Meditazioni tempo di Natale 2023

Domenica 7 gennaio 2024 – Battesimo del Signore

Liturgia della Parola: 1Lettura:  Is 55,1-11 — Salmo responsoriale: Is 12,1-6 – 2Lettura: 1Gv 5,1-9— Vangelo: Mc 1,7-11.

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Parola del Signore.

Omelia

Gesù va a farsi battezzare da Giovanni. Va insieme agli altri. Giovanni predicava la conversione. Invitava gli uomini a convertirsi a Dio, a rinunciare al male e a ritornare a Dio. Abbiamo bisogno in continuazione di conversione perché pecchiamo sempre. Quelli che si facevano battezzare da Giovanni, con questo gesto dicevano pubblicamente che si impegnavano a convertirsi. Gesù è senza peccato. Ce lo dice la Scrittura: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Perché dunque va a farsi battezzare? A questa domanda bisogna aggiungerne un’altra: perché va incontro liberamente alla sofferenza e alla morte riservate a noi?

Gesù è venuto a compiere la volontà del Padre, il quale vuole che il Figlio condivida la nostra condizione umana in tutto eccetto il peccato. Condividendo la nostra vita nei suoi diversi momenti, la risana e la trasforma. Trasforma la sofferenza e trasforma la morte. La sofferenza diventa strumento di espiazione e di crescita nell’amore. La morte passaggio ad una vita senza fine. Ricevendo il battesimo di Giovanni, Gesù lo trasforma nel suo battesimo, quello che affiderà ai discepoli e alla chiesa e comanderà di amministrarlo a tutti quelli che avranno creduto in lui: Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Che cosa avviene quando Gesù riceve il battesimo nel fiume Giordano? Avviene un’epifania, una rivelazione. Ieri abbiamo ricordato l’epifania di Gesù ai Magi, oggi celebriamo un’altra epifania di Gesù. O meglio lo Spirito Santo e il Padre manifestano Gesù. Lo Spirito Santo discende su di lui come aveva detto il profeta Isaia: Su di lui si poserà lo Spirito del Signore,/spirito di sapienza e d’intelligenza,/spirito di consiglio e di fortezza,/spirito di conoscenza e di timore del Signore. Gesù possiede la pienezza dello Spirito Santo e perciò potrà battezzare in Spirito Santo. La voce del Padre lo proclama suo Figlio: Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento. Con le parole in te ho posto il mio compiacimento il Padre rivela come Gesù completerà la sua missione. Sono le parole che Dio nel profeta Isaia dice al servo sofferente che prende su di se i peccati del popolo. Ora il Padre le dice a Gesù: è lui dunque il servo sofferente. Con la sua morte sulla croce Gesù ci riconcilia con Dio: vide squarciarsi i cieli. Quei cieli che si erano chiusi ad Adamo dopo il suo peccato, ora si aprono a Gesù Cristo.

Abbiamo detto che Gesù trasforma il battesimo di Giovanni nel suo battesimo. Quando siamo stati battezzati, abbiamo ricevuto i frutti della redenzione di Gesù. Innanzitutto riconciliazione con Dio. I cieli aperti dinanzi a Gesù, come abbiamo detto, significano questa riconciliazione. Siamo nati con il peccato originale, un peccato che abbiamo ereditato. È la conseguenza del peccato di Adamo. Il peccato originale è una ferita nella natura umana che è incline al male e chiusa a Dio. Con il battesimo siamo stati liberati dal peccato originale.

Abbiamo ricevuto lo Spirito Santo, e quindi siamo divenuti partecipi della vita divina. Noi viviamo una duplice vita. Innanzitutto la vita biologica, regolata dal battito cardiaco e dal respiro, e poi viviamo la vita divina perché vive in noi lo Spirito Santo. Quando Gesù dice: Chi crede in me, ha la vita eterna, si riferisce alla vita divina che è in noi a partire dal battesimo.

Siamo diventati figli di Dio e ci rivolgiamo a Dio chiamandolo: Padre. Nessun seguace di una qualsiasi religione sulla terra si rivolge a Dio chiamandolo: Padre. Solo noi osiamo chiamarlo Padre, perché Gesù ci ha reso figli di Dio e ci ha insegnato ad avere questa confidenza con Dio.

