Meditazioni del Tempo Pasquale 2023

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7 maggio 2023 – V Domenica di Pasqua

Liturgia della Parola: 1Lettura: At 6,1-7 — Salmo responsoriale: Sal 32 — 2Lettura: 1Pt 2,4-9  — Vangelo: Gv 14,1-12.

Omelia
Gesù parla della casa di Dio come un luogo in cui ci sono molte dimore, per accogliere gli uomini. Nella seconda lettura l’apostolo Pietro dice che noi cristiani come pietre vive siamo edificati su Gesù, pietra angolare, per formare il tempio di Dio. Gesù in seguito userà l’immagine della vite e dei tralci e l’apostolo Paolo quello del corpo e delle membra. Tutte queste immagini della casa con molti posti, delle pietre che formano il tempio, della vite e dei tralci, del corpo e delle membra vogliono esprimere la relazione che si stabilisce tra noi e Dio mediante Gesù Cristo. Infatti Gesù è la via, la verità e la vita. È via che ci mette in relazione con Dio: Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. È verità, in quanto ci fa conoscere il volto di Dio: Chi ha visto me, ha visto il Padre. È vita, in quanto ci rende partecipi della vita di Dio: Io sono nel Padre e il Padre è in me. Solo dopo che sarà morto e risorto Gesù diventa per noi via, verità e vita. Per questo Gesù alludendo alla sua morte e risurrezione dice che va a prepararci un posto nella casa del Padre: Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perchè dove sono io siate anche voi. Se Gesù non fosse morto e risorto, non avremmo avuto la possibilità di vivere in relazione con Dio.

C’era un grosso ostacolo che impediva la nostra comunione con Dio: il peccato. Con la sua morte Gesù espia i nostri peccati, con la sua risurrezione ci fa dono dello Spirito Santo.

Gesù diceva: verrò di nuovo e vi prenderò con me, perchè dove sono io siate anche voi. Questa venuta di Gesù per noi si realizza a partire dal sacramento del battesimo, in cui riceviamo il perdono dei peccati e il dono dello Spirito Santo. Quel giorno ci è stata data una dimora nella casa di Dio, come pietre vive siamo stati posti nella costruzione del tempio di Dio, siamo diventati membra del corpo e tralci della vite che è Gesù Cristo. Quest’unione spirituale con Gesù, spirituale perché è resa possibile dallo Spirito Santo, è la chiesa. E si accresce sempre più nella misura in cui noi partecipiamo alla celebrazione eucaristica, che è il momento più alto della presenza di Gesù tra noi. Il punto di partenza di tutta la nostra relazione con Gesù e quindi con Dio è la fede. Il giorno del nostro battesimo i nostri genitori hanno fatto la professione di fede. Divenuti adulti siamo chiamati a rinnovarla quotidianamente. La fede nasce dall’obbedienza alla parola di Dio. La predicazione della parola di Dio è fondamentale, perché senza di essa non c’è fede, e non c’è unione con Gesù e quindi con Dio, non c’è chiesa e non c’è salvezza. Come discepoli di Gesù siamo chiamati a nutrirci della parola di Dio per accrescere la nostra fede e siamo chiamati ad annunciarla a quelli che non hanno fede, perché accogliendola credano. L’altro compito fondamentale è il servizio della carità. Tutti siamo chiamati a questi due servizi, della parola e della carità. Nella chiesa ci sono alcuni che Gesù chiama in modo particolare a svolgere il servizio della parola, come il papa, i vescovi e i sacerdoti. E altri che chiama a svolgere in modo particolare il servizio della carità, come i diaconi. Il primato spetta al servizio della parola, perché è con la parola che nasce la fede e quindi si edifica la chiesa, e cresce la carità. La carità autentica è un dono di Dio, e quindi una conseguenza della fede. Il primato dunque spetta alla parola. I primi cristiani erano molto zelanti nell’annuncio della parola di Dio, e la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente.

