia della Parola: 1Lettura: Gen 12,1- 4a — Salmo responsoriale: Sal 32 – 2Lettura: 2 Tim 1,8b – 10— Vangelo: Mt 17,1-9.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.

Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».

All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».
Parola del Signore.

Omelia
Che cosa è avvenuto nella trasfigurazione di Gesù? Gesù manifesta ai discepoli la sua gloria divina di Figlio di Dio. Gesù non è soltanto uomo, è anche Dio insieme al Padre. La sua natura divina è nascosta nella sua umanità in tutto simile alla nostra. Certo, Gesù colpisce per la sapienza e per i miracoli che compie, che in qualche modo lasciano intravvedere la natura divina nascosta in lui. Ma cessati i discorsi e finiti i miracoli, Gesù appare un uomo come gli altri. Nella trasfigurazione Gesù manifesta la sua natura divina. La manifesta attraverso la sua corporeità, che irradia luce come un sole: Il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Spesso nelle Scrittura Dio viene pensato come un sole che dà vita con la sua luce. Nella formula di benedizione riportata nel libro dei Numeri si dice: Il Signore faccia splendere il suo volto per di te e ti faccia grazia. E nel salmo 36 si dice a Dio: É in te la sorgente della vita, nella tua luce vediamo la luce. Nella trasfigurazione Gesù manifesta la sua gloria divina, che un giorno vedranno tutti, quando egli verrà alla fine del mondo per giudicare i vivi e i morti. In quel giorno tutti noi che abbiamo creduto in Gesù, saremo come lui, glorificati anche nella nostra corporeità. Quindi Gesù mostra non solo la sua gloria divina di risorto ma anche la nostra condizione definitiva di risorti con lui. Ecco perché i discepoli vorrebbero fermarsi lì, perché pregustano la felicità del paradiso: Signore, è bello per noi essere qui!  Ma per arrivare a questa meta, bisogna passare attraverso la croce.

Alcuni giorni prima Gesù aveva dato ai discepoli il primo annuncio della sua croce. I discepoli non l’avevano presa bene, perché ragionavano secondo gli uomini e non secondo Dio. Gesù con la trasfigurazione vuole far capire ai discepoli che l’ultima parola non è della croce ma della gloria della risurrezione. La croce rimane la via obbligata che ha percorso Gesù e che noi siamo chiamati a percorrere dietro a lui. Accanto a Gesù appaiono Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti che Gesù non è venuto ad abolire ma a completare, in quanto viene a rivelare Dio pienamente e definitivamente. La voce del Padre conferma tutto questo, con il comando: Ascoltatelo.

Bisogna ascoltare Gesù in tutto quello che ha rivelato del Padre, in tutto quello che ci ha promesso, e in tutto quello che ci ha insegnato, soprattutto quando ci dice di seguirlo sulla via della croce.

La croce si manifesta tutte le volte che l’amore di Dio e l’amore del prossimo diventano per noi un sacrificio. Gesù sapeva che andando a Gerusalemme sarebbe stato arrestato e crocifisso. Gesù era libero di sottrarsi alla croce. Ma non lo ha fatto perché sapeva che dalla sua morte di croce sarebbe scaturita la nostra salvezza. Dal suo atto di amore fino al sacrificio della vita è scaturita come da una sorgente la nostra salvezza. La croce dunque è importante non per la sofferenza ma per l’amore di Gesù, che è perfetto perché sofferto. Quindi noi siamo chiamati a seguire Gesù sulla via della croce ovvero dell’amore perfetto. Facendo questo noi ci avviamo verso la salvezza. Lo fa capire Gesù quando dice: Chi perderà la sua vita per causa mia la salverà. Se l’umanità fosse rimasta come l’ha creata Dio all’inizio, nessuno di noi incontrerebbe mai la croce. Ma poiché l’umanità è stata guastata dal peccato, sorgono tante situazioni in cui amare Dio e il prossimo comporta la croce. Chi si sottrae alla croce, manca di amore e si priva della salvezza. Gesù fa capire questo quando dice: Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà.

Quando incominciamo a seguire il Signore Gesù, normalmente egli ci fa fare tante esperienze di trasfigurazione, in cui come Pietro possiamo affermare che è bello stare con lui. Ci fa sperimentare il suo amore nel sacramento del perdono, esaudendo le nostre richieste che gli facciamo nella preghiera e donandoci tante consolazioni interiori. Ci apre gli occhi sui doni che ci ha fatto per la nostra vita, che altrimenti non avremmo saputo riconoscere. In queste situazioni per noi diventa facile e piacevole amare Dio e il prossimo. Con queste esperienze di trasfigurazione, Gesù vuole prepararci ad accettare la croce, quando amare Dio e il prossimo diventerà pesante. Allora il ricordo delle trasfigurazioni dovrà darci forza perché non ci perdiamo d’animo, non molliamo il cammino di fede e non gettiamo la croce a nostra rovina, ma rafforzati dall’amore di Gesù proseguiamo sino alla meta.