Siamo entrati a far parte della famiglia dei figli di Dio, che è la chiesa. La chiesa è sparsa su tutta la terra, ma si manifesta nella sua dimensione familiare nella parrocchia. Se vogliamo incontrare una famiglia, dobbiamo visitarla quando è riunita. Se vogliamo incontrare la chiesa di Montalto Scalo-Settimo e San Antonello, dobbiamo visitarla quando si raduna la domenica a messa.

Siamo diventati eredi del paradiso. Come figli di Dio abbiamo diritto all’eredità: il paradiso. Nel battesimo, in breve, riceviamo cinque doni: siamo riconciliati con Dio, riceviamo lo Spirito Santo, siamo resi figli di Dio, entriamo a far parte della chiesa, diventiamo eredi del paradiso.

Che cosa dobbiamo fare mentre viviamo sulla terra? Dobbiamo vivere come figli di Dio. I figli di Dio devono imitarlo. E visto che Dio si è rivelato in Gesù Cristo suo Figlio, dobbiamo imitare Gesù, amando Dio e il prossimo come lui ci ha insegnato. La seconda lettura ci ricordava questo ed aggiungeva: i suoi comandamenti non sono gravosi. A noi invece sembra il contrario. Ognuno di noi trova più facile osservare alcuni comandamenti e più difficile osservarne altri. La facilità dipende dall’educazione che abbiamo ricevuto, in cui ci è stato inculcata l’osservanza di alcuni comandamenti. Per osservare i comandamenti di Dio abbiamo bisogno del suo aiuto, dello Spirito Santo. Diceva San Serafino di Sarov che tutta la vita cristiana consiste nell’acquisizione dello Spirito Santo. Dobbiamo accrescere sempre più in noi la presenza dello Spirito Santo. Questo possiamo farlo con la preghiera, la Scrittura, i sacramenti, le opere buone. La preghiera è fondamentale come il cibo. Come per sostenere la vita biologica dobbiamo mangiare, così per nutrire la vita divina in noi dobbiamo pregare. Mai lasciare la preghiera, per nessun motivo al mondo. Poi per prendere un cibo più sostanzioso dobbiamo ricorrere alla Scrittura, da leggere, meditare e pregare. Poi attingere ai due sacramenti, quello del perdono e quello dell’eucaristia.

Lo Spirito Santo venendo in noi ci trasforma e rende i comandamenti di Dio che ci sembravano un peso un’esigenza di vita. Porto un esempio: Io trovo molta difficoltà a partecipare la domenica a messa. Tuttavia non smetto di pregare, di chiedere a Dio che mi aiuti a fare la sua volontà, mi confesso questo mio limite, e mi sforzo per quanto dipende da me di contrastarlo. In questo modo mi rendo sempre più disponibile allo Spirito Santo che mi pervade mente e corpo, e mi trasforma al punto che la messa la domenica cessa di essere per me un peso e diventa un bisogno. Non riesco a fare a meno di partecipare la domenica a messa. Quando vediamo la trasformazione della nostra vita secondo i comandamenti di Dio, sappiamo che lo Spirito Santo vive in noi e attendiamo con certezza e fiducia l’eredità del paradiso.

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6 gennaio 2024 – Epifania del Signore

Liturgia della Parola: 1Lettura:  Is 60,1-6 — Salmo responsoriale: Sal 71 – 2Lettura: Ef 3,2-3a.5-6 — Vangelo: Mt 2,1-12.

Dal Vangelo secondo Matteo

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
Parola del Signore.

Omelia
La festa di oggi si chiama Epifania, che significa manifestazione, infatti ricordiamo la manifestazione di Gesù Bambino ai Magi, che provenivano dall’oriente. Dal racconto dell’evangelista comprendiamo che i Magi sono stranieri, e quindi non appartengono al popolo d’Israele, depositario della rivelazione storica di Dio. E poi vediamo che sono condotti in modo misterioso e prodigioso all’incontro con Gesù. La stella che li conduce non è come le altre, non tanto perché appare e scompare, perché questo fenomeno è conosciuto anche per altre stelle, ma perché si muove e li guida fino alla grotta. I Magi che dopo aver cercato Gesù, lo trovano e lo adorano, rappresentano le primizie dei popoli stranieri che si convertono al Dio d’Israele rivelatosi in Gesù Cristo. Dopo la risurrezione Gesù manderà i suoi discepoli in tutto il mondo a predicare il vangelo a tutti gli uomini per renderli suoi discepoli. Con la predicazione del vangelo ci sarà la conversione in massa dei popoli stranieri.

