Meditazioni tempo ordinario 2024

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6 ottobre 2024 – XXVII domenica tempo ordinario B

Liturgia della Parola: 1Lettura: Gen 2,18-24 — Salmo responsoriale: Sal 127 – 2Lettura: Eb 2,9-11 — Vangelo: Mc 10,2-16. 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».

Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

Parola del Signore.

Omelia

A Gesù pongono una domanda su un argomento attualissimo. Gli domandano se è lecito ad un marito ripudiare la propria moglie. In linguaggio corrente, se è lecito divorziare. Gesù risponde citando la Bibbia. Nella Bibbia ci sono due racconti della creazione dell’uomo e della donna. Gesù prende parole da entrambi i racconti: [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. E poi aggiunge, è Gesù che parla: Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto. Gesù vuole dire che Dio è all’origine di ogni coppia. Dio non ha creato solo la prima coppia, ma ogni coppia. In che modo?

Un uomo e una donna si incontrano e sboccia l’amore vicendevole, quindi si dichiarano, e poi prendono la decisione di sposarsi perché sentono il bisogno di stare insieme per tutta la vita. In tutto questo l’attore principale è Dio. È lui che suscita l’amore, è lui che fa nascere il desiderio di stare insieme per tutta la vita. All’origine della coppia umana c’è dunque Dio. Quando due si uniscono in matrimonio, liberamente e per amore, questo è opera di Dio. Dio vuole che l’unione matrimoniale duri per tutta la vita. Ma lo vogliono anche gli sposi. Se noi domandassimo ad una coppia di sposi quando vengono in chiesa per celebrare il matrimonio, per quanto tempo vogliono stare insieme, risponderanno prontamente: per sempre. E sono sinceri, altrimenti non verrebbero a celebrare il matrimonio. La volontà di Dio e la volontà degli sposi combaciano perfettamente. Infatti è Dio stesso che ha ispirato questa volontà agli sposi. Ma allora perché c’è il divorzio?

Perché la creazione è ferita dal peccato, perché noi siamo feriti dal peccato. Gesù dice che il divorzio dipende dalla durezza del cuore dell’uomo. Il cuore indurito è insensibile alla voce di Dio. Così succede che due che si sono amati e si sono sposati, ad un certo punto incominciano a non intendersi più, l’amore svanisce, e decidono di separarsi. Per capire l’indissolubilità del matrimonio e per poterla vivere è necessaria la fede in Dio. Fede nella parola di Dio che vuole l’unione coniugale per tutta la vita, fede nella sua potenza capace di guarire le crisi e le difficoltà della coppia. Vi porto un esempio per spiegarmi meglio.

Anni fa tenni un corso prematrimoniale e accompagnai alcune coppie al matrimonio. Una di queste dopo alcuni anni va in crisi. Allora parlo con entrambi, marito e moglie e cerco di farli ragionare. Dico loro: se uno il giorno del matrimonio vi avesse detto che col tempo avreste sperimentato tra voi due incomprensioni al punto da prendere la decisione di separarvi, gli avreste creduto? Mi hanno risposto: no, non gli avremmo creduto. E vi sareste sbagliati, gli dico, infatti è successo. Ora, però, se uno vi dicesse che con l’aiuto di Dio, la crisi sorta tra voi può essere sanata e potete sperimentare un nuovo amore, forse più forte di prima, gli credereste? Mi rispondono, non so, è difficile. E io gli rispondo: vi state sbagliando ancora, perché niente è impossibile a Dio. Questa coppia, mancando di fede in Dio, è giunta alla separazione e al divorzio.

C’è un altro esempio, che mi è stato raccontando dalle suore di Clausura di Taurianova. Una donna subisce il tradimento del marito, che se va da un’altra donna, pur continuando a ritornare la sera nella casa coniugale. La moglie chiede aiuto alle suore di Clausura, che pregano per lei. Da parte sua non caccia di casa il marito. Prega per lui, per la sua conversione, si affida alla potenza di Dio. Dopo cinque anni, avviene quello che sembrava impossibile. Il marito si converte, le chiede perdono. Adesso si amano più di prima, e insieme rendono testimonianza alle altre coppie che con l’aiuto di Dio è possibile superare qualsiasi difficoltà e custodire il legame matrimoniale.

Attenzione, da parte mia non mi sento di giudicare nessuna coppia che ha spezzato il vincolo matrimoniale. È possibile che quella unione era invalida. Questo lo sa solo Dio con certezza e poi i diretti interessati. Poi ci sono coniugi che hanno subito l’abbandono da parte dell’altro coniuge. Qui non stiamo esprimendo alcun giudizio, stiamo solo spiegando la parola di Dio e raccontando dei fatti. Dalla parola di Dio e dai fatti si deduce che se gli sposi vogliono vivere il matrimonio con un amore fedele e inesauribile devono stare uniti a Gesù, credere in lui e nella sua potenza, attingere al suo amore. Infatti, la sposa di Taurianova, dove ha trovato la forza per accogliere il marito a casa in tutto quel periodo in cui sapeva che la tradiva? Dove ha trovato la forza di perdonarlo e di rendergli bene per male? Evidentemente in Gesù Cristo. Infatti si è rifugiata in lui con la preghiera.

Il vangelo di oggi si concludeva con Gesù che accoglie i bambini e dice: In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso. Dobbiamo rapportarci con Dio e con Gesù come fa un bambino. Che cosa ha il bambino di speciale perché Gesù ce lo presenti come esempio da imitare? Il bambino si fida di mamma e di papà, pensa che facciano tutto per il suo bene. Il bambino non dubita di quello che gli dicono mamma e papà. Noi dobbiamo fare lo stesso con Dio. Fidarci di tutto quello che ci dice e ci comanda, anche se a volte non lo comprendiamo. Sappiamo però che è per il nostro bene.

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29 settembre 2024 – XXVI domenica tempo ordinario B

Liturgia della Parola: 1Lettura: Nm 11,25-29 — Salmo responsoriale: Sal 18 – 2Lettura: Gc 5,1-6 — Vangelo: Mc 9,38-43.45.47-48. 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.

Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere dacqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.

Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

Parola del Signore.

Omelia

Nel vangelo di oggi Gesù tratta due questioni, la prima riguarda quelli che sono esterni alla chiesa e simpatizzano per lui, la seconda riguarda lo scandalo.

I discepoli incontrano un tale che scacciava demoni nel nome di Gesù e volevano impedirglielo perché non apparteneva al loro gruppo. Ai discepoli questo tale appariva un usurpatore, perché negli esorcismi invocava Gesù ma poi non lo seguiva. Gesù invece risponde che non devono considerarlo un nemico, visto che attribuisce autorità al suo nome. Da questo Gesù ci fa capire che egli possiede amici anche al di fuori della chiesa visibile, e come annunciatori del vangelo dobbiamo puntare proprio a questi per aiutarli a compiere il passo successivo di diventare apertamente cristiani.