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30 aprile 2023 – IV Domenica di Pasqua

Liturgia della Parola: 1Lettura: At 2,14a.36-41 — Salmo responsoriale: Sal 22 — 2Lettura: 1Pt 2,20b-25  — Vangelo: Gv 6,1-10.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse:

«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.

Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».

Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.

Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Parola del Signore.

Omelia
Gesù quando parla si serve sempre di immagini, parabole, paragoni, perché si imprimono nella nostra mente e rendono meglio l’idea di quello che vuole dire. Gesù oggi si serve dell’immagine di un recinto di pecore. Per accedere a questo recinto c’è una porta. Chi per accostarsi alle pecore non passa dalla porta ma sale da un’altra parte è una persona sospetta. Se c’è la porta, perché deve salire da un’altra parte? Gesù dice: È un ladro e un brigante. La similitudine portata da Gesù è chiara, bisogna capire a cosa si riferisce. Gesù allora spiega: Io sono la porta delle pecore. Se Gesù è la porta, comprendiamo che il recinto è la sua chiesa e noi siamo le sue pecorelle. Le pecore per entrare nel recinto devono passare dalla porta che è Gesù Cristo, e per uscire dal recinto e recarsi al pascolo devono passare sempre dalla porta che è Gesù Cristo. Quindi Gesù è la porta nel senso che solo attraverso di lui si entra a far parte della chiesa e solo attraverso di lui si ottiene la salvezza. Infatti le pecore per poter vivere devono uscire al pascolo e abbeverarsi. Per uscire ai pascoli della vita eterna devono passare dalla porta che è Gesù. Se vogliamo far parte del gregge di Gesù Cristo dobbiamo fare riferimento a lui, che significa ascoltare la sua voce. Come le pecore conoscono e ascoltano la voce del loro pastore, così noi dobbiamo conoscere e ascoltare la voce di Gesù. L’ascolto di cui si parla è quello fecondo che ci porta ad accogliere tutto quello che Gesù dice. Gesù ci fa conoscere il Padre, ci fa delle promesse che riguardano la vita presente e altre che riguardano la vita futura, ci dà dei comandi. Come pecore di Gesù Cristo, noi accogliamo la sua parola in tutto.

Con l’immagine della porta Gesù parla a tutti noi sue pecorelle, ma si rivolge in particolare a coloro che ha scelto in mezzo alle sue pecorelle per essere suoi rappresentanti, cioè il papa, i vescovi, i sacerdoti. Costoro sono rappresentanti di Gesù Cristo. Quando si dice che il presidente del consiglio non potendo essere presente ad una manifestazione pubblica ha mandato un suo rappresentante, non dobbiamo pensare che avvenga lo stesso per Gesù Cristo. I pastori della chiesa sono rappresentanti di Gesù Cristo che è sempre presente ma non è visibile. Sono rappresentanti di una persona presente. Dicendo: Io sono la porta delle pecore, Gesù vuole dire che coloro che ha chiamato ad essere pastori si accostano legittimamente alle sue pecore soltanto facendo riferimento a lui.