Nella prima lettura e nel salmo ascoltiamo alcune profezie che preannunciavano la conversione dei popoli stranieri al Dio d’Israele. Nella prima lettura il profeta invita Israele dicendo: Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce,/la gloria del Signore brilla sopra di te… E subito dopo annuncia: Cammineranno le genti alla tua luce. Il profeta parla del Signore che viene a salvare il suo popolo, e la sua salvezza si estenderà a tutti i popoli della terra. Nel salmo responsoriale si comanda ai popoli della terra di mettersi al servizio del Cristo, cioè di riconoscerlo come loro re: lo servano tutte le genti. Nella seconda lettura l’apostolo dice che Dio ora ha rivelato il suo progetto di salvezza, un tempo nascosto. Il progetto di Dio stabilisce che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo. Le profezie e il progetto di Dio sulla conversione dei popoli stranieri a lui incominciano a realizzarsi con la visita dei Magi a Gesù Bambino.

Nel racconto vediamo che la stella che guida i Magi non li conduce direttamente a Betlemme, ma prima a Gerusalemme, la capitale d’Israele. Questo è avvenuto certamente per disposizione di Dio. I Magi infatti per arrivare a Gesù devono consultare le Scritture custodite dagli israeliti, e nello stesso tempo costoro devono sapere che è nato il Cristo da loro atteso. Dopo di ciò la stella riappare e li guida fino al luogo dove si trova il bambino. La notizia della nascita del Cristo provoca turbamento in Erode e negli israeliti e rappresenta un presagio di quello che sarebbe poi avvenuto. Erode cerca di uccidere il bambino appena nato, ma non ci riesce, gli israeliti poi, una volta diventato adulto, lo faranno uccidere sulla croce. Sin dalla nascita gli uomini si dividono dinanzi a Gesù, come dirà Simeone a Maria sua madre: Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione — e anche a te una spada trafiggerà l’anima — perchè siano svelati i pensieri di molti cuori.

Noi qui riuniti possiamo constatare che le profezie e il progetto di Dio sulla conversione dei popoli stranieri a lui continuano a realizzarsi. Infatti noi che abbiamo conosciuto Gesù Cristo apparteniamo a popoli stranieri rispetto al popolo di Dio Israele. Credendo in Gesù Cristo siamo entrati a far parte dell’unico popolo di Dio che è la chiesa, formato da israeliti e stranieri che credono che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio.

Che cosa ci insegna la vicenda dei Magi?

Ci insegna che ogni uomo è alla ricerca di Dio, spesso senza saperlo. Cerca Dio quando cerca la verità, l’amore, la vita e la felicità. Dio si manifesta nel Figlio suo Gesù a quelli che sono disponibili come i Magi. Noi che lo abbiamo conosciuto dobbiamo andare incontro ai Magi del nostro tempo, che Dio sta guidando verso il Figlio suo Gesù, ed hanno bisogno del nostro aiuto per fare l’ultimo tratto del cammino per incontrarlo. Da qui la nostra responsabilità di cristiani. Gesù dopo aver detto che egli è la luce del mondo, ha detto ai discepoli: Voi siete la luce del mondo, per dirci che dobbiamo riflettere la sua luce nella nostra vita, facendolo conoscere con l’annuncio del vangelo e amando come lui.

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1 gennaio 2024 -Maria Santissima Madre di Dio

Liturgia della Parola: 1Lettura:  Nm 6,22-27 — Salmo responsoriale: Sal 66 – 2Lettura: Gal 4,4-7  — Vangelo: Lc 2,16-21.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Parola del Signore.

Omelia

Iniziamo il nuovo anno con la festa di Maria Santissima Madre di Dio. Nell’Ave Maria ci rivolgiamo alla Madonna invocandola con questo titolo: Santa Maria Madre di Dio, prega per noi peccatori. Nella liturgia del Natale stiamo ricordando che il Figlio di Dio si è fatto uomo: Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. E siccome il Figlio di Dio è un solo Dio con il Padre la Madonna che lo ha concepito e generato è realmente madre di Dio.

