Meditazioni del Tempo Pasquale 2022

29 maggio  2022 – Domenica di Pentecoste C

Liturgia della Parola: 1Lettura: At 2,1-11 — Salmo responsoriale: Sal 103 – 2Lettura: Rm 8,8-17 10,19-23 — Vangelo: Gv 14,15-16.23b-26

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
Parola del Signore.

Omelia
Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.

Lo Spirito Santo viene donato dal Padre su richiesta e a nome di Gesù. Infatti il dono dello Spirito Santo è il dono della Pasqua di Gesù morto e risorto. Se Gesù non fosse morto e risorto, non ci sarebbe il dono dello Spirito Santo. Con la sua morte Gesù ha espiato i nostri peccati e con la sua risurrezione ci ottiene dal Padre il dono dello Spirito Santo. 

Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Paraclito significa colui che sta vicino, l’avvocato che si mette vicino al suo assistito per difenderlo. Il primo Paraclito è Gesù stesso, l’altro Paraclito è lo Spirito Santo.

Per poter ricevere lo Spirito Santo bisogna accogliere tutto quello che Gesù ha rivelato. I comandamenti, la sua parola, le sue parole, qui indicano la rivelazione che Gesù ha portato, facendoci conoscere il Padre, dandoci dei comandamenti, facendoci delle promesse. Per potere ricevere lo Spirito Santo bisogna accogliere con fede la rivelazione di Gesù.

Nella prima lettura abbiamo ascoltato il racconto della discesa dello Spirito Santo sugli apostoli riuniti nel cenacolo con Maria la madre di Gesù, il giorno di Pentecoste. Lo Spirito Santo era disceso su di loro già la sera di Pasqua, quando Gesù risorto apparendo soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo. I discepoli di Gesù ricevono due effusioni fondamentali dello Spirito Santo, la sera di Pasqua e il giorno di Pentecoste. La stessa cosa avviene per noi. La prima effusione è avvenuta nel battesimo, quando siamo stati rigenerati alla vita di figli di Dio, la seconda il giorno della cresima, quando siamo stati resi testimoni di Gesù.

Abbiamo ascoltato nel racconto che come lo Spirito Santo discende sui discepoli subito cominciarono a parlare in altre lingue. Prima di capire perché parlavano in altre lingue, vediamo di cosa parlavano: li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio. I discepoli parlavano di tutto quello che avevano sperimentato stando con Gesù e di quello che avevano imparato da lui. Annunciavano che il Figlio di Dio si è fatto uomo, che è morto per espiare i peccati del mondo ed è risorto per rendere partecipi gli uomini della vita divina. Con la cresima lo Spirito Santo vuole fare anche di noi dei testimoni di Gesù come ha fatto con gli apostoli. Vuole suscitare anche in noi la parola della predicazione. La predicazione del vangelo non è un compito riservato al papa, ai vescovi e ai sacerdoti, ma riguarda tutti i cristiani, abilitati alla predicazione dallo Spirito Santo disceso su di loro nella cresima. Non bisogna confondere l’omelia con la predicazione del vangelo. L’omelia è solo una forma di predicazione del vangelo, riservata ai ministri che presiedono la liturgia della chiesa. La predicazione del vangelo può assumere forme diverse a seconda del contesto e delle persone a cui ci rivolgiamo. Per esempio se ci rivolgiamo a cristiani che si sono allontanati dalla comunità cristiana, la predicazione può richiedere una testimonianza della nostra esperienza di fede, oppure un chiarimento su un punto della dottrina cristiana. Altre volte può richiedere un’esortazione morale, mentre per coloro che devono prendere una decisione importante un consiglio improntato alla parola di Gesù. Per quelli che non hanno mai conosciuto Gesù Cristo richiede invece il primo annuncio come fecero i discepoli il giorno di Pentecoste, parlando dell’incarnazione, passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo.

Lo Spirito Santo mediante la cresima vuole fare di noi dei testimoni di Gesù Cristo, ma questo non è un fatto automatico per chi riceve la cresima. Vediamo con profondo dispiacere che molti ragazzi ricevono la cresima e si allontanano dalla comunità cristiana, mettendo da parte Gesù Cristo. Dobbiamo fare un serio esame su questo fenomeno che dipende da diversi fattori. Se lo Spirito Santo non rende i nostri ragazzi testimoni di Gesù, non dipende dalla debolezza dello Spirito Santo, che è potenza di Dio, ma dal fatto che i nostri ragazzi non lo accolgono nella loro vita. Se io semino sul pavimento, il seme va perduto, se semino su un terreno pulito e ben arato, il seme attecchisce, cresce e porta frutto. Dobbiamo dunque rivedere il cammino del catechismo e, una volta individuate le lacune, intervenire a colmarle.

Il giorno di Pentecoste è il giorno in cui la chiesa, formata da Gesù Cristo, si manifesta al mondo con la predicazione del vangelo. Il miracolo delle lingue vuole significare che la chiesa ha la missione di radunare tutti i popoli della terra nell’unica famiglia dei figli di Dio.