La liturgia della parola di oggi ci offre un esempio di un pastore che si accosta alle pecore facendo riferimento a Gesù, passando da lui che è la porta. Nella prima lettura Pietro il giorno di Pentecoste annuncia Gesù Cristo morto e risorto alla gente venuta a Gerusalemme per la festa. Quelli che si sentono interpellati dalle sue parole gli chiedono: Che cosa dobbiamo fare? E Pietro risponde: Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo. Nella seconda lettura Pietro si rivolge a quelli che sono già cristiani e dice che come cristiani siamo chiamati a seguire Gesù sulla via della croce, cioè dell’amore perfetto, non rendendo male per male, ma vincendo il male con il bene. Dunque Pietro si accosta alle pecore passando per la porta, che è Gesù, parlando di lui. È chiaro che Pietro non si limita a parlare di Gesù, ma imita Gesù Cristo con la sua condotta di vita, mettendo in pratica per primo quello che insegna agli altri. Dunque i pastori autentici parlano di Gesù e imitano Gesù, vivono in comunione con lui. Un pastore autentico vive in grazia di Dio. Quelli che non fanno riferimento a Gesù nel loro servizio alle pecore, Gesù li chiama ladri e briganti, e anche estranei. Sono così perché non vivono in comunione con Gesù, e poi perché nel loro insegnamento non fanno riferimento a lui. Comprendiamo più facilmente come un pastore possa non fare riferimento a Gesù nel suo comportamento, ci diventa più difficile capire come possa non fare riferimento a Gesù nel suo insegnamento. Ci sono tanti modi in cui questo può succedere. Porto un esempio. Oggi sembra che il mondo condivida molti dei valori cristiani: l’amore, la fratellanza, la misericordia, l’aiuto al prossimo, la solidarietà. Noi pastori nelle nostre omelie per essere inclusivi, un atteggiamento che oggi va di moda, potremmo essere tentati di sottolineare questi valori che il mondo condivide con noi ma tacere Gesù Cristo, o meglio parlarne sottovoce, perché Gesù Cristo è divisivo. Lo ha detto lui stesso. Facendo così stacchiamo i valori cristiani dalla sorgente che è Gesù Cristo. È come se dividessimo un fiume dalla sorgente, secca. Il mondo proclama questi valori, ma poi non riesce a viverli veramente. Pochi anni fa sembrava che il mondo con la globalizzazione fosse avviato ad una fraternità universale. Lo scoppio della guerra ha smentito tutto ciò. Senza Gesù Cristo non siamo capaci di amare veramente, di essere veri fratelli del prossimo, di vivere nella pace e costruire la pace. Dobbiamo guardarci dalla tentazione di accostarci alle pecore senza portare Gesù Cristo. Se lo facciamo non passiamo per la porta ma saliamo da un’altra parte come fanno i ladri e i briganti.

Dunque pecorelle e pastori dobbiamo passare per la porta che è Gesù Cristo, dobbiamo fare riferimento a lui, dobbiamo lasciarci guidare da lui, che è il nostro Dio e il nostro salvatore. Facendo così ciascuno di noi sperimenta quello che dice il salmista: Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla…Rinfranca l’anima mia…Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me.

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23 aprile 2023 – III Domenica di Pasqua

Liturgia della Parola: 1Lettura: At 2,14a.22-33 — Salmo responsoriale: Sal 15 — 2Lettura: 1Pt 1,17-21 — Vangelo: Lc 24,13-35.

Dal vangelo secondo Luca

Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.

Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».

Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».

Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Parola del Signore.

Omelia
Il vangelo all’inizio dice che i due discepoli, che non appartenevano al gruppo dei Dodici ma al gruppo più ampio dei discepoli di Gesù, abbandonata la comunità se ne ritornavano da Gerusalemme al loro villaggio Emmaus. Ritornavano alla vita di prima, prima che incontrassero Gesù. Alla fine del vangelo, dopo che hanno sperimentato che Gesù è vivo, ritornano senza indugio a Gerusalemme nella comunità, e trovano la conferma alla loro esperienza, ricevendo l’annuncio pasquale: Davvero il Signore è risorto!

Gerusalemme è la meta di Gesù. La missione di Gesù converge su Gerusalemme, dove egli manifesterà la gloria divina. La manifesterà morendo sulla croce. Gesù rivela che Dio è amore e quindi si comprende perché la sua gloria divina e la sua potenza si manifestano nella croce, quando dona la vita per noi. Dalla croce scaturisce la salvezza e la liberazione. I due discepoli non avevano compreso tutto questo. Essi attendevano da Gesù una liberazione politica: Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele. Pensavano che Gesù avesse liberato il popolo d’Israele dal dominio dei romani. Gesù viene a portare una liberazione che parte dal cuore dell’uomo. Viene a liberarci dal dominio del peccato, per cui, come dice l’apostolo, vediamo il bene e l’approviamo, ma poi facciamo il male. Viene a liberarci dall’incapacità di convertirci a Dio e quindi dal dominio della morte eterna verso cui tenderemmo inesorabilmente. Gesù viene a liberare il cuore dell’uomo dal peccato, che è la radice poi di ogni altra forma di dominazione, anche del dominio dei romani sugli israeliti. I due discepoli non avevano compreso tutto questo e, abbandonata la comunità, se ne ritornavano delusi alla vita di prima.