Dio nell’eternità non ha né padre e né madre, perché Dio è il principio di tutto ciò che esiste. Ma quando Dio ha deciso di assumere la nostra natura umana è nato dalla Vergine Maria. Dio aveva mille modi per venire in mezzo a noi. Ha voluto venire al mondo come ogni uomo che nasce da una madre. Quindi la Madonna è madre di Dio nella storia.

Questa verità di fede è stata solennemente definita nel Concilio di Efeso del 431. C’erano alcuni che mettevano in discussione il titolo di madre di Dio. Colui che si fece strenuo difensore di questo titolo è stato san Cirillo di Alessandria. Egli sottolineava che confessando la Madonna madre di Dio noi confessiamo contemporaneamente la verità fondamentale del cristianesimo e cioè che Dio si è fatto uomo e Gesù di Nazaret è Dio. La Madonna dunque è madre di Dio.

Questo ci fa comprendere quanto sia grande questa donna che ha portato Dio nel suo grembo per nove mesi. Dante nella Divina Commedia, nel Paradiso, fa dire da san Bernando alla Madonna: Donna se tanto grande e tanto vali/ che qual vuol grazia e a te non ricorre/ sua disianza vuol volar sanz’ali. Cioè se uno desidera una grazia e non si rivolge a te, non vuole ottenerla. Quindi per qualsiasi cosa rivolgiamoci alla Vergine Maria madre di Dio, chiedendole di intercedere per noi.

Se la Madonna è grande come madre di Dio è molto più grande perché ha ascoltato la parola di Dio e l’ha messa in pratica. Infatti se non avesse messo in pratica la parola di Dio, non sarebbe nemmeno diventata madre di Dio. Se al momento dell’annunciazione avesse risposto di no a Dio, non sarebbe diventata madre di Dio. Invece la Madonna ha obbedito dicendo: Ecco la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola. Il vangelo di oggi ce la presenta in atto di custodire e meditare la parola di Dio. I pastori riferiscono ciò che del bambino era stato detto loro. Riferiscono le parole dell’angelo: Oggi nella città di Davide è nato un salvatore che è Cristo Signore. L’evangelista dice: Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. La Madonna custodiva le parole dei pastori e le meditava nel suo cuore, alla lettera le confrontava. Le confrontava sicuramente con le parole che l’angelo Gabriele aveva detto a lei riguardo al bambino: Sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre. Le confrontava con le parole che le aveva detto Elisabetta: A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Meditando queste parole notava che erano coerenti. La Madonna medita la parola di Dio per comprendere cosa deve fare giorno per giorno. La sua preoccupazione è di comprendere la parola di Dio e di metterla in pratica.

Quando Gesù, divenuto adulto, predicava, un giorno una donna dalla folla gli gridò: Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato. Gesù rispose: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano. Un’altra volta Gesù insegnava e intorno a lui c’erano i discepoli e molta folla. La Madre e i fratelli vanno e non possono avvicinarlo. I fratelli sono i parenti più stretti. Fu riferito a Gesù: C’è qui fuori tua madre e i tuoi fratelli. Gesù rispose: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Poi volgendo lo sguardo verso di discepoli disse: Mia madre e miei fratelli sono coloro che osservano la parola di Dio.

Con queste risposte Gesù ci fa capire sotto quale aspetto dobbiamo considerare grande la Madonna. La Madonna è molto grande perché ha ascoltato la parola di Dio e l’ha messa in pratica. La Madonna ha portato nel grembo nove mesi il Verbo di Dio, cioè la Parola di Dio, che ha preso da lei carne e sangue, ma ha portato nella mente e ha messo in pratica per tutta la vita la stessa parola di Dio. La Madonna è il terreno buono della parabola, su cui il seme della parola cade, attecchisce e porta frutto. Sotto questo aspetto noi possiamo imitarla, anzi siamo chiamati ad imitarla, perché Gesù Cristo, la Parola di Dio, si incarni nella nostra vita. Questo succede quando appunto ci nutriamo della parola di Dio e la mettiamo in pratica. Gesù Cristo si incarna quando i suoi pensieri diventano i nostri pensieri, le sue parole le nostre parole, le sue azioni le nostre azioni.