Nella seconda lettura l’apostolo ci ricorda che noi siamo veramente figli di Dio se ci lasciamo guidare dallo Spirito Santo. Senza lo Spirito Santo siamo sotto il dominio della carne. La carne di cui parla l’apostolo è la natura umana ferita dal peccato originale e incapace di osservare i comandamenti di Dio. Nel battesimo ci siamo spogliati della natura corrotta. In linea teorica non dovremmo essere più sotto il dominio della carne. Ma nella realtà chi di noi ha conservato l’innocenza battesimale? A causa dei peccati commessi dopo il battesimo, la carne ha ripreso forza in noi, e non ci lasciamo guidare dallo Spirito di Dio. Per questo è necessario che ci accostiamo di frequente al sacramento del perdono, per essere liberati dal peccato e dare spazio nella nostra vita allo Spirito Santo che diffonde nei nostri cuori l’amore di Dio e ci trasforma un po’ alla volta, stabilendo una corrispondenza sempre più forte tra noi e Dio, così che i suoi comandamenti diventino per noi esigenza di vita. Quando ero a Lago, ricordo una signora che abitava vicino alla chiesa e non trovava mai il tempo per partecipare alla messa domenicale. Dopo alcuni anni questa signora ha preso a frequentare assiduamente la messa domenicale e mi faceva notare, che prima abitava vicino alla chiesa e non trovava il tempo per venire alla messa, ora abitava lontano dalla chiesa e sentiva il bisogno ogni domenica di partecipare alla messa. Lo Spirito Santo aveva agito trasformando quello che era per lei un peso in un’esigenza di vita. Lo aveva fatto facendola passare per alcune esperienze dolorose che le avevano aperto gli occhi. Lo Spirito Santo non agisce sempre così, a volte basta la preghiera e la confessione continua perché si realizzi la trasformazione dei comandamenti in esigenza di vita.

Con il dono dello Spirito Santo Dio incomincia a formare una nuova umanità, come l’aveva progettata al principio, prima che gli uomini si ribellassero a lui. Questa nuova umanità è formata da quelli che credono in Gesù, e ricevendo lo Spirito Santo diventano figli di Dio. Questa nuova umanità ha come legge l’amore che Gesù ci ha insegnato e come fine il regno di Dio. Questa nuova umanità è la chiesa, formata da tutti coloro che si lasciano guidare dallo Spirito Santo che è Spirito di Dio e di Gesù. Facciamo nostre le parole del Salmo dicendo al Signore:

Mandi il tuo spirito, sono creati,/ e rinnovi la faccia della terra.

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29 maggio  2022 – Ascensione al cielo di Nostro Signore Gesù Cristo

Liturgia della Parola: 1Lettura: At 1,1-11 — Salmo responsoriale: Sal 46 – 2Lettura: Eb 9,24-28; 10,19-23 — Vangelo: Lc 24,46-53.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme on grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Parola del Signore.

Omelia
Il mistero che celebriamo in questo giorno, cioè l’Ascensione al cielo di Gesù, è strettamente legato alla sua risurrezione. Nell’Ascensione contempliamo la divinizzazione della natura umana di Gesù. Gesù, il Figlio di Dio, per farsi vedere e parlare con noi ha assunto una natura umana in tutto simile alla nostra, escluso il peccato. Dopo aver compiuto la missione che il Padre gli aveva affidato, la natura umana di Gesù viene divinizzata. A questo vogliono alludere le espressioni che Gesù fu assunto in cielo, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. La divinizzazione della natura umana di Gesù è avvenuta insieme alla risurrezione. Ma per far comprendere prima ai discepoli e poi a noi questo mistero, Gesù con il suo corpo umano è salito verso il cielo quaranta giorni dopo la Pasqua. Il cielo per gli antichi era la sede di Dio. Gesù, che sale verso il cielo, entra con la natura umana nella sfera divina. La sua natura umana viene divinizzata, e diventa il canale per cui discende a noi lo Spirito Santo.

Con l’Ascensione Gesù non si è allontanato da noi, ma si è soltanto sottratto ai nostri occhi. Prima era visibile con la natura umana simile alla nostra, ora non lo è più. Ma rimane con noi in un modo nuovo e più intimo di prima. Per questo ha detto: Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo. Con queste parole ha promesso di essere con i cristiani di tutte le generazioni. Gesù si rende presente a noi, anzi di più, viene a vivere in noi con il Padre mediante il dono dello Spirito Santo.

Quindi siccome Gesù vive in noi, in un certo senso anche noi siamo con lui asceso al cielo, o meglio possediamo le primizie della nostra divinizzazione. Nella divinizzazione della natura umana di Gesù contempliamo la meta della vita cristiana, la divinizzazione.

Quello che il demonio promise ad Adamo ed Eva, ingannandoli, che sarebbe diventati come Dio disobbedendo al suo comando, Gesù lo ha ottenuto obbedendo al comando del Padre. Adamo ed Eva disobbedendo a Dio non solo non sono diventati come Dio ma sono diventati peggiori di prima, perdendo tanti beni che prima possedevano. Gesù al contrario ci insegna che possiamo diventare come Dio, cioè con una vita pienamente e perfettamente realizzata, non mettendo da parte di Dio o peggio ancora ribellandoci a lui, ma soltanto obbedendo alla sua volontà.

Mentre viviamo su questa terra dobbiamo crescere sempre più nella comunione con Gesù e con il Padre mediante lo Spirito Santo. Questo avviene con i sacramenti, soprattutto mediante l’eucaristia. La seconda lettura, invitandoci ad accostarci a Dio, sembra alludere proprio al sacramento dell’eucaristia, a cui dobbiamo accostarci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Detto in altri termini, dobbiamo accostarci all’eucaristia con la grazia battesimale, e se l’avessimo perduta, dobbiamo recuperarla mediante il sacramento del perdono.