Gesù va ad a incontrarli sul loro cammino, apparendo come un viandante sconosciuto. E li rimprovera perché non hanno creduto alle parole dei profeti, che preannunciavano tutto quello che  riguardava il Cristo e si era realizzato in Gesù di Nazareth. Gesù, in fondo, ricorda ai discepoli quello che lui stesso ripetutamente aveva detto loro mentre salivano a Gerusalemme. Aveva predetto per tre volte la sua passione, morte e risurrezione secondo le parole dei profeti. I discepoli non avevano prestata la dovuta attenzione alla parola di Dio, e quindi non avevano colto il giusto significato di quello che era avvenuto. Quando poi Gesù si ferma a cena con loro, al momento di spezzare il pane, si aprono gli occhi dei discepoli e lo riconoscono. Ma lui scompare dalla loro vista. I discepoli ritornano senza indugio a Gerusalemme nella comunità dei discepoli, e li hanno la conferma che Gesù è vivo: Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!

Questo episodio del vangelo ci ricorda alcune cose importanti per la nostra vita cristiana. Innanzitutto non dobbiamo allontanarci da Gerusalemme, che è immagine della Chiesa. Infatti la chiesa di Gesù Cristo si manifesta a Gerusalemme il giorno di Pentecoste e poi si irradierà mediante la predicazione del vangelo in tutto il mondo. Il profeta Isaia aveva visto tutto questo nella visione riportata nel capitolo secondo del suo libro. Aveva visto i popoli in pellegrinaggio a Gerusalemme per conoscere il Dio d’Israele. E poi aveva visto la parola di Dio che usciva da Gerusalemme andando incontro ai popoli della terra. Aveva visto, cioè, la chiesa che da Gerusalemme si diffonde su tutta la terra mediante la predicazione del vangelo. Gerusalemme è figura della chiesa. Gesù riporta a Gerusalemme nella comunità i due discepoli che se ne erano allontanati. La seconda cosa da tenere a mente è che Gesù è unito inseparabilmente a noi discepoli e ci accompagna nel cammino della vita. Ma se ci allontaniamo dalla chiesa, perdiamo la capacità di riconoscere la sua presenza accanto a noi, come stava capitando ai due discepoli, i cui occhi erano impediti a riconoscerlo. La terza cosa da ricordare è che per avere gli occhi aperti su Gesù dobbiamo accogliere con fede la parola di Dio, dobbiamo nutrirci della parola di Dio, che è luce per la nostra vita. Gli occhi dei due discepoli si aprono dopo che Gesù spiega loro le Scritture. Infine ricordiamo che Gesù è presente in sommo grado nel sacramento dell’eucaristia. I due discepoli infatti lo riconoscono quando spezza il pane, quando cioè compie lo stesso gesto dell’istituzione dell’eucaristia. Da qui l’attenzione e il rispetto verso questo sacramento, sia nell’adorazione e sia nella comunione.

Nella prima lettura l’apostolo Pietro sta parlando agli abitanti di Gerusalemme il giorno di Pentecoste. Nel suo discorso Pietro si comporta come si era comportato Gesù con i due discepoli di Emmaus. Pietro spiega che nella morte e risurrezione di Gesù si sono realizzate le parole dei profeti riguardo al Cristo. Davide aveva preannunciato la risurrezione di Gesù nel Salmo 15 quando si rivolge a Dio e dice: tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione.