La Madonna è per noi madre spirituale, che ci insegna come dobbiamo porci nei riguardi della parola di Dio. A Cana di Galilea disse ai servi: Qualsiasi cosa vi dica, fatela. Il nostro rapporto con Dio non deve essere solo sentimentale, ma deve coinvolgere la nostra intelligenza e volontà. La Madonna vediamo nel racconto dell’Annunciazione e anche nel vangelo di oggi che vuole capire la parola di Dio, perché vuole poi metterla in pratica scrupolosamente.

Noi all’inizio dell’anno ci facciamo gli auguri, augurandoci pace e felicità, e facciamo bene. Dobbiamo però aver chiaro dove sia la fonte della pace e della felicità:  è Gesù Cristo, la parola di Dio, che dobbiamo incarnare nella nostra vita. Chiediamo alla Madonna che ci aiuti ad essere come lei, terreno buono in cui la parola di Dio porta frutti di vita eterna.

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31 dicembre 2023 – Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

Liturgia della Parola: 1Lettura:  Gen 15,1-6; 21,1-3 — Salmo responsoriale: Sal 104 – 2Lettura: Eb 11,8.11-12.17-19  — Vangelo: Lc 2,22-40.

Dal Vangelo secondo Luca

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.
Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
Parola del Signore.

Omelia
Stiamo ancora vivendo la liturgia di Natale che si prolunga fino al primo gennaio. Il giorno liturgico di Natale non dura 24 ore come il giorno solare ma si prolunga per più giorni. Nel giorno di Natale celebriamo l’incarnazione del Figlio di Dio. Il Figlio di Dio Gesù Cristo si è fatto uomo come noi. Tutta la nostra attenzione è quindi rivolta a lui. La liturgia di oggi ci invita a guardare insieme con lui anche ai genitori. Il Figlio di Dio infatti si è fatto uomo nascendo in una famiglia umana. I vangeli ci dicono pochissimo della vita di questa famiglia. Sicuramente Giuseppe e Maria passavano le loro giornate lavorando. Sappiamo che Giuseppe era falegname. Maria si sarà occupate delle faccende domestiche. Ma i vangeli non ci dicono nulla su questo. Non ci parlano nemmeno dei loro rapporti con i parenti. In oriente il legame familiare è molto sentito. Non ci parlano del rapporto con i compaesani di Nazaret. Ci parlano invece del rapporto di Maria e Giuseppe con Dio. Dal vangelo di oggi comprendiamo che i genitori di Gesù, Maria e Giuseppe, mettevano Dio al primo posto nella loro vita. Infatti nell’episodio raccontato nel vangelo risalta la loro obbedienza alla legge di Dio. All’inizio si dice: Maria e Giuseppe portarono il bambino Gesù a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore…e alla fine: Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Nel corso del racconto poi si ripete altre volte che fecero ogni cosa come prescriveva la legge del Signore. Inoltre bisogna notare che non era necessario per consacrare il bambino recarsi al tempio di Gerusalemme. Maria e Giuseppe invece vi si recano forse per un eccesso di scrupolo. Tutto questo ci dice che sono timorati di Dio, si preoccupano di piacere a Dio e quindi di mettere in pratica la sua legge. Quando mettiamo Dio al primo posto nella nostra vita questo ha ricadute positiva sulla nostra vita personale, sulle relazioni con le altre persone e su tutto quello che facciamo. In una coppia ha ricadute positive sulla vita coniugale e sui figli. Del bambino Gesù si dice: Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Maria e Giuseppe mettono al primo posto Dio e il loro bambino impara a mettere al primo posto Dio.

Maria e Giuseppe dove hanno appreso a mettere Dio al primo posto nella loro vita? Nella loro famiglia, in mezzo al loro popolo, in cui si custodiva la tradizione religiosa di Israele. La prima e la seconda lettura ci presentano i capostipiti del popolo d’Israele, Abramo e Sara. Anche di loro l’autore sacro mette in risalto come si rapportavano con Dio. Di Abramo si dice: Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. Di Sara si dice: Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Maria e Giuseppe, come tutti gli israeliti, ogni sabato partecipavano al culto nella sinagoga dove si leggeva la parola di Dio contenuta nella Bibbia, e quindi conoscevano la storia di di Dio con Israele e apprendevano gli esempi di fede degli antenati. Poi nel culto si lodava Dio elencando le sue opere a favore di Israele suo popolo. Il salmo responsoriale è un esempio di come gli israeliti lodavano Dio nel culto.