Il salmo responsoriale immagina Dio che sale in un corteo trionfale al tempio di Gerusalemme, accompagnato non solo dagli israeliti ma da tutti i popoli della terra, che lo hanno conosciuto e hanno creduto in lui. E’ chiaramente una profezia della conversione dei popoli della terra al Dio d’Israele. Questo è incominciato quando Gesù, prima di ascendere al cielo, ha comandato ai discepoli: Andate e fate discepoli tutti i popoli. Da allora è incominciato il raduno dei popoli nella chiesa sparsa su tutta la terra. La chiesa non è altro che questo corteo trionfale che accompagna Gesù Cristo che ascende alla Gerusalemme del cielo. Gesù non vuole ascendere al cielo da solo, ma vuole che lo seguano tutti gli uomini. E’ venuto sulla terra proprio per questo, innanzitutto per liberarci dal peccato e poi per renderci partecipi della vita divina.

Per dare avvio a questo raduno Gesù ha chiesto ai discepoli di essere suoi testimoni. Anche noi dobbiamo rendere testimonianza a Gesù facendolo conoscere a quelli che lo ignorano, perché credendo in lui possano sperimentare la sua presenza come noi. Gli apostoli e gli altri discepoli sono stati testimoni di Gesù in tre modi, primo perché lo hanno visto, poi perché hanno compreso chi fosse e il senso di quello che ha fatto, e infine perché sono diventati partecipi della sua stessa vita mediante lo Spirito Santo. La vera testimonianza cristiana consiste proprio in questo, nel diventare partecipi della vita di Gesù mediante lo Spirito Santo. Rispetto agli apostoli e ai primi discepoli, non abbiamo visto Gesù, ma credendo alla loro testimonianza abbiamo compreso che è il Figlio di Dio, e credendo abbiamo ricevuto lo Spirito santo, diventando partecipi della sua vita. La nostra testimonianza a Gesù Cristo sarà efficace, sia quando parliamo e sia quando operiamo, se Lui vive in noi insieme al Padre mediante lo Spirito Santo. Si realizza così quello che ha promesso: Vi farò diventare pescatori di uomini.

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22 maggio 2022 – VI Domenica di Pasqua

Liturgia della Parola: 1Lettura: At 15,1-2.22-29 — Salmo responsoriale: Sal 66 – 2Lettura: Ap 21,10-14.22-23 — Acclamazione al Vangelo: Gv 13,34 — Vangelo: Gv 14,23-29.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.

Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».
Parola del Signore.

Omelia
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

Gesù è venuto una prima volta sulla terra quando è nato a Betlemme di Giudea e ha percorso le strade della Palestina predicando il vangelo. Verrà di nuovo nella gloria, come ha promesso, alla fine del mondo per giudicare i vivi e i morti e inaugurare definitivamente il suo regno. Tra la prima e l’ultima venuta di Gesù, ci ricorda san Bernardo di Chiaravalle, ce n’è una intermedia che possono cogliere solo i credenti. Nel vangelo di oggi Gesù parla della sua venuta al momento presente per i credenti: Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

Questa venuta si realizza quando Gesù avrà compiuto la missione che il Padre gli ha affidato e così potrà inviare lo Spirito Santo. Con la morte di croce Gesù espia i nostri peccati, con la sua risurrezione presenta al Padre l’offerta della sua vita fatta per noi e ci ottiene il dono dello Spirito Santo. Mediante lo Spirito Santo che viene a dimorare nelle nostre anime, noi siamo in comunione di vita con Gesù e con il Padre. Lo Spirito Santo è colui che unisce il Padre al Figlio, e venendo in noi ci rende partecipi di questa comunione. Mediante lo Spirito Santo tutte e tre le Persone divine vengono a dimorare in noi. Gesù così si rende presente a quelli che credono in lui in un modo più intimo e più profondo di quanto era visibile sulla terra. Questa presenza di Gesù in noi con il Padre mediante lo Spirito Santo si chiama inabitazione. La Trinità viene a vivere nei credenti. Dio ci salva non a distanza come avveniva nell’Antico Testamento ma venendo a vivere in noi. L’effetto di questa presenza di Gesù e del Padre mediante lo Spirito Santo è la pace. Nella Scrittura la pace è la salvezza sotto tutti gli aspetti.

I primi che hanno beneficiato di questa presenza di Gesù sono stati i dodici apostoli e gli altri discepoli, uomini e donne. Nella prima lettura abbiamo ascoltato che gli apostoli erano consapevoli di essere assistiti dallo Spirito Santo. Devono prendere una decisione riguardo ad una controversia che era sorta in alcune comunità cristiane. Gli apostoli si consultano, ascoltano le persone coinvolte, e prendono una decisione: È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi. Sono sicuri che la loro decisione è suggerita dallo Spirito Santo, prima perché vivono in comunione con Gesù, poi perché prendono la decisione in accordo con la sua parola, e infine perché lo fanno con carità, senza acredine verso quelli che sostenevano una tesi sbagliata.