Nella seconda lettura, sempre l’apostolo Pietro si rivolge a quelli che sono diventati cristiani da poco e ricorda loro che hanno avuto il privilegio di rivolgersi a Dio chiamandolo: Padre. Questa confidenza con Dio non deve portare a rilassarci nella condotta morale, perché Dio oltre ad essere nostro Padre è anche nostro giudice. E se dovesse giudicarci e condannarci per la nostra immoralità, gli recheremmo un grande dispiacere. Dio ha sofferto per la sofferenza del Figlio Gesù, che con la sua morte ha espiato i nostri peccati. E ogni volta che facciamo il peccato, crocifiggiamo in cuor nostro Gesù, provocando la sua sofferenza e quella di Dio Padre, che deve disapprovarci. Allora l’apostolo Pietro ci esorta a vivere sulla terra con timore, il timore dei figli che non vogliono recare al Padre celeste nessun dispiacere, ma imitando Gesù vogliono vivere in modo da compiacerlo sempre.

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16 aprile  2023 – II domenica di Pasqua o della Divina Misericordia

Liturgia della Parola: 1Lettura: At 2,42-47 — Salmo responsoriale: Sal 117 – 2Lettura: 1Pt 1,3-9 — Vangelo: Gv 20,19-31.

Dal Vangelo secondo Giovanni

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Parola del Signore.

Omelia
La sera di quel giorno, il primo della settimana. Al mattino di questo giorno le donne erano andate al sepolcro e avevano scoperto la tomba vuota. È il giorno della risurrezione di Gesù, che in seguito i cristiani chiameranno domenica, che significa giorno del Signore. È il giorno in cui i cristiani si raduneranno per celebrare la santa messa secondo il comando del Signore: Fate questo in memoria di me. Per questo motivo siamo qui radunati oggi che è domenica. Certo, la messa viene celebrata tutti i giorni, ma la messa domenicale ha un carattere speciale, perché ricordiamo in questo giorno la risurrezione di Gesù.

Gesù risorto appare la sera di quel giorno ai discepoli che erano riuniti nel cenacolo, nel luogo dove aveva consumato con loro l’ultima cena e istituito la santa messa. Gesù appare e comunica ai discepoli i frutti della sua pasqua, della sua passione, morte e risurrezione. Con la sua morte Gesù ha espiato i nostri peccati, e ci riconcilia con Dio, con la sua risurrezione effonde su di noi lo Spirito Santo. Difatti Gesù prima dona la pace e poi dona lo Spirito Santo. Comunica lo Spirito Santo soffiando sui discepoli: soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo. Il soffio di Gesù ci fa venire in mente il racconto della creazione dell’uomo di Gen 2,7: Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Nella creazione Dio infonde nell’uomo l’anima che è il principio della vita biologica. Dio continua a fare questo per ogni uomo nel momento del concepimento. Quando l’anima si separa dal corpo, c’è la morte biologica. Gesù comunica lo Spirito Santo mediante il quale i discepoli diventano partecipi della vita divina. Nello stesso momento Gesù affida ai discepoli il compito di continuare nel mondo la sua missione di salvezza. Dovranno comunicare agli uomini i frutti della sua Pasqua, e cioè il perdono dei peccato e il dono dello Spirito Santo.

Noi abbiamo ricevuto per la prima volta i frutti della Pasqua di Gesù nel battesimo. Nel battesimo siamo stati liberati dai peccati, dal peccato originale, se eravamo ancora infanti, anche dai peccati attuali, se eravamo adulti. E poi abbiamo ricevuto il dono dello Spirito Santo, diventando figli di Dio, partecipi della stessa vita divina.