C’è poi la questione dello scandalo. Che cos’è lo scandalo? La parola scandalo significa inciampare ed è un’immagine per indicare il peccato, che ci fa inciampare nel cammino verso Dio. Scandalizzare significa spingere gli altri a peccare. Bisogna chiarire bene questo significato di scandalizzare secondo la Bibbia che è un po’ diverso dal significato corrente. Nel linguaggio corrente noi diciamo che uno scandalizza quando con le sue parole o le sue azioni provoca sconcerto negli altri. Nel linguaggio biblico scandalizzare significa anche questo ma soprattutto spingere al peccato. Lo scandalo dunque per essere tale è un peccato grave di dominio pubblico. E spinge gli altri al peccato perché provoca l’emulazione. Gesù dice: Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. I piccoli sono i cristiani più suggestionabili e quindi influenzabili da un’azione cattiva. È molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Gesù vuole dire che il castigo che attende chi commette uno scandalo è così terribile che sarebbe più tollerabile per lui essere ucciso per annegamento. Era una pena praticata nell’antichità. Al condannato veniva legata al collo una grossa pietra e poi gettato nel mare. Per gli israeliti era una pena temibile in quanto il corpo rimaneva insepolto. La condanna all’annegamento per quanto possa essere terribile è sempre di meno rispetto all’inferno.

Poi Gesù parla del peccato grave in generale, e prende in considerazione alcuni organi del corpo che concorrono al compimento del peccato: la mano, il piede, l’occhio. Le parole di Gesù non vanno prese alla lettera ma a senso. Gesù non vuole dire che dobbiamo mutilarci per evitare il peccato, perché, anche se lo facessimo, non elimineremmo del tutto il peccato. La radice del peccato è nel cuore, come Gesù spiega in un’altra occasione. Gli organi del corpo sono solo strumenti. Certo per noi gli organi del corpo sono preziosi. Nessuno è disposto a privarsi di un organo del corpo. A volte bisogna farlo per evitare la morte, quindi per un bene maggiore. Gesù ci dice che è meglio per noi privarci di un organo del corpo, che peccare e così andare a finire all’inferno. Con il peccato ci separiamo da Dio e questa separazione può diventare eterna. L’inferno è la separazione eterna da Dio. Tutti abbiamo bisogno di Dio, anche quelli che dicono di non credere. Dio per noi è come l’aria, come la luce, come il cibo. La separazione eterna da Dio è la cosa più terribile che possa capitarci. Gesù dunque ci mette in guardia da questo pericolo che incombe su di noi con il peccato. Dobbiamo dunque fare di tutto per evitare il peccato, essere disposti pure a perdere un organo del corpo piuttosto che compiere il peccato.

A questo punto sorge una domanda: Con queste parole Gesù vuole dire che quelli che hanno commesso scandali e quelli che hanno commesso peccati gravi vanno inesorabilmente all’inferno? No, assolutamente. La misericordia di Dio è più grande di tutti i nostri peccati. La misericordia di Dio è come un mare, e i nostri peccati, anche se fossero gravissimi, sono come una goccia che viene assorbita dal mare della misericordia di Dio. Gesù difatti dice: In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna. Nel catechismo vengono elencati sei peccati contro lo Spirito Santo, tra cui l’ostinazione e l’impenitenza finale. L’uomo si ostina al male, rifiuta di convertirsi e quindi di accogliere la misericordia di Dio sino alla fine. Tutti i peccati possono essere perdonati, tranne nel caso in cui l’uomo rifiuta di pentirsi.

Sorge allora un’altra domanda. Stando così le cose, perché Gesù ha usato un linguaggio così severo parlando dello scandalo e del peccato, poteva essere più rassicurante, invece usa parole veramente dure.

Per comprendere questo facciamo un esempio. Ci sono due persone che fanno uso di droga. Uno dei due ad un certo punto si accorge che si fa del male, e smette. Anche l’altro se ne accorge e lo sperimenta nella propria vita, la droga danneggia la mente, il fegato, ecc., ma non ci riesce. Non riesce a liberarsi dalla dipendenza dalla droga. Questa dipendenza lo porterà alla morte. La stessa cosa succede con il peccato, c’è chi si rende conto del male del peccato, sia perché gli rimorde la coscienza e sia perché ne sperimenta le conseguenze cattive, e con l’aiuto di Dio si converte. C’è chi invece ne diventa dipendente e non riesce a liberarsene, ostinandosi al male fino ad arrivare all’impenitenza finale. Ecco perché Gesù ci mette in guardia dal pericolo del peccato con parole severe, come fanno un padre e una madre con il proprio figlio per dissuaderlo dal prendere una strada pericolosa.

Ringraziamo il Signore per i suoi avvertimenti, che ci aiutano ad evitare il peccato e a pentircene se l’avessimo commesso, e chiediamogli di aiutarci nel combattimento contro lo spirito del male. Chiediamogli di non permettere mai che ci separiamo da lui, nostro salvatore.

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22 settembre 2024 – XXV domenica di Quaresima B

Liturgia della Parola: 1Lettura: Sap 2,12.17-20 — Salmo responsoriale: Sal 53 — 2Lettura: Gc 3,16-4,3 — Vangelo: Mc 9,30-37. 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio delluomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia lultimo di tutti e il servitore di tutti».

E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Parola del Signore.

Omelia

Gesù annuncia ai suoi discepoli per la seconda volta la sua pasqua, la sua passione, morte e risurrezione. Nei vangeli ci sono tre annunci da parte di Gesù della sua pasqua. Per ben tre volte Gesù preannuncia ai suoi quello che sta per accadergli a Gerusalemme. Ma i discepoli, dice l’evangelista, non capivano queste parole. Certo, capivano che cosa significava essere ucciso, ma non capivano come ciò potesse accadere al Cristo di Dio. I discepoli hanno già riconosciuto che Gesù è il Cristo di Dio che deve inaugurare il regno di Dio sulla terra. Non capiscono come il Cristo possa essere ucciso, perché essi pensano alla gloria di Dio secondo la mentalità del mondo. Il Cristo di Dio deve inaugurare il regno di Dio e quindi manifestare la sua gloria. Secondo il mondo in che modo si manifesta la gloria? Con il potere, con il successo, con la vittoria sui nemici. I discepoli immaginavano che la gloria di Dio si dovesse manifestare in questo modo. Ecco perché non capiscono l’annuncio di Gesù che egli deve essere ucciso. Per i discepoli il Cristo ucciso è una cosa inconcepibile, perché significherebbe che è sconfitto, vinto. Non comprendono la croce di Gesù perché non comprendono la gloria di Dio.

Dio non ha bisogno di manifestare la sua gloria, mostrando i muscoli, perché tutto l’universo è nelle sue mani. Pur potendo fare ogni cosa, pur essendo onnipotente, Dio vuole manifestare la sua gloria nel modo che gli è più congeniale, l’amore. Per questo la gloria di Dio si manifesta in Gesù Cristo crocifisso, perché lì si manifesta l’amore di Dio per noi. Ma i discepoli non comprendono tutto questo, e neppure noi, dopo aver fatto questa spiegazione possiamo dire di aver compreso tutto, o almeno di essere convinti di questa gloria di Dio, che appare debolezza. La fede però come fa sempre ci aiuta a guardare la realtà in profondità, perché l’apparenza spesso inganna.

Gesù preannunciava la sua pasqua, i discepoli discutono tra loro chi sia il più grande. I discepoli pensano al regno che Gesù viene ad inaugurare, e, siccome lo pensano alla maniera umana, pensano alle cariche che dovranno occupare. In un regno ci sono tante cariche prestigiose. Sappiamo da un altro episodio, che due discepoli, i fratelli Giacomo e Giovanni, chiedono a Gesù di poter stare nel suo regno uno alla sua destra e uno alla sua sinistra. In un regno quelli che stavano ai lati del re, erano evidentemente i secondi nel regno. I discepoli dunque discutono di onori e prestigio, secondo la logica del mondo. Arrivati a Cafarnao Gesù domanda loro di cosa stavano parlando lunga la via. I discepoli non rispondono nulla. Si rendono conto che la loro discussione non era buona. Gesù allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia lultimo di tutti e il servitore di tutti».