Gli apostoli sono stati mandati da Gesù a predicare il vangelo e a comunicare lo Spirito Santo che hanno ricevuto a quelli che avrebbero creduto. La chiesa di Gesù Cristo si fonda sulla testimonianza degli apostoli. Nella seconda lettura il veggente vede la chiesa come una città: È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli dIsraele…Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dellAgnello. Le dodici porte con i nomi delle dodici tribù d’Israele indicano che per entrare in questa città bisogna accogliere la fede di Israele nell’unico Dio, i dodici basamenti con i nomi dei dodici apostoli che bisogna accogliere la testimonianza degli apostoli su Gesù. Solo nella chiesa noi incontriamo Gesù Cristo risorto, riceviamo il suo Spirito e sperimentiamo la sua presenza nella nostra vita.

Nel Salmo responsoriale la comunità di Israele esprime a Dio due desideri, la propria salvezza e la conversione a lui dei popoli della terra: Dio abbia pietà di noi e ci benedica/perché si conosca sulla terra la tua via,/la tua salvezza fra tutte le genti. Questa preghiera incomincia a realizzarsi quando gli apostoli e gli altri discepoli di Gesù, appartenenti al popolo d’Israele, dopo aver ricevuto il dono dello Spirito Santo, hanno reso testimonianza a Gesù diventando pescatori di uomini presso tutti i popoli della terra. Sono riusciti ad attirare gli uomini a Gesù che rivela il Dio d’Israele, perché Gesù con Dio mediante lo Spirito Santo viveva in loro. Dalla loro salvezza è scaturita la conversione dei popoli pagani. Nel corso della storia continua a realizzarsi questa preghiera attraverso i santi, uomini e donne, che hanno accolto nella propria vita Gesù insieme al Padre mediante lo Spirito Santo. Pensiamo a Santa Rita particolarmente venerata nella nostra comunità. Santa Rita mentre era in vita sulla terra ha attirato tante persone a Gesù. E ancora oggi continua ad attirare tante persone a Gesù. Molti la invocano nelle difficoltà e ottengono quello che le hanno chiesto. Viene chiamata Santa degli impossibili, perché ha creduto che niente è impossibile a Dio. Come fa a compiere prodigi se è morta? Se compie prodigi vuol dire che è viva. E difatti noi crediamo che è viva in paradiso. Da dove possiede questo potere di compiere prodigi per quelli che la invocano? Perché si è realizzato per lei quello che Gesù diceva nel vangelo di oggi: Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. In Santa Rita dimora Gesù con il Padre mediante lo Spirito Santo, Dio vive in lei. Questa è la santità a cui tutti siamo chiamati, come ci ricorda il concilio Vaticano II nella lumen gentium. La santità è chiaramente un dono di Dio, è lui che ci fa santi con la sua presenza in noi. Da parte nostra però dobbiamo impegnarci ad accogliere Dio nutrendoci della sua parola e con la preghiera, e accostandoci costantemente ai sacramenti della confessione e dell’eucaristia. Non dobbiamo dare tregua al peccato, ricorrendo prontamente alla confessione, così l’eucaristia porterà frutto in noi. Il Signore poi porta a compimento la sua opera in noi mediante le prove e le tribolazioni della vita, come vediamo che ha fatto con Santa Rita.

I santi dunque sono pescatori di uomini perché Dio vive in loro. Perciò noi pastori, catechisti, operatori pastorali, dobbiamo convincerci che non sono le strategie che mettiamo in atto e non sono le nostre capacità comunicative e relazionali ad avvicinare i lontani ma la presenza di Dio in noi. Dobbiamo certo utilizzare strategie e mezzi di comunicazione adatti per avvicinare la gente, e curare le relazioni umani, ma prima di tutto dobbiamo curare il nostro rapporto con il Signore. Infatti quando la gente si avvicina perché siamo simpatici o alla moda, verrà il momento in cui si disperderà, quando si avvicina per la presenza di Dio in noi, resterà. Sono i tempi lunghi che dimostrano la differenza tra la casa costruita sulla roccia e quella costruita sulla sabbia.

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15 maggio 2022 – V Domenica di Pasqua

Liturgia della Parola: 1Lettura: At 14,21b-27 — Salmo responsoriale: Sal 144 – 2Lettura: Ap 21,1-5a — Acclamazione al Vangelo: Gv 13,34 — Vangelo: Gv 13,31-33a.34-35.

Dal Vangelo secondo Giovanni

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio delluomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.

Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
Parola del Signore

Omelia
Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui.

La gloria di cui parla Gesù non è quella che spesso ricercano gli uomini. Non è la gloria mondana che si fonda sul successo, la ricchezza e il potere. La gloria di cui parla Gesù è la gloria di Dio. Ora la Bibbia ci fa capire che la gloria di Dio è la manifestazione della sua potenza, nella creazione prima e poi nella storia degli uomini. Tuttavia la gloria di Dio non è immediatamente evidente senza un’illuminazione della sua parola. Per questo il salmo si rivolge ai fedeli, in questo caso gli israeliti, che mediante la parola di Dio contenuta nelle Scritture hanno imparato a riconoscere la gloria di Dio. Il salmo invita i fedeli a dire, parlare, far conoscere la gloria di Dio che si manifesta nella creazione e nella storia:  Ti benedicano i tuoi fedeli./Dicano la gloria del tuo regno/e parlino della tua potenza./Per far conoscere agli uomini le tue imprese/e la splendida gloria del tuo regno.