Da quanto detto comprendiamo che cosa dobbiamo fare nelle nostre famiglie per crescere nel bene e nelle esperienze positive, dobbiamo mettere al primo posto Dio. Comprendiamo che per fare questo dobbiamo vivere inseriti nella nostra tradizione religiosa, partecipando alla messa domenicale, e imparando dai nostri antenati nella fede, che sono oltre ai padri del popolo d’Israele, anche i genitori di Gesù, gli apostoli e i santi di tutte le generazioni che ci hanno preceduto.

Quando parlo che bisogna mettere al primo posto Dio dobbiamo stare attenti ad un pericolo oggi molto diffuso. Nelle relazioni domina molto il sentimento e poco la ragione. A me capita per dovere sacerdotale di incontrare molte coppie cristiane che portano i figli per il battesimo. Dialogando con loro li sollecito a parlarmi della loro fede nel Signore, e constato che ci sono in loro buoni propositi. Vogliono che i loro bambini ricevano il sacramento del battesimo e crescano nella fede. Io gli dico che bisogna curare il rapporto con il Signore e metterlo al primo posto, pregando quotidianamente e partecipando la domenica a messa. Nel dialogo sembra che tutto sia chiaro, che abbiano compreso l’importanza della messa domenicale. Ho fatto poi un gruppo broadcast con le famiglie del battesimo e di tanto in tanto mando dei piccoli input, come invitarli all’adorazione del primo giovedì, alle confessioni del primo venerdì, a qualche vento particolare in parrocchia. Tranne pochi segnali di vita, il resto elettroencefalogramma piatto. Allora ho dovuto concludere che nel loro rapporto con il Signore, non tutti, ma certamente la maggior parte, fanno prevalere il sentimento senza lasciare intervenire la ragione. Ora il sentimento è come la paglia, che accesa fa un grande fuoco e si spegne subito. La ragione invece è come la legna che arde un po’ alla volta. Ecco, abbiamo bisogno di rapportarci con il Signore e di metterlo al primo posto nella nostra vita non solo facendo agire il sentimento ma anche la ragione. Da Abramo e Sara, Giuseppe e Maria, impariamo la fede autentica che è fatta di sentimento e ragione, e quindi si manifesta con affetto verso Dio ma anche obbedienza alla sua parola. Solo se il nostro rapporto con il Signore è autentico come quello di Maria e Giuseppe, ci saranno poi le ricadute positive nella vita di coppia, nella vita familiare, nelle relazioni con gli altri, in quello che viviamo e facciamo, in una parola fioriranno le stesse virtù e lo stesso amore della Santa Famiglia come abbiamo chiesto all’inizio di questa messa.

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25 dicembre 2023 – Natale del Signore nostro Gesù Cristo – Messa del giorno

Liturgia della Parola: 1Lettura:  Is 52,7-10 — Salmo responsoriale: Sal 97 – 2Lettura: Eb 1,1-6 — Vangelo: Gv 1,1-18.

Dal Vangelo secondo Giovanni 

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.
Parola del Signore.

Omelia
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.

Questo è  l’avvenimento che ricordiamo a Natale. Il Verbo di Dio, la parola di Dio si è fatta carne. La parola di Dio non è come le nostre parole fatte di suoni e concetti. La parola di Dio è una persona, Gesù Cristo. Il Verbo di Dio, la parola di Dio, il Figlio di Dio Gesù Cristo ha assunto la nostra natura umana ed è nato a Betlemme di Giudea. E siccome il Verbo di Dio è un solo Dio con il Padre, Dio si è fatto uomo. Questa è la verità fondamentale del cristianesimo. Noi non crediamo semplicemente in Dio, ma crediamo che Dio si è fatto uomo, che Gesù di Nazaret è Dio.

È molto importante essere consapevoli di quello che costituisce la specificità del cristianesimo, in un mondo multiculturale e multireligioso. Dobbiamo dialogare con gli altri, ma il dialogo può essere fecondo solo se custodiamo la nostra identità e così abbiamo qualcosa da dire agli altri.