Gesù non condanna il desiderio di essere grandi e di essere primi, ma bisogna essere grandi e primi secondo la mentalità di Dio. Mentre noi siamo qui, Dio sta provvedendo per noi. Non lo vediamo, non lo sentiamo, eppure Dio è all’opera per noi, ci serve dalla mattina alla sera. Sapete quando ci accorgiamo che Dio si prende cura di noi? Quando ci viene a mancare qualcosa e poi lo supplichiamo di aiutarci e siamo esauditi. Allora ci rendiamo conto che Dio si prende cura di noi, ma lo fa sempre, in ogni momento. Questa provvidenza continua di Dio non appare a tutti. Dio ha voluto darci una chiara testimonianza della sua provvidenza per noi nel suo Figlio Gesù Cristo. Come si è comportato Gesù Cristo? Ha servito gli uomini in tutte le loro necessità. Si presentava il lebbroso e lo guariva, il peccatore e gli perdonava i peccati, la gente che aveva bisogno di mangiare e moltiplicava i pani. Con il suo insegnamento si preoccupa poi di indicare a tutti la strada che porta a Dio, morendo sulla croce ci acquista la salvezza. Gesù dunque si preoccupa di servire gli uomini, e compie l’ultimo servizio, il più importante nella morte di croce. Gesù ci insegna che l’amore vero è servizio. Dunque la vera grandezza consiste nell’amore, amando come Gesù ci ha insegnato, servendo il prossimo, facendosi carico dei bisogni del prossimo.

Non si sente umiliato Dio a servirci in continuazione, non si sente umiliato Gesù a servirci fino alla morte di croce? Per comprendere meglio questo mi rivolgo ai più piccoli in mezzo a noi: i vostri genitori vi servono dalla mattina alla sera. Si sentono forse umiliati perché debbono servirvi? Certamente no, perché lo fanno con amore. Dio ci serve perché ci ama. I genitori ci servono e ci amano proprio perché Dio che li ha creati ha impresso in loro il suo carattere. Se vogliamo essere grandi, dobbiamo impegnarci ad amare come Gesù, mettendoci a servizio degli altri, in particolare i più deboli e indifesi. Abbiamo ascoltato che Gesù prende un bambino, lo pone in mezzo, e abbracciandolo dice ai discepoli: Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato. Il bambino qui è immagine dei più deboli e indifesi. Chi è più indifeso di un bambino? Dobbiamo amare tutti, ma in particolare i più deboli e indifesi.

Il re di Francia san Luigi IX alcuni giorni della settimana invitava a mensa dei poveri e li serviva personalmente. Poi li congedava dando loro del cibo e dei vestiti. Faceva questo ogni settimana. Lo faceva volentieri, perché aveva compreso bene la parola di Gesù.

Se seguiamo il modo di ragionare di Dio, cioè la sapienza di Dio, vivremo nella pace e diventeremo operatori di pace. Al contrario se seguiamo il modo di ragionare del mondo, saremo sempre  insoddisfatti. Nella seconda lettura l’apostolo Giacomo dice ai destinatari: Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Giacomo si sta rivolgendo a dei cristiani che seguono la mentalità del mondo. E quindi tra loro ci sono invidie e gelosie, che generano liti e contese. Ma non conoscevano la parola di Gesù? Sicuramente la ascoltavano quando partecipavano alla messa, ma la lasciavano scivolare via. Se uno viene in chiesa e ha il cuore chiuso a Dio, fa scivolare via la parola di Dio. Questi cristiani seguivano la mentalità del mondo, e quindi erano pieni di passioni cattive che si riflettevano poi nella comunità con rivalità e inimicizie.

Abbiamo bisogno di convertirci sempre più, di assimilare la sapienza di Dio e di svuotarci della sapienza del mondo. Questo possiamo farlo con la lettura assidua della parola di Dio e con la preghiera continua al Signore, affinché ci trasformi come lui ci vuole.

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15 settembre 2024 – XXIV domenica di Quaresima B

Liturgia della Parola: 1Lettura: Is 50,5-9a — Salmo responsoriale: Sal 114 — 2Lettura: Gc 2,14-18— Vangelo: Mc 8,27-35. 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».

Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.

 E cominciò a insegnare loro che il Figlio delluomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.

Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Vadietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

Parola del Signore.

Omelia

Gesù è in un momento da solo con i dodici apostoli. Spesso è accompagnato anche dagli altri discepoli ed è circondato dalla folla. Ora si trova solo con i dodici. Gesù pone loro delle domande, non tanto per sapere quanto per farli riflettere. Gli evangelisti a volte annotano che Gesù conosceva i pensieri delle persone che gli stavano davanti. Quindi non aveva bisogno di domandare per sapere. Le sue domande mirano a far riflettere i dodici apostoli. Gesù innanzitutto domanda cosa la gente pensi di lui. Gli apostoli riferiscono le opinioni della gente. La gente tutto sommato pensava che Gesù fosse un profeta inviato da Dio. Questo è giusto ma non è sufficiente. Gesù è più di un profeta. Allora Gesù rivolge la domanda ai suoi: Voi, chi dite che io sia? I dodici apostoli non sono come la gente, stanno con lui h24. Lo seguono dovunque vada. In privato gli pongono domande per approfondire il suo insegnamento. Voi, chi dite che io sia? Pietro a nome di tutti risponde: Tu sei il Cristo. Nel vangelo di Matteo Gesù risponde a Pietro: Nè carne nè sangue te lo hanno rivelato ma il Padre mio che sta nei cieli. Pietro confessa la vera identità di Gesù e arriva a questa confessione non con l’intelligenza ma con la fede. Certamente insieme agli altri apostoli aveva assistito ai miracoli di Gesù, era rimasto colpito dal suo insegnamento. Intuiva qualcosa di lui. Ora la domanda di Gesù porta quest’intuizione alla consapevolezza. Ma da sola l’intelligenza non sarebbe stata capace di cogliere la vera identità di Gesù. C’è bisogno della fede, che illumina l’intelligenza di Pietro e gli fa confessare: Tu sei il Cristo. Tu sei il Cristo promesso da Dio al re Davide, il Cristo di cui hanno parlato i profeti, il Cristo atteso da Israele che viene a salvare il suo popolo. La confessione di Pietro costituisce una tappa importante nella vita dei discepoli, perché prendono consapevolezza dell’identità di Gesù. Questo non vuol dire che hanno compreso tutto di lui, come dimostra il seguito del racconto. Anche noi che siamo qui e seguiamo Gesù Cristo da tempo, abbiamo sempre bisogno di approfondire la sua conoscenza.