Gesù diceva ai discepoli che per comunicare i frutti della sua Pasqua dovevano operare un discernimento: A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati. Dall’episodio di Tommaso comprendiamo qual è il criterio che di discepoli dovranno usare per operare questo discernimento. In un primo momento Tommaso non crede all’annuncio dei discepoli che Gesù è risorto. Non crede all’annuncio della chiesa, perché i discepoli costituiscono la chiesa nascente. Comportandosi così, Tommaso si rende inabile a ricevere i frutti della Pasqua. Quando poi, dopo aver visto Gesù, fa una professione di fede nella sua divinità, allora può ricevere i frutti della sua Pasqua. Gesù lo rimprovera perché non ha creduto alla testimonianza dei discepoli e proclama beati quelli che crederanno senza vedere: Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto! Noi siamo beati, perché crediamo alla testimonianza dei discepoli che Gesù è davvero risorto ed è in mezzo a noi. Beati, perché credendo siamo partecipi della stessa vita di Dio.

Con il battesimo diventiamo anche membri della chiesa, la famiglia dei figli di Dio. Nella prima lettura viene descritta la vita della chiesa delle origini: Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. La comunità cristiana si fonda su tre pilastri, l’insegnamento, la comunione, l’eucaristia. Innanzitutto l’insegnamento della parola di Dio, per imparare a ragionare, a guardare e a valutare le cose come lui. Poi la comunione, che qui indica lo stare insieme e l’aiuto reciproco. Infine l’eucaristia, indicata con l’espressione spezzare il pane. La comunità cristiana si regge su questi tre pilastri, che devono stare tutti insieme. Se ne manca uno solo, la comunità non si regge più. I primi cristiani erano perseveranti a partecipare all’insegnamento, alla carità e alla celebrazione. Stavano attenti a non mancare. Solo mediante questa perseveranza possiamo crescere come figli di Dio e come famiglia dei figli di Dio.

Con il battesimo diventiamo anche eredi del paradiso. Sin da adesso siamo partecipi della vita divina, ma ancora non in modo pieno e definitivo. La seconda lettura ci ricorda quello che è l’oggetto della nostra speranza: la salvezza delle anime. Si tratta della salvezza definitiva nel paradiso, quando potremo godere di Dio, vedendolo faccia a faccia.

Chiediamo al Signore, che dopo aver proclamato su questa terra il suo amore che è per sempre, possiamo un giorno cantarlo nel cielo in eterno.

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9 aprile 2023 – Domenica di Pasqua: Risurrezione del Signore

Liturgia della Parola: 1Lettura: At 10,34a.37-43 — Salmo responsoriale: Sal 117 – 2Lettura: Col 3,1-4  — Vangelo: Lc 24,13 – 35.

Dal Vangelo secondo Luca

Ed ecco, in quello stesso giorno, [il primo della settimana,] due [dei discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.

Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non lhanno visto».

Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.

Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero lun laltro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».

Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Parola del Signore.

Omelia
I discepoli di Gesù si trovarono impreparati alla sua morte e alla sua risurrezione, perché non avevano dato peso alle sue parole. Per tre volte mentre saliva con i suoi discepoli a Gerusalemme Gesù aveva predetto la sua passione, morte e risurrezione. Se i discepoli fossero stati attenti alle sue parole, non sarebbero stati colti di sorpresa dalla morte e non sarebbero andati in crisi. E dopo la morte avrebbero atteso la risurrezione. Ma i discepoli, come facciamo spesso anche noi, non avevano prestato la dovuta attenzione alle parole di Gesù.

La comunità dei discepoli, ora che Gesù è morto, rischia di disgregarsi se egli non interviene a radunarla di nuovo. Questi due discepoli, abbandonata la comunità, se ne ritornavano alla vita di prima, tristi e delusi: Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele.

Gesù si affianca a questi due discepoli, che non facevano parte del gruppo dei Dodici, ma del gruppo più ampio dei discepoli, e appare loro come un viandante sconosciuto che sta facendo la stessa strada. L’evangelista annota: ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Alla finedirà: si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.

Il viandante sconosciuto li rimprovera per la loro difficoltà a credere alle parole dei profeti. Gesù nel predire la sua passione, morte e risurrezione, si era richiamato alle parole dei profeti. Si dovevano adempiere in lui le parole dei profeti. Questo viandante dimostra sulla base delle Scritture che tutto quello che era accaduto a Gesù di Nazareth doveva realizzarsi nel Cristo. Quindi Gesù era il Cristo, il Messia atteso. Le parole della Scrittura spiegate da Gesù aprono gli occhi ai due discepoli che lo riconoscono nello spezzare il pane.