La gloria di Dio che si manifesta nella creazione e nella storia degli uomini raggiunge il suo vertice nella morte e risurrezione di Gesù. Per questo Gesù, dopo l’uscita di Giuda dal cenacolo esclama: Ora il Figlio delluomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Giuda esce per consumare il suo tradimento, avviando quell’iter che si concluderà con la morte e risurrezione di Gesù. Gesù considerando come già avvenuti questi fatti esclama: Ora il Figlio delluomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Chi considera la morte di Gesù senza la luce della parola di Dio, la vede una sconfitta e un fallimento. La parola di Dio invece ci dice che la morte di croce di Gesù è potenza di Dio, perché Gesù vince il demonio, il peccato e la morte. Nella morte e risurrezione di Gesù non si manifesta soltanto la potenza di Dio ma anche l’essenza di questa potenza, che è l’amore. Da questo comprendiamo perché Gesù mentre parla della sua glorificazione nella morte e risurrezione, parli subito dopo del comandamento nuovo dell’amore: Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Nell’Antico Testamento c’era già il comandamento dell’amore: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Il comandamento dato da Gesù è nuovo perché egli diventa la misura di questo amore: Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. E poi perché per metterlo in pratica abbiamo bisogno di sperimentare l’amore di Gesù nella nostra vita. Da noi stessi, con le nostre forze, non saremmo mai capaci di amare come Gesù. Mediante il dono dello Spirito Santo l’amore di Gesù, che è l’amore di Dio viene diffuso nei nostri cuori, e così diventiamo capaci di amare come Gesù. Quando amiamo come Gesù, noi gli rendiamo gloria, manifestiamo nella nostra vita la sua gloria, la sua potenza che ci ha trasformati. Se guardando a Gesù e lasciandosi guidare dallo Spirito Santo, perdona e ama i nemici, rende gloria a Gesù Cristo, manifesta nella propria vita la potenza di Gesù. Se uno guardando a Gesù e lasciandosi guidare dallo Spirito Santo, compie gesti di amore gratuito, senza secondi fini, senza interesse, gli rende gloria, manifesta nella propria vita la potenza di Gesù. Si raccontano tanti fatti di persone che si sono avvicinati al cristianesimo colpiti dall’amore disinteressato e illuminato testimoniato da qualche cristiano. Sono stati colpiti dalla gloria di Gesù e di Dio che si mostrava nella vita di quel cristiano.

La nostra vita sulla terra è come una navigazione in un mare agitato. Ci sono continui cambiamenti intorno a noi. Cambiamenti nei costumi, nei modi di pensare, nella morale, nelle persone. Poi dobbiamo fare i conti con le contrarietà e le avversità. In questo mare agitato rischiamo di entrare in crisi e di perdere la fede. La nostra fede si raffredda e si può estinguere del tutto. Abbiamo bisogno di stabilità. Nella prima lettura abbiamo ascoltato che Paolo e Barnaba ritornano nelle comunità cristiane nate da poco, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Restare saldi nella fede significa restare saldi nelle pratiche di fede, ascolto e meditazione della parola di Dio, preghiera, continua, messa domenicale e confessione periodica. In questo modo permettiamo al Signore di agire nella nostra vita. L’altra cosa da fare e prepararci mentalmente alle tribolazioni. Nessun di noi sarà mai così intelligenti, furbo e scaltro da sfuggire a tutte le difficoltà della vita. Tutti o prima o dopo avremo la nostra parte di tribolazione. Le tribolazioni se vissute in comunione con Gesù, da qui l’importanza di essere saldi nelle pratiche di fede, diventano occasione per crescere nella fede e per testimoniarla con maggiore credibilità. Uno che testimonia la fede mentre è tribolato è più credibile di chi la testimonia nella prosperità.

Un’altra cosa che ci aiuta ad acquistare stabilità è la coscienza che tutto il bene che c’è in noi è opera della grazia di Dio. Paolo e Barnaba dopo il viaggio missionario ritornano nella comunità di Antiochia da cui erano partiti e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro. Paolo e Barnaba avevano viaggiato per terra e per mare, affrontato pericoli e persecuzioni, con la loro predicazione erano nate nuove comunità cristiane. Tuttavia Paolo e Barnaba sono coscienti di essere stati solo strumento di Dio. Non dobbiamo mai perdere questa coscienza. Se pensiamo che riusciamo a fare il bene si con la grazia di Dio ma anche perché noi siamo brave persone, inizia la nostra decadenza. Infine un grande aiuto alla nostra stabilità nelle fede viene dai pastori della chiesa. Paolo e Barnaba scelgono in ogni comunità degli anziani, presbiteri, che dovranno custodire e aiutare i fratelli a crescere e rimanere stabili nella vita cristiana.

Nella seconda lettura il veggente dell’Apocalisse vede che ormai questo mondo non c’è più ed è sorto un mondo nuovo con una nuova umanità: Vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non cera più.

E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.

Nel nuovo mondo non c’è il mare, che nella Bibbia raffigura le forze della morte e le potenze demoniache. Ricordiamoci delle acque del diluvio che fanno perire gli uomini e che il veggente dell’Apocalisse, precedentemente ha visto salire dal mare la bestia che aveva fatto tanto male ai cristiani. Il mare dunque rappresenta le potenze demoniache. Nel mondo futuro che Dio prepara non ci sarà più posto per il demonio e per i suoi angeli, non ci sarà più posto per il male. L’umanità di questo mondo sarà costituita solo dai figli di Dio, che formano la nuova Gerusalemme, la chiesa.