Dopo che i discepoli hanno compreso che è il Cristo, Gesù incomincia a parlare di quello che lo attende: E cominciò a insegnare loro che il Figlio delluomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Gesù deve completare la sua missione con la passione, morte e risurrezione, perché egli è il servo sofferente del Signore di cui aveva parlato il profeta Isaia, venuto ad espiare i peccati del popolo. Gli apostoli quando sentono queste parole di Gesù vanno in tilt, e per loro è inconcepibile che il Cristo debba soffrire, venire umiliato con la morte di croce. Il Cristo di Dio deve manifestare la potenza di Dio. Essi pensano secondo gli uomini e immaginano la potenza di Dio alla maniera umana. Secondo gli uomini la potenza si manifesta con la forza, con le armi, con il successo. Dio non ha bisogno di manifestare così la sua potenza, perché egli può fare ogni cosa. Tutta la realtà è nelle sue mani. Dio non vuole manifestare la sua potenza alla maniera umana, vuole manifestarla attraverso il modo che gli è più congeniale, l’amore. Nella morte di croce di Gesù si rivela l’amore di Dio e quindi la potenza di Dio. Difatti Gesù crocifisso vince la morte e risuscita, comunicando la sua vittoria a tutti gli uomini che crederanno in lui.

Gli apostoli non comprendono questo e Pietro, che parla sempre a nome di tutti, prende Gesù in disparte e si mette a rimproverarlo. Gesù mentre rimprovera Pietro guarda gli altri discepoli, perché evidentemente condividono il suo stesso modo di pensare. Gesù gli dice: Vadietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini. Gesù vuole dirgli: Tu devi stare al posto tuo di discepolo, che è quello di seguire il maestro. Tu invece ti vuoi fare mio maestro e agendo così sei diventato strumento di satana. Con il tuo rimprovero mi vuoi impedire di andare incontro alla croce, di fare la volontà di Dio. Il demonio cerca sempre di distoglierci dalla volontà di Dio. Tutte le volte che noi vogliamo fare i maestri di Gesù, rimproverandogli che ha sbagliato, che non doveva permettere questo o quest’altra cosa, senza accorgercene siamo strumenti del maligno contro noi stessi e contro quelli che ci ascoltano, in quanto contestiamo la volontà di Dio che è sempre per la nostra salvezza.

A questo punto Gesù chiama la folla insieme agli altri discepoli e dice chiaramente qual è la condizione fondamentale per essere suoi discepoli: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Gesù ci dice che se vogliamo essere suoi discepoli dobbiamo seguirlo sulla via della croce, cioè dell’amore perfetto. Gesù sapeva bene che andando a Gerusalemme avrebbe sofferto. Se avesse pensato a se stesso, non sarebbe andato a Gerusalemme. Gesù invece ha pensato a noi, e quindi ha preso la ferma decisione di recarsi a Gerusalemme incontro alla croce, per procurarci la salvezza. Quando Gesù ci chiede di seguirlo sulla via della croce, non ci chiede di ricercare la sofferenza, ma di accettarla tutte le volte che lo esige l’amore. Quello che è prezioso nella sofferenza di Gesù non è la sofferenza in se stessa, che è cattiva, ma l’amore con cui l’ha vissuta. La sofferenza ha reso prezioso l’amore di Gesù per noi. Seguire Gesù sulla via della croce significa seguirlo sulla via dell’amore perfetto, che è tale perché costa sacrificio. Nelle relazioni umane, nelle circostanze della vita, tutte le volte che l’amore a Dio e al prossimo ci interpella ma costa sacrificio, se siamo discepoli di Gesù, non dobbiamo tirarci indietro. Questo vuole dire Gesù quando ci dice di seguirlo sulla via della croce.

Gesù non ci impone di seguirlo, ma d’altra parte ci dice che è necessario seguirlo, perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Chi rinuncia a seguire Gesù sulla via della croce, perderà la propria vita. Chi invece segue Gesù sulla via della croce, la troverà. Questo si comprende perché la nostra vita sulla terra è solo la preparazione alla vera vita, quella che ci attende dopo la morte e non avrà mai fine. Chi rinuncia ad amare come Gesù, rinuncia alla vera vita.

Gesù non si limita a dirci di seguirlo sulla via della croce, ma ci comunica lo Spirito Santo nei sacramenti. Lo Spirito Santo diffonde nei nostri cuori l’amore di Dio. Gesù nei sacramenti ci fa una trasfusione del suo amore, perché trasformati impariamo ad amare come lui.

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8 settembre 2024 – XXIII domenica del tempo ordinario B

Liturgia della Parola: 1Lettura: Is 35,4-7a — Salmo responsoriale: Sal 145 – 2Lettura: Gc 2,1-5 — Vangelo: Mc 7,31-37. 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.

Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.

E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Parola del Signore.

Omelia

Dal racconto di questo miracolo comprendiamo che Gesù è venuto a rinnovare la creazione di Dio. Dio ha creato tutte le cose buone. Nel canto iniziale abbiamo cantato che Dio è sorgente di ogni bontà, quindi tutto quello che fa è buono. Nel racconto della creazione del primo capitolo della Genesi sentiamo il ritornello: Dio vive che quanto aveva fatto era cosa buona. La creazione di Dio al momento attuale non è più come è uscita dalle sue mani. È rimasta fondamentalmente buona, ma contiene in se tanti guasti derivanti dal peccato. Parliamo della creazione in genere e soprattutto dell’uomo, che è al vertice della creazione, in quanto creato ad immagine e somiglianza di Dio. A causa del peccato, l’uomo si è distaccato da Dio e ha perso l’orientamento della vita. Senza Dio l’uomo conduce la vita tirando a campare, non sa né da dove viene né dove va. Dio è colui che dà orientamento alla nostra vita. Questo guasto fondamentale ha poi come conseguenze le malattie e la morte.

Abbiamo ascoltato che nel momento di compiere il miracolo del sordomuto, Gesù alzò gli occhi al cielo ed emise un sospiro. Gesù alza gli occhi al cielo, rivolgendosi al Padre, che lo ha mandato, e poi emette un sospiro, che esprime compassione e sdegno nello stesso tempo. Gesù si comporta così anche in altre occasioni. Quando gli si presenta il lebbroso che gli dice: Se vuoi puoi, purificarmi. Quando i farisei gli chiedono un segno dal cielo. Quando vede piangere Marta per la morte del fratello Lazzaro. Gesù prova compassione e sdegno. Gli evangelisti a volte parlano di sospiro di Gesù, altre volte di commozione e a anche di turbamento. È sempre lo stesso atteggiamento di compassione per le sofferenze umane e di sdegno per il demonio che con il peccato ha deturpato la creazione di Dio.

Vediamo che Gesù compie il miracolo compiendo dei gesti e dando un comando. Gli pose le dita nelle orecchie, gli toccò la lingua e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». I gesti e la parola di Gesù sono efficaci. Immediatamente il sordo muto riacquista l’udito e parla correttamente. All’inizio Dio comandò e tutto fu creato, ora per bocca del Figlio comanda e tutto si rinnova.

Questo miracolo è un’immagine dei futuri sacramenti in cui Gesù continua ad operare nella sua chiesa. I sacramenti sono composti di gesti e parole. Il protagonista dei sacramenti non è il ministro, ma il Signore Gesù. Immaginate che io scrivo qualcosa con una penna. Chi è che scrive? Sono io che scrivo, ma per mezzo della penna. Chi è che agisce nei sacramenti? Gesù Cristo, servendosi del ministro. Il sacerdote è ministro nel senso che è servo, strumento di Gesù Cristo. Per questo il ministro deve stare al suo posto e non sovraesporsi nella celebrazione dei sacramenti, guardandosi bene dal togliere la scena a Gesù Cristo.