Quando si aprono i loro occhi, i discepoli comprendono diverse cose. Innanzitutto che Gesù è vivo e cammina su questa terra insieme ai discepoli. Avevano sperimentato in prima persona che Gesù li aveva accompagnati lungo il cammino. Comprendono che Gesù è presente quando si celebra l’eucaristia, in obbedienza al suo comando: Fate questo in memoria di me. Comprendono che Gesù è presente nella comunità dei suoi discepoli, secondo la sua promessa: Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo.

I loro occhi si aprono dopo che Gesù spiega le Scritture e spezza il pane, i due atti fondamentali che compongono la santa messa. Perciò ritornano subito nella comunità da cui si erano allontanati, perché hanno compreso che Gesù si rende presente e visibile lì. Con il suo intervento Gesù riporta nella comunità i due discepoli che si era allontanati e rischiavano di perdersi. Se si perde il contatto con la comunità, cioè la chiesa, si perde anche il contatto con Gesù, nel senso che non sappiamo più riconoscere la sua presenza con noi nel cammino della vita, e cessiamo di essere suoi discepoli. Nella comunità Gesù si rende presente, si fa udire attraverso la parola e si fa vedere mediante i segni sacramentali, innanzitutto l’eucaristia. I discepoli ritornano e trovano la comunità radunata che annunciava: Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!

Gesù risorto dunque è presente nella sua comunità che celebra la santa eucaristia, è presente nella sua comunità che celebra i suoi sacramenti. È lui che opera nei sacramenti, e li rende efficaci. I ministri sono solo suoi strumenti. Senza di lui il battesimo non libererebbe dal peccato originale e non renderebbe figli di Dio, nella messa il pane non si trasformerebbe nel suo corpo e nel suo sangue. Senza di lui tutto sarebbe una cerimonia morta. Invece con la sua presenza i sacramenti comunicano la salvezza.

Nella prima lettura abbiamo un esempio su come i primi discepoli facevano il primo annuncio di Gesù Cristo. Puntavano sui due avvenimenti principali della sua opera di salvezza, cioè morte e risurrezione: Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno. Quelli che accoglievano il primo annuncio e si convertivano a Gesù Cristo, seguivano poi le catechesi in cui approfondivano la conoscenza di Gesù, e potevano comprendere, come dice il salmo, che: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d’angolo. In Gesù si ricapitola la vicenda storica del suo popolo, Israele. Gli israeliti sono stati sempre disprezzati dalle grandi potenze terrene, in quanto  piccoli e insignificanti. Gesù ha subito la stessa sorte, ma proprio da parte dei suoi connazionali, che lo hanno rifiutato. Continua a subire la stessa sorte in ogni generazione da parte di quegli uomini che lo considerano ininfluente nella loro vita e nella costruzione della storia. Come Dio ha costituito il popolo d’Israele pietra angolare nella preparazione del suo progetto di salvezza, infatti Gesù è un Israelita, così ha costituito Gesù pietra angolare nella realizzazione del suo progetto di salvezza. Da Gesù viene fuori la nuova umanità che vive secondo Dio, la chiesa. Nella seconda lettura l’apostolo ricorda che mediante il battesimo siamo risorti con Cristo. Con il battesimo siamo entrati a far parte della chiesa, la nuova umanità secondo il progetto di Dio. La caratteristica di questa nuova umanità è che gli uomini seguono e imitano Gesù Cristo, a questo si riferisce l’apostolo esortando a cercare le cose di lassù non quelle della terra. Seguendo Gesù, prendiamo le distanze dall’uomo terreno che vive da egoista, e impostiamo la nostra vita sull’amore, amando come Gesù ci ha insegnato. L’egoismo porta alla morte eterna, l’amore di Gesù Cristo porta alla vita eterna.

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