L’incarnazione del Verbo costituisce il punto di arrivo della rivelazione di Dio nella storia iniziata secoli prima. L’autore della lettera agli Ebrei diceva: Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio. Si riferisce alla rivelazione contenuta nell’Antico Testamento. È una rivelazione parziale, che aveva lo scopo di preparare la rivelazione piena in Gesù Cristo. Nell’Antico Testamento abbiamo come dei raggi della rivelazione di Dio, ma il sole della rivelazione è Gesù Cristo. In Gesù Cristo che si è fatto uomo Dio viene a mostrarci il suo volto e il suo carattere. Quindi per noi cristiani Dio non è uno sconosciuto, perché si è fatto conoscere in Gesù Cristo.

Perché Dio si è fatto uomo e si è rivelato?

Dio si è rivelato certamente per farsi conoscere ma soprattutto per venire incontro alle nostre aspirazioni più profonde e alle nostre attese che possono avere appagamento solo in lui. Anzi è lui stesso che ha posto in noi queste aspirazioni e attese, perché ci mettessimo alla ricerca di lui. In noi ci sono tanti desideri e speranze che costituiscono come la molla per andare avanti nella vita. Ci sono però dei desideri che sono a fondamento di tutti gli altri. Innanzitutto il desiderio di verità. Che senso ha la mia vita? Dove sto andando? La morte è la fine di tutto? Dio esiste? In ogni uomo ci sono queste domande di fondo, anche se non nei termini in cui li sto ponendo io adesso. Per rispondere a questi desideri sono sorte tra gli uomini le religioni. Le religioni cercano di dare una risposta ai desideri esistenziali dell’uomo. Ma sono limitate e imperfette, perché frutto dello sforzo umano. Nelle religioni è l’uomo stesso che risponde alle domande che sorgono dal suo cuore. Invece nel cristianesimo è Dio che risponde a noi per mezzo di Gesù Cristo. L’evangelista diceva che Gesù è venuto a portare la grazia e la verità. Viene a farci conoscere Dio e il progetto che Dio ha fatto su di noi.

C’è poi in noi il desiderio di essere amati e perdonati, accettati così come siamo. Gesù viene a rivelarci l’amore di Dio che ci ama a prescindere di quello che facciamo. Ci ama così come siamo. Ci raggiunge nel nostro peccato, per poi trasformaci come ci vuole. Gesù ci rivela che ognuno di noi è prezioso agli occhi di Dio. Perciò dobbiamo curare l’autostima, proprio come rispetto a Dio che ci ha pensati, voluti e creati.

Poi c’è il desiderio di vita. Noi vogliamo vivere. Nessuno di noi vuole morire. Tuttavia la morte sembra vanificare tutti i desideri di vita. L’evangelista diceva di Gesù: A quanti però lo hanno accolto/ha dato potere di diventare figli di Dio. Si riferiva al battesimo dove siamo rinati alla vita dei figli di Dio, abbiamo ricevuto in dono lo Spirito Santo di Dio. Noi siamo partecipi della vita di Dio che è senza fine.

Infine in noi c’è il desiderio di felicità. Possiamo avere opinioni diverse sulla felicità, ma tutti vogliamo essere felici. Gesù ci insegna e ci dà la possibilità di raggiungere la felicità. La felicità è proporzionale all’amore che diamo agli altri. Non un amore qualsiasi ma l’amore che Gesù ci ha insegnato. Come c’è un amore autentico, c’è un amore falso. L’amore autentico lascia intravvedere in filigrana il volto di Gesù Cristo. Noi diciamo che i santi sono nella beatitudine del paradiso, cioè nella felicità del paradiso, perché hanno amato come Gesù in modo perfetto.

Che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo accogliere Gesù, chiedergli che ci faccia sperimentare la verità, l’amore, la vita, la felicità di Dio. Nel Natale ci rallegriamo perché ci rendiamo conto che non siamo soli nell’universo. Non siamo frutto di un’evoluzione cieca e senza senso. Siamo stati creati da Dio che ci ama e si prende cura di noi. Ci rallegriamo perché il Natale annuncia a ciascuno di noi la lieta notizia: Regna il tuo Dio.