Se dunque vogliamo far parte di questo mondo nuovo, dobbiamo mettere in pratica il comandamento nuovo dell’amore.

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8 maggio 2022 – IV Domenica di Pasqua

Liturgia della Parola: 1Lettura: At 13,14.43-52 — Salmo responsoriale: Sal 99 – 2Lettura: Ap 7,9.1b-17 — Acclamazione al Vangelo: Gv 10,14 — Vangelo: Gv 10,27-30.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Parola del Signore.

Omelia
Le mie pecore ascoltano la mia voce…

Gesù si trova nel tempio di Salomone, e sta passeggiando sotto il portico. E’ la festa della Dedicazione ed è inverno. I giudei gli si fanno intorno e gli chiedono di dir loro apertamente se lui è il Cristo. Gesù risponde: Ve l’ho detto e non credete…Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce.

L’ascolto di cui parla Gesù è dunque quello della fede, che significa accogliere tutto quello che lui ha detto. Significa credere a quello che Gesù dice di se stesso e del Padre, significa credere alle sue promesse nei nostri riguardi, significa obbedire ai suoi comandi. Mediante l’ascolto della fede noi diventiamo pecore del gregge di Gesù ed entriamo in comunione di vita con lui: Io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna. La vita eterna è la vita divina. Gesù ci rende partecipi della stessa comunione di vita che c’è tra lui e il Padre. Gesù e il Padre si amano così tanto da formare una cosa sola, come dice poco dopo: Io e il Padre siamo una cosa sola. Gesù ci rende partecipi di questa comunione di vita e di amore.

Gesù vorrebbe che tutti gli uomini credessero in lui, perché vorrebbe renderli tutti partecipi della  vita eterna. Ma purtroppo, gli uomini davanti a Gesù si dividono. Se leggiamo il seguito di questo brano del vangelo preso dal capitolo decimo di Giovanni vediamo che i giudei dopo aver ascoltato le parole di Gesù prendono delle pietre per lapidarlo. Molti giudei non credono, tuttavia ce ne sono altri, uomini e donne, che credono in Gesù e diventano suoi discepoli.

Gesù è venuto a radunare le sue pecore non solo tra i giudei ma tra tutti i popoli della terra, per fare di esse un solo popolo di Dio. I profeti dell’Antico Testamento, ispirati da Dio, avevano preannunciato questo raduno di tutti i popoli della terra con il popolo del Dio di Abramo. Nel Salmo responsoriale l’uomo che parla sotto l’ispirazione di Dio si riferisce a questo raduno universale quando dice: Acclamate il Signore, voi tutti della terra,/servite il Signore nella gioia,/presentatevi a lui con esultanza. Con queste parole sta invitando i popoli della terra a partecipare al culto di Dio nel tempio di Gerusalemme. Poi li invita a riconoscere il Signore Dio d’Israele come unico Dio: Riconoscete che solo il Signore è Dio:/egli ci ha fatti e noi siamo suoi,/suo popolo e gregge del suo pascolo. Ma come possono i popoli della terra convertirsi al Dio d’Israele senza che nessuno glielo faccia conoscere? Gesù che è venuto a rivelare il volto del Dio d’Israele manda i suoi apostoli a predicare la parola di Dio a tutti gli uomini.

Nella prima lettura Paolo e Barnaba annunciano la parola di Dio innanzitutto ai giudei, e molti tra i giudei l’accolgono. Ma ce ne sono molti altri che la rifiutano. Preso atto di ciò gli apostoli si rivolgono ai pagani: Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. I giudei rifiutano la parola di Dio, i pagani l’accolgono con gioia: Nelludire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. Anche oggi molti cristiani, che sono i primi invitati ad accogliere la parola di Dio, la rifiutano perché vogliono stare nelle tenebre dell’ignoranza e del peccato, molti pagani invece l’accolgono e passano dalle tenebre alla luce della vita. Il raduno delle pecore di Gesù avviene mediante la predicazione della sua parola. Nella prima lettura si diceva: La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. In che modo si diffondeva? Attraverso i cristiani che l’annunciavano, che parlano di Gesù Cristo e della sua salvezza. Il Signore vuole dunque che noi annunciamo la sua parola perché tutte le sue pecore, ascoltandola con fede, credano in lui e abbiano la vita eterna.

Dalla seconda lettura apprendiamo che le pecore di Gesù sono una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Nella seconda lettura hanno ormai raggiunto la meta della piena e perfetta intimità con Gesù e con Dio, che viene descritta con l’immagine del culto: Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti allAgnello…stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. Noi siamo in intimità con Gesù e con Dio Padre dovunque ci troviamo, se, chiaramente obbediamo alla parola di Gesù. Tuttavia questa intimità ha il momento forte nella celebrazione della messa. Non si tratta ancora di un’intimità definitiva e piena. Nella vita futura sarà definitiva e piena. E come oggi il Signore Gesù è il pastore che ci guida a questa intimità con se stesso e con il Padre, così anche dopo continuerà a guidarci a questa intimità di vita: lAgnello, che sta in mezzo al trono,/sarà il loro pastore/e li guiderà alle fonti delle acque della vita.