Nei sacramenti Gesù ci comunica la salvezza che ci ha guadagnato con la sua morte e risurrezione. La salvezza consiste nella liberazione dalla schiavitù del demonio, del peccato e della morte e nella comunione di vita con Dio. Gesù ci dà la possibilità di comunicare con Dio. Il peccato ha guastato la comunicazione con Dio rendendoci sordo muti, incapaci di ascoltare la parola di Dio e di rispondere a Dio con l’obbedienza della fede. Nel sacramento del battesimo c’è un rito che viene chiamato dell’Effatà. Il sacerdote tocca le orecchie e la bocca del bambino appena battezzato dicendo: Il Signore Gesù che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola e di professare la tua fede a lode di Dio Padre.

Questa comunicazione con Dio che ci è stata data non è mai al 100%, sia per quanto riguarda l’ascolto e sia per quanto riguarda la risposta obbediente. Nel senso che non riusciamo ad ascoltare mai perfettamente Dio che ci parla e poi ad obbedirgli in modo altrettanto perfetto. Dobbiamo custodire questo dono di comunicare con Dio, mantenendoci in comunione di vita con lui. Se ricadiamo nel peccato, e rimaniamo a lungo nel peccato, di nuovo la comunicazione con Dio si guasta. Vi porto un esempio per mostrarvi in che modo la comunicazione con Dio si guasta. Vengono da me tante coppie giovani che chiedono il battesimo per i loro figli. Io rispondo che chiedendo il battesimo per i loro figli si impegnano ad educarli nella fede, altrimenti il battesimo rimane come un seme gettato nel terreno e dimenticato. Gli spiego nell’incontro che facciamo prima del battesimo che l’educazione nella fede richiede l’esempio di una vita di fede. Ci vogliono anche le parole, ma innanzitutto l’esempio. Che cosa devono fare concretamente? Bisogna pregare e poi partecipare alla messa domenicale. Se si trascurano queste due cose, la vita cristiana si dissolve. Quando dico loro queste cose, danno a vedere di aver compreso e di volersi impegnare. Poi però, nei mesi a venire spariscono. Non posso dire se pregano o meno a casa, probabilmente lo faranno. Ma non li vedo mai a messa. Che cosa è avvenuto? Non hanno prestato ascolto a Dio che parlava per bocca mia. Infatti non ho detto loro che dovevano impegnarsi a pulirmi la casa e poi a portarmi la macchina dal meccanico. Ho detto che dovevano impegnarsi a partecipare la domenica a messa. È evidente che questa è parola di Dio, fa parte dei dieci comandamenti. Invece questa parola che hanno ascoltata è stata come il seme caduto sulla strada, che gli uccelli subito hanno divorato. Gesù dice che gli uccelli sono il demonio che ruba la parola dai loro cuori. In loro dunque manca la comunicazione con Dio, non riescono ad ascoltarlo e quindi ad obbedirgli. Bisogna prenderne atto e pregare per loro. Ci sono poi, poche coppie, che invece dimostrano di accogliere la parola del sacerdote come è veramente, parola di Dio che opera nella loro vita. Quindi si impegnano a vivere una vita cristiana per aiutare i loro bambini a crescere nella fede.

Gesù comanda di non parlare a nessuno del miracolo, perché teme che la gente possa fraintendere la sua missione. Gesù non è venuto prima di tutto a compiere i miracoli di guarigione, anche se li compie, ma per liberarci dalla schiavitù del demonio, del peccato e della morte. Gesù vuole mantenere il riserbo sui miracoli anche per evitare che la gente possa impedirgli di andare incontro alla croce. Ma la rivelazione di Dio non può essere fermata. È come una valanga che travolge tutto: Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!». La gente riconosce nel miracolo compiuto da Gesù la realizzazione di quello che il profeta Isaia dice nella prima lettura e quindi che Gesù viene a rinnovare la creazione di Dio. Come Dio all’inizio ha fatto bene ogni cosa, così Gesù rinnova bene ogni cosa.

Questo rinnovamento che incomincia per noi con il battesimo, si sviluppa man mano che ascoltiamo sempre più e meglio la parola di Dio e la mettiamo in pratica. Questo rinnovamento comporta per noi un cuore nuovo, ormai libero dal peccato, e che pensa e valuta le cose secondo Dio.

Nella seconda lettura l’apostolo Giacomo ci dà un esempio del cambio di mentalità che deve avvenire in noi. In un’assemblea di cristiani entra una persona ricca, vestita bene, e viene accolta con onore, entra un povero con un vestito logoro e viene disprezzato. Facendo così i cristiani si comportano secondo la mentalità del mondo, invece devono comportarsi secondo la mentalità di Dio, il quale non fa preferenza di persone e mostra sollecitudine soprattutto verso i poveri, che sono tali agli occhi del mondo ma ricchi ai suoi occhi, perché disponibili a credere in lui. Gesù ha detto: Beati i poveri in spirito perchè di essi è il regno dei cieli.

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18 agosto 2024 – XX domenica tempo ordinario B

Liturgia della Parola: 1Lettura: Prv 9,1-6 — Salmo responsoriale: Sal 33 – 2Lettura: Ef 5,15-20 — Vangelo: Gv 6,51-58. 

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».

Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio delluomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nellultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Parola del Signore.

Omelia

C’è una parola che ricorre in tutte e quattro i brani della parola di Dio di oggi, in forme diverse. È la parola vita. Nella prima lettura ascoltiamo: Abbandonate l’inesperienza e vivrete; nel Salmo: Chi è l’uomo che desidera la vita…?; nella seconda lettura: Fate attenzione al vostro modo di vivere; infine nel vangelo Gesù ripetutamente parla di vita: vivrà in eterno…ha la vita eterna…vivrà in eterno.

Nella prima lettura la sapienza si presenta come la fonte della vita. Secondo la Bibbia la sapienza è il contenuto della parola di Dio. Che cosa insegna la parola di Dio? La sapienza. Nel salmo la fonte della vita è il timore del Signore. Diverse volte negli scritti biblici, cosiddetti sapienziali, il timore del Signore è definito principio della sapienza. Per timore del Signore si intende tutto l’atteggiamento della fede. Per accostarsi alla parola di Dio bisogna credere che è veramente parola di Dio. E così accostandosi alla parola del Signore con fede, ci si predispone ad apprendere la sapienza. Nel vangelo sentiamo che i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Nel vangelo Gesù si rivela come il pane vivo disceso dal cielo, il pane che dà la vita. Nella prima lettura e nel salmo non si comprendeva bene il significato di vita. Ora lo chiarisce Gesù nel vangelo. Gesù è il pane della vita, in quanto parola di Dio che si è fatta parola umana, e in quanto parola di Dio che si è fatta carne. Gesù si dona a noi in cibo, come parola nelle Scritture, e come carne nell’eucaristia. Nelle domeniche scorse Gesù ha parlato di se stesso come parola di Dio che si è fatta parola umana per parlare a noi, in questa domenica parla di se stesso come parola di Dio che si è fatta carne, è diventata uomo per stare con noi. Nel vangelo di oggi Gesù parla di mangiare la sua carne e bere il suo sangue in modo concreto. Sta parlando dell’eucaristia, dove sotto le specie del pane e del vino, Gesù ci dona se stesso. Dalle parole di Gesù comprendiamo di quale vita si parla: è la vita divina. Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza, e ci ha dato questa vista fisica che viviamo sulla terra, ci chiama a partecipare della sua stessa vita: Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questa vita divina è sorgente in noi di vita eterna per la nostra anima e di risurrezione per il nostro corpo nell’ultimo giorno.