L’apostolo Paolo ha compreso tutto questo e non si sottrae alla croce che gli deriva dall’annuncio del vangelo. A causa del vangelo si trova in prigione, ma non desiste, perché l’amore di Dio e del prossimo lo esigono. Non pensa a se stesso ma alla salvezza delle anime che scaturisce  dall’annuncio del vangelo. Temendo che il discepolo Timoteo per paura di subire la stessa sorte trascuri l’annuncio del vangelo, gli scrive una lettera e lo esorta: Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo.

La forza di Dio di cui parla Paolo è l’amore di Dio che egli riversa nei nostri cuori mediante il dono dello Spirito Santo. E’ come una trasfusione dell’amore di Dio in noi. Quell’amore che riempie la terra, come diceva il salmo, perché tutto ciò che esiste è frutto dell’amore di Dio, e che si è rivelato sommamente in Gesù Cristo crocifisso, viene diffuso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo, che riceviamo ogni volta che ci accostiamo con fede ai sacramenti del perdono e dell’eucaristia. Noi abbiamo bisogno di ricevere e sperimentare in continuazione l’amore di Dio per riuscire ad amare come Gesù ci ha insegnato soprattutto quando amare costa.

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26 febbraio 2023 – I Domenica di quaresima A

Liturgia della Parola: 1Lettura: Gen 2,7-9; 3,1-7 — Salmo responsoriale: Sal 116 – 2Lettura: Rm 5,12-19  — Vangelo: Mt 4,1-11.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».

Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».

Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».

Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
Parola del Signore.

Omelia
Dio Padre ha mandato Gesù sulla terra a condividere la nostra condizione umana in tutto, eccetto il peccato. Lo Spirito Santo conduce Gesù nel deserto per essere tentato dal diavolo. Gesù si sottopone alle tentazioni del diavolo per insegnarci a vincerle. Il diavolo tenta Gesù facendo leva su tre punti deboli della nostra natura umana: la sensibilità al piacere, al successo e al potere o possesso delle cose. Il piacere, il successo e il potere, non sono in se stessi negativi. Ma lo diventano se noi li ricerchiamo in contrasto con la volontà di Dio. Il demonio ci tenta proprio in questo, spingendoci a ricercare il piacere, il successo e il potere in contrasto con la volontà di Dio.

Abbiamo ascoltato che Gesù dopo aver digiunato 40 giorni sente fame. Gli si avvicina il diavolo e gli suggerisce di procurarsi il cibo con un miracolo. Nella sua missione Gesù ha fatto tanti miracoli, ma mai per se stesso, sempre per venire incontro alle necessità del prossimo. Non ha usato il suo potere divino per se stesso, perché ha voluto condividere la nostra vita, ha voluto vivere una vita come la nostra. Anche perché con la sua vita Gesù deve lasciarci un esempio da imitare. Se Gesù per risolvere le difficoltà che gli si presentavano avesse usato il suo potere divino, non avrebbe avuto una vita come la nostra e noi non avremmo potuto imitarlo. Dio Padre ha mandato Gesù sulla terra, affinché condividesse la nostra vita in tutto. Il demonio dunque con il suo suggerimento vuole spingere Gesù a disobbedire a Dio. Gesù risponde: Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Gesù risponde dicendo che l’uomo non vive solo di pane, l’uomo non è solo corpo, non è solo stomaco, l’uomo è molto di più. Il pane è necessario per sostenere il corpo. Se non mangiamo moriamo. Tuttavia pur mangiando, un giorno moriremo comunque. Questo ci fa capire che la vita non dipende solo dal cibo, ma, come dice Gesù, di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Se per procurarsi il cibo l’uomo disobbedisce alla parola di Dio, nutre il suo corpo, ma perde la vita vera.  Gesù con la sua risposta vuole dire che per la nostra vita la parola di Dio è più necessaria del cibo, perché la parola di Dio ci rende partecipi della sua stessa vita, la vita eterna.