Quando saremo pienamente e definitivamente uniti a Dio, allora raggiungeremo la perfetta felicità, che viene descritta come sazietà, appagamento, libertà da ogni pericolo e soprattutto dalla morte, causa delle lacrime degli uomini: Non avranno più fame né avranno più sete,/non li colpirà il sole né arsura alcuna…E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi.

Ma per raggiungere tutto questo dobbiamo partecipare alla pasqua di Gesù Cristo, alla sua morte e risurrezione. I salvati sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dellAgnello. L’ascolto della fede è l’inizio della comunione con Gesù e con Dio Padre, la partecipazione alla pasqua di Gesù mediante l’eucaristia e mediante le prove della vita, che ci rendono perfetti nell’amore sarà il compimento.

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1 maggio 2022 III Domenica di Pasqua

Liturgia della Parola: 1Lettura: At 5,27b-33-40b-41 — Salmo responsoriale: Sal 29 – 2Lettura: Ap 5,11-14 — Vangelo: Gv 21,1-19.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.

Quando già era lalba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.

Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un podel pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
Parola del Signore.

Omelia
In questo brano del vangelo ci vengono presentati due fallimenti, uno in primo piano, la pesca dei discepoli che va a vuoto, l’altro sullo sfondo del dialogo con Pietro, e cioè il suo rinnegamento. Abbiamo ascoltato che Pietro decide di andare a pescare e lo seguono gli altri apostoli. Ma in quella notte non prendono nulla. Quando verso l’alba stanno per ritornare, dalla riva un tale chiede loro se hanno del pesce. Non sanno che è Gesù. Quest’uomo alla risposta negativa, risponde: Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete. Gli apostoli obbediscono a questo suggerimento, e prendono una quantità enorme di pesci. Allora Giovanni, il discepolo che Gesù amava, lo riconosce: E’ il Signore! Giovanni è il discepoloin cui Gesù si compiace, perché si comporta da discepolo autentico. Ha seguito Gesù sino alla croce, e dinanzi al sepolcro vuoto ha compreso subito che Gesù era risorto. L’intervento di Gesù trasforma il fallimento in un successo. Quando gli apostoli fanno qualcosa di loro iniziativa e pensano di riuscire con le loro forze, falliscono. Quando interviene Gesù ed essi si fidano della sua parola, ottengono successo.

L’altro fallimento riguarda il rinnegamento di Simone Pietro. Durante l’ultima, quando Gesù preannuncia l’abbandono dei discepoli, Pietro protesta dicendo che avrebbe dato la vita per lui: Anche se tutti si scandalizzeranno, io no. Sappiamo come andò a finire. Pietro pieno di paura rinnega tre volte Gesù. Dice di non conoscerlo a quelli che gli rinfacciano di essere un suo discepolo. Ora nel dialogo con Gesù Pietro è radicalmente cambiato. L’esperienza del fallimento gli ha fatto prendere coscienza che non deve confidare in se stesso. E quando Gesù gli domanda: Mi ami tu più di costoro?, Pietro si tiene al di sotto della richiesta di Gesù. Risponde senza confrontarsi con gli altri, e dicendo al Signore: Ti voglio bene. Comprende che l’amore è molto impegnativo, e non si sente capace di donarlo. Quando per la terza volta Gesù gli pone la stessa domanda, Pietro rimane addolorato, perché non è più sicuro di se stesso. Teme che Gesù possa preannunciargli un nuovo rinnegamento, ma diventato umile si affida a lui: Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene. Questa volta Gesù gli preannuncia che in vecchiaia avrebbe dato la vita per lui. Quello che non era stato capace di fare durante la passione, perché confidava in se stesso, lo avrebbe fatto in vecchiaia con l’aiuto del Signore.

Dunque il Signore interviene a trasformare i due fallimenti in due successi, per dirci che se vogliamo seguirlo e vogliamo riuscire nella missione che ci ha affidato dobbiamo confidare solo in lui. Per seguire Gesù e rendergli testimonianza nel mondo abbiamo bisogno del suo aiuto, perché da noi stessi possiamo fare bei propositi, ma siamo incapaci di realizzarli. Possiamo incominciare a seguirlo, ma siamo incapaci di essere costanti.

Allo stesso modo per riuscire nella missione che il Signore ci ha affidato, di condurre gli uomini a lui, perché a questo allude la pesca miracolosa, non dobbiamo confidare nelle nostre capacità relazionali e comunicative, né nei mezzi a nostra disposizione, ma solamente nell’intervento di Gesù che opera mediante la sua parola. Da parte nostra dobbiamo fidarci della parola di Gesù e annunciarla integralmente, sapendo che non va mai a vuoto.

Nella prima lettura vediamo come gli apostoli, che avevano abbandonato Gesù durante la passione, sono completamente cambiati. Arrestati e condotti davanti a quel sinedrio che aveva condannato a morte Gesù, non temono di subire la stessa sorte. Anzi colgono l’occasione dell’interrogatorio per rendere testimonianza a Gesù. Il Signore che ha trasformato gli apostoli rendendoli suoi testimoni può fare lo stesso con noi.