Nella seconda lettura l’apostolo faceva due esortazioni ai cristiani di Efeso, la prima l’abbiamo già ricordata, la seconda dice: E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo. A quale momento della vita ecclesiale sta pensando l’apostolo? Nelle sue parole ce n’è una che nella lingua originale suona così: eucharistountes, tradotta con rendendo grazie. Questa parola ci fa capire che pensa all’eucaristia, alla messa. Nella messa Gesù ci nutre di se stesso come parola e di se stesso come eucaristia. Nutrendoci di Gesù siamo nuovamente ricolmati di Spirito Santo. Certo abbiamo ricevuto lo Spirito Santo nel battesimo e nella cresima. Lo abbiamo ricevuto nella misura della nostra capacità. Seguendo Gesù Cristo, pregando e partecipando alla messa, cresciamo nella nostra capacità di accogliere lo Spirito Santo, e abbiamo così bisogno nuovamente di essere ricolmati di Spirito Santo. Lo Spirito Santo che si accompagna alla parola e all’eucaristia ci trasforma assimilandoci a Gesù e fa crescere in noi la vita divina, la vita eterna. Allora ci diventa possibile mettere in pratica la prima esortazione dell’apostolo: Fate molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi. I giorni sono cattivi perché in essi operano gli uomini cattivi, quelli che si lasciano portare dal cattivo, il demonio. Il pericolo è che ci lasciamo condizionare dagli uomini cattivi, che sono stolti, perché seguono il maligno. Noi invece dobbiamo vivere da saggi, cioè dobbiamo manifestare nei nostri comportamenti Gesù Cristo, di cui ci siamo nutriti, lo Spirito Santo che ci guida, la vita divina che è in noi.

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11 febbraio 2024 – VI domenica del tempo ordinario B

Liturgia della Parola: 1Lettura: Lv 13,1-2.45-46 — Salmo responsoriale: Sal 31 – 2Lettura: 1Cor 10,31-11,1 — Vangelo: Mc 1,40-45. 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».

Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Parola del Signore.

Omelia

Alla luce di quanto diceva la prima lettura, il lebbroso si avvicina a Gesù, trasgredendo l’antica legge. Infatti doveva tenersi a distanza dagli altri, gridando: Impuro, impuro! Doveva informarli, non solo perché era malato di lebbra, ma soprattutto perché era in uno stato di impurità. Quelli che si fossero avvicinati, venivano a trovarsi come lui in uno stato di impurità. E quindi dovevano stare per un certo periodo fuori dalla comunità e lontano dalle celebrazioni del culto. Il lebbroso era in uno stato di impurità permanente, come un cadavere, in quanto la sua malattia era inguaribile e lo conduceva progressivamente alla morte. Il lebbroso dunque avvicinandosi a Gesù trasgredisce quello che comandava la legge di Mosè. Ma anche Gesù, quando lo tocca, trasgredisce la legge di Mosè, perché nessuno doveva avvicinarsi e toccare un lebbroso, in quanto si sarebbe reso impuro. Abbiamo ascoltato quante volte viene ripetuta nella prima lettura la parola impuro in riferimento al lebbroso. Ma che cosa significa essere impuro? Significa essere sgraditi al Signore. Gli israeliti secondo la loro cultura pensavano che si potesse diventare impuri non solo con i peccati, ma anche con alcune malattie che alteravano l’integrità del corpo. Anche perché c’era la forte convinzione  che le malattie erano la conseguenza diretta di un peccato. Il lebbroso perciò dice a Gesù: Se vuoi, puoi purificarmi. Cioè mi puoi liberare dal peccato, mi puoi guarire e mi puoi rendere puro agli occhi di Dio. Gesù trasgredisce il comando perché egli è venuto proprio per i peccatori, per liberarli dal peccato e renderli graditi a Dio. Sappiamo come molti si scandalizzavano perché vedevano Gesù che stava a mensa con i pubblicani e i peccatori. Si credeva che stando con i peccatori, si restava contaminati dal loro peccato. E Gesù risponde: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Io non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori a convertirsi. Infine vediamo che il lebbroso trasgredisce sia il comando che Gesù gli aveva dato di mantenere il silenzio, e sia il comando di recarsi dal sacerdote, come prescriveva la legge di Mosè nel caso in cui si guariva dalla lebbra. Che cosa stanno a significare queste trasgressioni della legge antica e del comando di Gesù? È molto importante capire queste trasgressioni, perché l’evangelista ci presenta il lebbroso come un modello da imitare. Le trasgressioni riguardano tutte e tre la legge antica che Gesù non è venuto ad abolire ma a completare. Nel completamento fatto da Gesù vediamo che conserva i comandamenti della legge antica conformi alla legge naturale, come i dieci comandamenti, invece tralascia i comandamenti legati ai limiti culturali degli israeliti. Uno di questi limiti era che alcune malattie rendessero impuri e che non bisognava avvicinarsi a questi malati perché si restava impuri, cioè sgraditi a Dio. Il lebbroso non viene rimproverato da Gesù perché si è avvicinato a lui, e Gesù, che è il Figlio di Dio, toccandolo e manifestando la sua volontà, lo guarisce. Il lebbroso poi non recandosi dal sacerdote mostra di avere capito che era superfluo ormai recarsi dai sacerdoti, perché con la venuta di Gesù è finito il culto antico. Il lebbroso con il suo comportamento, non sappiamo fino a che punto consapevole, si mostra in sintonia con Gesù. L’unica cosa che ora conta è credere in Gesù ed entrare in contatto con lui.

Abbiamo ascoltato che Gesù compie un gesto: tese la mano, lo toccò, e poi pronuncia delle parole: Lo voglio, sii purificato. In questo comportamento di Gesù abbiamo il prototipo dei sacramenti. I sacramenti sono composti di gesti e parole. Gesù continua ad agire mediante i sacramenti. Quelli che noi chiamiamo sacerdoti sono solo ministri di Gesù Cristo. Gli prestano le mani e la bocca , ma l’attore principale resta sempre lui. Ogni ministro consapevole di ciò deve guardarsi bene dal pericolo di sovraesporsi e di rubare la scena a Gesù Cristo. Mediante i sacramenti Gesù continua la sua opera di purificazione, di liberazione da ciò che ci rende impuri, sgraditi a Dio. Il lebbroso che si comporta con umiltà e con fede, ci mostra come bisogna comportarsi quando ci accostiamo a Gesù che opera nei sacramenti. Non chiede a Gesù la purificazione, ma si rimette alla sua volontà: Se vuoi. Crede che Gesù possa guarirlo: puoi guarirmi. Come il centurione, non avanza pretese con Gesù, e crede nella sua potenza divina. Ecco d’ora in poi gli uomini devono rivolgersi a Gesù con l’atteggiamento di questo lebbroso, e quanti vengono in contatto con lui sono purificati, resi graditi a Dio,  non tanto perché sono liberati dalla lebbra, quanto perché sono liberati dai peccati. Sono i peccati che ci rendono impuri, cioè sgraditi a Dio. Gesù aveva imposto al lebbroso guarito il silenzio. Non era sbagliato parlare del fatto. Infatti oggi nella chiesa sparsa in tutto il mondo si è parlato di questo miracolo di Gesù. Egli stesso ha detto ai suoi: Quello che vi dico in segreto, gridatelo dai tetti. Non era dunque sbagliato parlare del miracolo, ma non era ancora giunto il momento. Tuttavia questo lebbroso guarito non riesce a tacere. Quando si fa l’esperienza della salvezza di Dio non è possibile tacere. Con la proclamazione del fatto, una processione di gente si reca da Gesù: venivano a lui da ogni parte. Il lebbroso diventa missionario di Gesù Cristo. Come il lebbroso anche noi siamo chiamati a proclamare quello che Gesù ha fatto e continua a fare per noi.