Ogni uomo in questo mondo vorrebbe sentirsi realizzato. Nessuno vorrebbe sentirsi fallito. Quindi ricercare il successo nella vita non è sbagliato. Ma in che modo possiamo dire che la nostra vita è riuscita, ha avuto successo? Quando si realizza il progetto che Dio ha fatto per noi. La vera realizzazione per noi consiste nel compimento della volontà di Dio. Qual è il progetto che Dio ha fatto per Gesù? Gesù deve manifestare l’amore di Dio e togliere i peccati del mondo. Questo avverrà quando Gesù morirà sulla croce. La morte di croce è il vero successo di Gesù, il quale dirà: Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me. Il demonio invece suggerisce a Gesù una via più facile e più breve. Gli suggerisce di compiere un gesto spettacolare e pericoloso. Di buttarsi dall’alto del tempio di Gerusalemme. Non avrebbe patito alcun male, perché Dio lo avrebbe protetto, e tutti, vedendo il prodigio, avrebbero creduto in lui. Ma non è questo il progetto che Dio ha fatto per Gesù. Inoltre mettendosi in difficoltà, Gesù costringerebbe il Padre ad intervenire per aiutarlo. Tutto il suggerimento del demonio mira a provocare sfiducia in Dio, come se con il suo progetto egli non volesse il meglio per noi. E poi metterci in difficoltà, per vedere se Dio interviene ad aiutarci, significa dubitare di lui. Gesù perciò risponde: Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo.

Infine il rapporto con le cose del mondo e con il potere. Ognuno di noi esercita in qualche modo potere sulle cose che possiede. Abbiamo una casa, una macchina, e tante altre cose. Non c’è nulla di male. Il male nasce se noi pensiamo che la nostra vita dipende da quello che possediamo. Il diavolo promette a Gesù di donargli il potere su tutti i regni della terra con tutte le ricchezze annesse, a patto che si prostri dinanzi a lui. La richiesta del diavolo è sfacciata e irricevibile, ma serve a farci comprendere che tutte le volte che leghiamo il cuore alle ricchezze e ai beni di questo mondo, facendone degli idoli, senza saperlo stiamo rendendo culto al diavolo. Gesù risponde ribadendo il primato di Dio: Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto.

Il diavolo dunque, facendo leva sul piacere, sul successo e sul possesso delle cose, ci spinge a disobbedire a Dio, a mancargli di fiducia, a metterlo da parte sostituendolo con gli idoli. Gesù ci insegna a ribattere alle tentazioni riconoscendo che l’obbedienza alla parola di Dio è per noi vitale più del pane, che dobbiamo avere fiducia in lui, che solo a lui spetta l’adorazione, il primato nella nostra vita.

Dobbiamo sapere che il diavolo quando ci tenta non ci mette mai la faccia, lo fa sempre nascondendosi. Ci tenta a partire dai pensieri cattivi. Dal racconto delle tentazioni di Gesù impariamo a riconoscere come ci tenta, e impariamo anche come possiamo vincerlo. Gesù è stato 40 giorni nel deserto digiunando. Il digiuno è una pratica penitenziale che serve a mortificare le cattive inclinazioni e a rafforzare il self control. Ma non c’è solo il digiuno dal cibo, si può fare anche il digiuno degli occhi, della lingua. Dobbiamo fare qualche cosa contro le nostre cattive inclinazioni e cattive abitudini, perché se non le combattiamo, il diavolo avrà gioco facile a farci cadere. Tra tutte le cattive abitudini, ce n’è una che è endemica, e si manifesta soprattutto quando dobbiamo adempiere i doveri religiosi, la preghiera, la partecipazione alla messa, agli incontri parrocchiali e via dicendo. E’ la pigrizia. Abbiamo ascoltato che Gesù risponde alle tentazioni citando la Bibbia, precisamente il libro del Deuteronomio. Ecco un altro esercizio da fare, la meditazione della parola di Dio. Gli evangelisti ci dicono che spesso Gesù si ritirava in luoghi deserti e là pregava. Sicuramente in questi 40 giorno, Gesù oltre al digiuno e alla meditazione della parola di Dio avrà anche pregato. Nel tempo di quaresima che si apre davanti a noi dobbiamo fare questi esercizi spirituali, per diventare più forti e vincere nella lotta contro lo spirito del male. Il demonio è invidioso della nostra amicizia con Dio e fa di tutto per distaccarci da lui.

Abbiamo ascoltato nella prima lettura, che Adamo ed Eva, dimenticandosi di tutti i benefici ricevuti da Dio, seguono il suggerimento del diavolo. Si comportano da stolti e da ingrati. E’ come se un estraneo si presentasse a noi e ci dicesse che i nostri genitori non ciò vogliono bene e con quello che ci dicono vogliono calpestare la nostra libertà. E noi invece di fidarci dei nostri genitori, ci fidiamo dell’estraneo e facciamo quello che ci suggerisce. Dio è nostro Padre, non c’è nessun altro che ci ami come lui. Adamo ed Eva seguono il suggerimento del diavolo e non solo non diventano come Dio ma perdono anche quello che avevano. Si accorsero di essere nudi, provano vergogna, perché hanno perso l’armonia interiore. Il distacco da Dio ci fa perdere la serenità e la pace. Gesù al contrario che rimane saldo nella fiducia in Dio, vive in armonia con se stesso e con tutte le creature: gli angeli lo servivano.