Nel salmo abbiamo un canto di ringraziamento a Dio da parte di un uomo che ha sperimentato la sua salvezza. Nella seconda lettura il veggente dell’Apocalisse assiste ad una liturgia in cui tutte le creature del cielo e della terra rendono gloria a Dio e all’Agnello, cioè riconoscono le opere salvifiche di Dio e dell’Agnello.

Abbiamo bisogno di crescere nella fede per poter riconoscere anche noi le opere del Signore a nostro favore e ringraziarlo. Per ottenere questo dobbiamo nutrirci con abbondanza della parola di Dio e partecipare assiduamente alla santa messa domenicale. La parola di Dio ci apre gli occhi, la santa messa ci educa al ringraziamento.

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17 aprile 2022 – Domenica di Pasqua – Risurrezione del Signore

Liturgia della Parola: 1Lettura: At 10,34a.37-43 — Salmo responsoriale: Sal 117 – 2Lettura: Col 3,1-4 — Vangelo: Gv 20,1-9.

Dal Vangelo secondo Giovanni

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.

Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».

Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.

Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.

Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Parola del Signore.

Omelia
I discepoli di Gesù, sia gli uomini e sia le donne, appaiono impreparati alla sua morte e risurrezione.  Nonostante Gesù avesse cercato di prepararli, annunciando loro per tre volte quello che stava per succedergli. I discepoli, come a volte accade anche a noi, avevano ascoltato le parole di Gesù, senza preoccuparsi di approfondirle. Così quando Gesù viene arrestato e crocifisso, si perdono d’animo, e dopo che è morto non pensano affatto che dovrà risorgere.

Tra tutti i discepoli sono uno ha un atteggiamento diverso dagli altri, il discepolo che Gesù amava. Questa espressione sta a significare che Giovanni era il discepolo in cui Gesù si compiaceva, perché si comportava da discepolo modello. Infatti è l’unico dei discepoli che ha avuto il coraggio di seguire Gesù sino alla croce, e il giorno della risurrezione, è il primo a comprendere che Gesù è risorto. Dinanzi alla tomba aperta, Maria di Magdala, senza entrare per accertarsi, pensa che qualcuno abbia trafugato il corpo di Gesù. Pietro entra, osserva la scena, e non sa cosa pensare. Solo Giovanni entra e comprende quello che è avvenuto: Vide e credette. Ma la sua fede è ancora germinale, e soprattutto tenne la cosa per se. Non comunicò a Pietro e agli altri quello che aveva creduto. La fede dei discepoli nella risurrezione diventerà matura quando Gesù, apparendo, spiegherà loro che tutto quello che gli era accaduto era secondo le Scritture. La parola di Dio pronunciata dai profeti nell’Antico Testamento diventa la chiave di lettura della vicenda di Gesù, della sua morte di croce e della sua risurrezione. La fede nella risurrezione si fonda dunque sulla parola di Dio.

Nella morte e risurrezione Gesù rivive la storia del popolo d’Israele. Questo popolo nella storia dell’umanità non ha mai contato, le grandi potenze di ogni epoca l’hanno sempre disprezzato. Ma Dio lo ha scelto per essere protagonista del suo progetto di salvezza. A questo si riferiscono le parole del Salmo: La pietra scartata dai costruttori/è divenuta la pietra d’angolo./Questo è stato fatto dal Signore:/una meraviglia ai nostri occhi. Gesù Cristo subisce la stessa sorte del suo popolo, ma  la subisce paradossalmente da parte del suo popolo, che lo rifiuta e non vuole riconoscerlo inviato di Dio e Messia. Il suo popolo lo fa condannare alla morte di croce, ma Dio lo risuscita dai morti: La pietra che i costruttori hanno scartato è divenuta la pietra d’angolo. Gesù è la pietra angolare nella costruzione della nuova umanità, che è la chiesa.

I testimoni legittimi di tutto quello che Gesù ha fatto e detto sono gli apostoli, come dice Pietro nella prima lettura: E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Sono i testimoni scelti da Dio della sua risurrezione: Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. Alla  testimonianza degli apostoli si unisce quella dei profeti dell’Antico Testamento. Gli uni e gli altri sono testimoni che Dio ha costituito Gesù giudice e salvatore: Chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome.

Chi crede in Gesù e accoglie la sua salvezza, non va incontro al giudizio, chi lo rifiuta, va incontro al suo giudizio, con cui ratificherà questo rifiuto.

Noi abbiamo creduto in Gesù e mediante il battesimo siamo stati uniti a lui morto e risorto. Dal momento del battesimo siamo partecipi della sua vita divina. Perciò come ci dice l’apostolo Paolo dobbiamo cercare le cose del cielo dove è Cristo, seduto alla destra di Dio. Cercare le cose del cielosignifica desiderare di stare pienamente con Gesù. Già siamo uniti a lui, ma non ancora in modo definitivo e perfetto. Sperimentando la dolcezza del suo amore, e gustando la gioia della sua amicizia, siamo spinti a desiderare una comunione con lui piena e senza fine, che coinvolga tutta la nostra persona, anima e corpo. Per raggiungere questa pienezza, dobbiamo intanto seguire Gesù sulla via dell’amore, che a volte può diventare per noi come lo è stato per lui, una croce. Ma la croce non è l’ultima parola, perché Gesù è risorto. Così nella misura in cui vivremo il suo amore parteciperemo alla pienezza della sua risurrezione.