Nella seconda lettura sentiamo quello che ci insegna il missionario per eccellenza, l’apostolo Paolo. Innanzitutto dice di fare tutto per la gloria di Dio. E poi descrive la sua esperienza dicendo: io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza. Paolo si comporta come Gesù che non ha cercato il proprio interesse, ma quello di tutti noi. Infatti Gesù sapeva che andando a Gerusalemme sarebbe stato arrestato, condannato e crocifisso. E siccome non pensava al suo interesse ma al nostro, ha preso la ferma decisione di recarsi a Gerusalemme. Infatti dalla sua morte è scaturita la nostra salvezza. Come apostoli di Gesù Cristo, non dobbiamo solo parlare di lui, di quello che ha fatto per noi, liberandoci dalla schiavitù del peccato, ma dobbiamo imitarlo con il nostro comportamento, amando come lui ci ha insegnato.

Chiediamo al Signore che ci doni l’umiltà e la fede del lebbroso nel rapporto con lui, e ci doni la carità di Paolo nel rapporto con gli altri.

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28 gennaio 2024IV domenica del tempo ordinario B

Liturgia della Parola: 1Lettura: Dt 18,15-20 — Salmo responsoriale: Sal 94 – 2Lettura: 1Cor 7,32-35 — Vangelo: Mc 1,21-28. 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». 

La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

Parola del Signore.

Omelia

Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. La gente provava stupore nell’ascoltare Gesù, perché insegnava come uno che ha autorità. Possiamo farci un’idea del modo di insegnare di Gesù leggendo il discorso della montagna riportato da Matteo, lì dove Gesù passa in rassegna alcuni comandamenti della legge antica o per integrarli o per superarli. A proposito del quinto comandamento Gesù dice: Avete inteso che fu detto: Non ucciderai…Ma io vi dico: Chiunque si adira con il proprio fratello sarà sottoposto al giudizio… Gli scribi per dare autorità alle loro affermazioni si richiamavano alle Scritture o ai rabbini più famosi. I profeti introducevano il loro discorso dicendo: Così dice il Signore. Gesù invece afferma: Io vi dico…Questo atteggiamento di Gesù destava stupore, meraviglia. Quando poi vedono che Gesù libera con la sua parola un indemoniato, allora sono presi da timore, perché constatano che egli possiede veramente autorità. Nella Bibbia il timore è il sentimento che invade l’uomo quando assiste ad una manifestazione di Dio. La gente lì presente, frequentando la sinagoga, ha imparato che la caratteristica principale della parola di Dio è l’efficacia. Dio disse: Sia la luce e la luce fu. Dio ha fatto delle promesse ad Abramo che poi si sono progressivamente realizzate nella storia di Israele. Ora vedono questa efficacia nella parola di Gesù e provano timore: Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono! La gente intuisce che in quello che è avvenuto si è manifestata l’efficacia della parola di Dio che dice e realizza. In seguito anche i discepoli di Gesù faranno un’esperienza simile nell’episodio della tempesta sedata. Sono nella barca con Gesù, che si è addormentato a poppa. Scoppia una tempesta di vento che minaccia di far affondare la barca. I discepoli impauriti svegliano Gesù. Si sveglia, minaccia il mare e i venti dicendo: Taci, calmati. E ci fu grande bonaccia. I discepoli sono presi da timore, il timore reverenziale di cui abbiamo parlato, e si dicevano: Chi è dunque costui al quale il vento e il mare obbediscono?

Gesù dunque non solo parla con autorità ma dimostra di avere autorità, perché è la stessa parola di Dio che si è fatta carne. Con la sua parola annuncia la venuta del regno di Dio, chiama gli uomini a seguirlo, libera gli indemoniati, e domenica prossima ascolteremo che guarisce i malati di ogni sorta. Il primo segno che veramente il regno di Dio è in mezzo a noi è la liberazione dal potere del maligno. Se Dio instaura il suo regno tra gli uomini, regredisce il regno del maligno. Gesù è venuto a liberarci dal potere del demonio. Ha realizzato questa liberazione quando ha espiato i nostri peccati sulla croce. Nel battesimo noi siamo stati liberati dal peccato originale e nel sacramento del perdono siamo in continuazione liberati dai peccati che commettiamo di volta in volta.

Finché siamo su questa terra il demonio fa di tutto per imporci di nuovo la sua schiavitù. Il demonio opera in modo straordinario mediante l’ossessione, la vessazione e la possessione, in modo ordinario con la tentazione con cui ci spinge al peccato per distaccarci da Dio. Quando pecchiamo, diamo forza al demonio sulla nostra vita. La tentazione parte dal cuore con i pensieri cattivi, poi genera le parole cattive e infine le azioni cattive. Dobbiamo vigilare sul nostro cuore perché il demonio non vi semini i suoi cattivi suggerimenti. E siccome da soli non siamo capaci di resistergli, dobbiamo chiedere a Gesù che come ha comandato al demonio di tacere e di allontanarsi da quell’uomo, così gli comandi di tacere nei nostri cuori e di allontanarsi da noi. L’antidoto ai cattivi suggerimenti del demonio è la parola di Dio, da leggere, meditare e pregare. Più ci nutriamo della parola di Dio, e mediante la meditazione la trasformiamo in preghiera, più le tentazioni del demonio vanno a vuoto.

Le altre tre letture ci danno consigli sull’atteggiamento d’avere nei riguardi della parola di Dio. La parola di Dio ci giunge sempre per la mediazione umana. Dio ha parlato per bocca di Mosè e poi nella storia d’Israele per bocca dei profeti. Infine ha parlato per mezzo del Figlio Gesù Cristo. Tutta questa parola di Dio è contenuta nelle Scritture e nella Tradizione della chiesa. Dobbiamo accogliere le Scritture e la Tradizione della chiesa non come parola umana ma come è veramente quale parola di Dio che opera la nostra salvezza. L’atteggiamento sbagliato è di chi si pone dinanzi a questa parola con il cuore indurito. Il cuore indurito è come la strada della parabola su cui non appena i semi della parola cadono, subito viene il maligno e li ruba. Il cuore indurito è di chi è diventato insensibile alla parola di Dio. Non la sa più riconoscere Né nella coscienza, Né nelle Scritture, Né sulla bocca degli uomini di buona volontà. Il cuore indurito è conseguenza di una lunga permanenza nel peccato. Ecco perché non bisogna dormire sul peccato, ma ricorrere subito alla confessione. Un atteggiamento meno grave ma sempre pericoloso è di chi si lascia prendere dalle preoccupazioni della terra e non presta alla parola di Dio la dovuta attenzione. Non la trascura del tutto come chi ha il cuore indurito, ma non le presta la dovuta attenzione. L’apostolo parla del marito che si preoccupa di piacere alla moglie e della moglie che si preoccupa di piacere al marito. In questo non c’è nulla di male, ma se questa preoccupazione diventa preponderante, voi capite che c’è qualcosa che non va. Ci tante preoccupazioni legittime, come la famiglia, il lavoro, le vacanze, e via dicendo. Ma se queste cose occupano tutto il nostro tempo a disposizione, allora diventano come le spine della parabola che soffocano il seme della parola e ci distraggono dal Signore.

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21 gennaio 2024

III domenica del tempo ordinario B

Liturgia della Parola: 1Lettura: Gn 3,1-5.10 — Salmo responsoriale: Sal 24 – 2Lettura: 1Cor 7,29-31 — Vangelo: Mc 1,14-20. 

Dal Vangelo secondo Marco

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.

Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

Parola del Signore.

Omelia

Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo.

Nella sua predicazione Gesù annuncia il regno di Dio: il regno di Dio è vicino. Dio regna da sempre e per sempre. Tutto l’universo è nelle sue mani. Nulla sfugge dalla mano di Dio. Ma ora Dio viene ad inaugurare in modo nuovo il suo regno nella storia degli uomini. Questo vuole dire Gesù predicando: il regno di Dio è vicino. Ascoltando la predicazione di Gesù, gli uomini devono prendere atto della regalità di Dio e sottomettersi a lui. Da qui le esortazioni: convertitevi e credete al vangelo. Vangelo significa buona notizia. La buona notizia è appunto che Dio viene ad inaugurare in modo nuovo il suo regno e quelli che l’accolgono sono salvati.

Ma qual è questo modo nuovo con cui Dio viene ad inaugurare il suo regno? Dio viene a regnare per mezzo di Gesù Cristo suo Figlio. È lui il regno di Dio e il vangelo, la buona notizia. Quindi concretamente, l’invito: convertitevi e credete al vangelo, significa convertirsi e credere a Gesù. Gesù non lo dice, per il momento, così esplicitamente come lo sto dicendo io, ma lo fa comprendere da come agisce. Infatti incomincia a chiamare gli uomini a seguirlo.

Nel vangelo abbiamo ascoltato il racconto della chiamata dei primi discepoli: Venite dietro a me. È un modo per dire: diventate miei discepoli. I discepoli infatti andavano dietro al maestro. Quando Gesù rimprovera Pietro dicendogli: Va’ dietro a me, gli vuole dire: Devi stare al tuo posto di discepolo e non devi fare il maestro. I primi chiamati, Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, non era la prima volta che vedevano Gesù. Dal vangelo della domenica scorsa sappiamo che lo avevano conosciuto per la testimonianza di Giovanni il Battista. Erano già suoi discepoli, ma non avevano ancora preso una decisione definitiva. Lo seguivano ma saltuariamente. Infatti quando li chiama, stanno svolgendo il loro lavoro di pescatori. Gesù dunque chiamandoli: Venite dietro a me, li invita a prendere una decisione per lui e a seguirlo stabilmente. I discepoli di un rabbì del tempo facevano vita in comune con lui. Quello che ci colpisce dal racconto è la prontezza con cui hanno seguito Gesù: E subito lasciarono le reti e lo seguirono…Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. Non hanno esitato, non hanno perso tempo, non hanno rimandato a domani, ma subito lasciarono tutto e lo seguirono.

In seguito Gesù si troverà a parlare di quanto sia difficile entrare nel regno di Dio, e Pietro gli dirà: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito. Gesù gli risponderà: In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Con queste parole Gesù fa comprendere che il loro comportamento è quello giusto. Quando Gesù chiama, bisogna comportarsi come questi discepoli. Ma Gesù fa comprendere ancora un’altra cosa, e cioè che il regno di Dio sulla terra non è ancora perfetto, perché i discepoli subiscono persecuzioni. Sarà perfetto solo quando Gesù si manifesterà nella gloria.

Perché Gesù ha chiamato proprio questi pescatori, Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, e non altri uomini? La risposta ce la darà Gesù stesso in seguito, quando dirà: Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Nel Salmo di oggi abbiamo ascoltato il salmista il quale diceva che Dio insegna ai poveri la sua via. Gesù ha chiamato proprio queste persone, perché sono poveri di spirito. Leggendo i salmi sentiamo le voci di tante persone anonime. Tutti costoro di cui ignoriamo il nome affermano di appartenere ai poveri di spirito. Sentiamo in un salmo: Questo povero grida e il Signore lo ascolta…Ero povero ed egli mi ha salvato…Ascoltino i poveri e si rallegrino. La povertà di spirito include diversi atteggiamenti positivi che possiamo riassumere nella disponibilità a Dio. Gesù dunque chiama a seguirlo i poveri di spirito. Gesù chiamerà anche chi non è povero di spirito, come il giovane ricco, ma sappiamo che rifiuterà la sua chiamata. L’evangelista annota che se ne andò triste, perché senza Gesù Cristo non è possibile realizzarsi nella propria vita. Anche qualcuno dei chiamati che all’inizio era disponibile, come Giuda, in seguito si chiuderà a Dio, diventando il traditore di Gesù. Questo ci dice che la povertà di spirito va coltivata costantemente, per non perderla e chiudersi a Dio.

Abbiamo ascoltato che Gesù nel momento di chiamare i discepoli fa loro una promessa, che è anche una missione: Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini. Come Gesù li ha chiamati a seguirlo, così dovranno chiamare altri uomini a seguire Gesù. Gesù li chiama ad essere discepoli e apostoli. Tutti quanti noi siamo chiamati da Gesù per essere discepoli e apostoli. Discepoli perché stiamo con lui e impariamo da lui, impariamo a vivere come lui. Apostoli perché dobbiamo parlare di Gesù, farlo conoscere e condurre altri uomini a lui, perché il regno di Dio si dilati sempre più sulla terra.

Che cosa ci dicono le altre letture di oggi riguardo alla sequela di Gesù?

Nella prima lettura abbiamo ascoltato che il profeta Giona va a predicare agli abitanti di Ninive il castigo di Dio. Gli abitanti di Ninive accolgono la sua parola non come parola di uomo ma, come è veramente, quale parola di Dio, credono e si convertono. Gesù, in seguito, rimprovererà gli uomini della sua generazione perché non si erano convertiti alla sua predicazione, dicendo che nel giorno del giudizio sarebbero stati condannati dagli abitanti di Ninive. Costoro infatti si convertirono alla predicazione di Giona, invece molti non hanno voluto convertirsi alla predicazione di Gesù Cristo, che è più grande di Giona, in quanto è il Figlio di Dio.

Nella seconda lettura l’apostolo si rivolge ai cristiani di Corinto, a quelli che già si sono convertiti e credono nel Signore Gesù, e li esorta a distaccarsi da tutto le cose della vita terrena, passa infatti la figura di questo mondo. Dalla prima e dalla seconda lettura, comprendiamo che c’è una conversione dal peccato, come quella degli abitanti di Ninive, e una conversione distaccandosi anche dalle cose lecite della vita, per attaccarsi completamente a Gesù. Tutto passa, solo la nostra comunione con Gesù Cristo è destinata a durare in eterno.